24 aprile 2015

PAOLA TURCI: SGUARDI CHE ATTRAVERSANO IL CUORE (IO SONO)



21 Aprile 2015 Torino, presso La Stampa
C'è qualcosa di diverso, mi dico subito. Folgorata dallo sguardo di chi anticipa gli occhi a qualsiasi parola, ricambio l'espressione scomoda con un sorriso che alla fine esplode nel contagio dell'arrendevolezza. Il volto, ha qualcosa di diverso. Mi ripeto. Ma gli occhi in quel momento di un colore intenso e indefinito tendente al giallo risucchiano nuovamente il gesto mentale di trovare qualcosa … "Scattiamo una foto dai" ... Ma sì certo, la foto. Come è venuta? Mi chiede. “Benissimo”, rispondo. “Guardiamo di traverso”, aggiungo. Guardando altrove si viene sempre bene… Guardando Altrove, già. Questione di sguardi. Poi la lettura di qualche intervista, a posteriori: Io sono” mostra le cicatrici del volto:  "Sono così. Ho deciso di smettere di nascondermi". Sussulto l’esultanza del cercatore d’oro.  Ecco cosa c'era di diverso. Ecco il turbamento, il punto di domanda, il fremito malcelato da timidezza. Troppa Bellezza, troppa. “Mi emozioni, mi tremano le mani”, lo dico ad alta voce, non mi difendo. Troppa Bellezza, troppa. Qualcosa di completo, di integro, di totale, di animicamente superiore. "Mi piace usare il mio volto come una metafora, sono lo sguardo destro e quello sinistro, sono serena e inquieta". Serena e inquieta, luce e ombra, yin e yang. Ecco cos'era, ecco dov’era. Quel qualcosa, quell’accento su un vocabolo non ancora inventato. Un mandala denso di significanti, quel volto, un altare dove si è appena compiuto un rituale sacro, il matrimonio mistico da cui scaturisce l'Androgino, l'essere integrale completamente realizzato nelle sue qualità maschili e femminili simultaneamente presenti, fusione energetica degli opposti … Il sonno e la follia, la forza e la fragilità, la dolcezza e l'inquietudine, l’acqua e il fuoco e tutti gli elementali miscelati a spirale tra le fenditure della pelle, da destra a sinistra, da sinistra a destra e nel centro esatto dove l’entropia di uno sguardo assoluto fa vacillare. Vacillo. Questione di sguardi, di prospettive, e di veli di Maya che cadono svelando nudità atroci. Troppa Bellezza. Quasi a ricordarlo anche a me chi sono. “Io sono”, spudoratamente libera nell’altrove di ogni sguardo senza maschere in grado di attraversarmi il cuore. Grazie per quello sguardo Paola, ci ho soffiato sopra come i mandala tibetani che vanno distrutti subito dopo averli completati. Lasciandoli svanire, l’impronta di ciò che conta, rimane. L’anima che nessuno osa chiedere. Ecco cosa rimane. Grazie per quello sguardo, Paola.

"Nella vita l'abitudine non fa vedere mai la verità





IO SONO
Tu che parti dall'idea
che mai niente cambierà
come foglie sopra gli alberi
noi due cambiamo già
sei sicuro che io sia
quello che tu sai
nella vita l’abitudine
non fa vedere mai
la verità

sono l’anima che tu non chiedi
l’isola che tu non vedi
e te lo dimostrerò
che io non sono
quello che da sempre credi
solo cieli bianchi e neri
sole tra le nuvole

mentre il tempo vola via
sai qual’è la novità
io non sono solo acqua
sono fuoco tutto qua
se non l’hai capito già
sono il sonno e la follia
la dolcezza e l’inquietudine
ma tu l’hai visto mai
chi sono io

sono l’anima che tu non chiedi
l’isola che tu non vedi
e te lo dimostrerò
che io non sono
quello che da sempre credi
solo cieli bianchi e neri
sole tra le nuvole

la luce e poi l’oscurità
il mare e la profondità
la schiuma che nell’onda sa danzare

sono l’anima che tu non vedi
l’isola che tu non vedi
io, che tu lo voglia o no
amore non sono
quello che da sempre credi
acqua chiara che ti bevi
fate delle favole
no, non lo sono

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