20 marzo 2016

SRI LANKA LA DANZA DEL NAGA E IL SIMBOLO DEL SERPENTE

©Foto CECILIA MARTINO
Dopo nemmeno un’ora dal mio ingresso al Festival dell’Oriente, sento annunciare al microfono “Ed ora, dallo Sri Lanka, la danza del Naga, il dio serpente accompagnato dal ritmo del tamburo”. Niente da fare … il mio viaggio in Sri Lanka continua – ammesso che io sia davvero mai tornata da lì! Ovviamente ho sorriso a tale sincronicità e poi mi sono affrettata a guadagnare una prima fila davanti al palco per scattare qualche foto che poi è diventata una ripresa (a fine articolo trovate il video). Benché si tratti solo di rappresentazioni a fini di uno spettacolo (diverso è assistere alle stesse danze in luoghi e circostanze dove esse assolvono al loro scopo rituale originario), l’ebbrezza delle vibrazioni tuonanti del tamburo e la bellezza della gestualità sacra di tale danza che può essere definita sciamanica a tutti gli effetti, è innegabile! 

La danza del serpente scuote sempre molto l’immaginazione. Figuriamoci poi, se accompagnata dal ritmo di un tamburo, strumento per eccellenza della “caccia all’anima” quel contatto con l’invisibile che richiama le zone più impraticabili della psiche le quali non sono altro che spiriti da risvegliare, accogliere, amare e, appunto … danzare. Il tutto senza pregiudizi, al di là del bene e del male ma piuttosto nella bellezza del ritmo della vita, che è Natura.

I naga (“serpente”, femminile “nagini”) sono un'antica razza di uomini-serpente presente nella religiosità e nella mitologia vedica e induista. Storie di Naga fanno ancora parte della tradizione popolare di molte regioni a predominanza indù (India, Nepal, Bali) e buddhista (Sri Lanka, Sud-Est asiatico). I naga sono particolarmente popolari nel Sud dell'India, dove si crede che donino fertilità ai loro fedeli. Spiriti della natura per eccellenza, abitanti nascosti sul fondo di pozzi, laghi e fiumi profondi da cui la loro affinità con l’elemento acqua, i naga custodiscono anche l'elisir della vita e dell'immortalità.  Stando a una leggenda, quando gli dei stavano distribuendo la vita tra le creature, i naga riuscirono a rubarne una coppa. Gli dei recuperarono la coppa, ma nel farlo versarono parte del contenuto in terra; i naga lo leccarono dal terreno, e così si tagliarono la lingua, che da allora è biforcuta.

Spirito dell’acqua originaria, il naga è lo spirito di tutte le acque, sia di quelle che scorrono sotterranee, sia quelle che scorrono sulla superficie della terra: gli  inferi e gli oceani, l’acqua primordiale e la terra profonda formano una materia prima, una sostanza primordiale che è quella del serpente, l’emanazione dell’indifferenziato primordiale, da cui tutto proviene e a cui tutto torna per rigenerarsi.

Secondo l'approccio psicoanalitico di Gustav Jung, il serpente è “un vertebrato che incarna la psiche inferiore, lo psichismo oscuro, ciò che è raro, incomprensibile, misterioso” e ancora: "il serpente rappresenta la libido che si introverte. Attraverso l'introversione si viene fecondati da Dio, ispirati, ri-procreati e rigenerati" (Carl Gustav Jung, La libido, simboli e trasformazioni).

Rapido come un baleno, il serpente visibile scaturisce sempre da una fessura o spaccatura, per sputare la morte o la vita (che, come tutti gli opposti, coincidono), prima di ritornare nell’invisibile. Gioca con i sessi come con tutti i contrari: è femmina e maschio insieme, gemello di se stesso, al pari dei grandi dèi creatori che sono sempre, nelle loro prime rappresentazioni, serpenti cosmici. La completa comprensione e accettazione del maschile e del femminile all’interno di ogni organismo crea la fusione del due in uno, che quindi produce energia divina. Due in uno. Distinti ma non separati.
Immagine del Buddha in unione erotica con la compagna, emblema del matrimonio mistico, delle nozze alchemiche, della fusione del principio maschile con quello femminile e, in generale, di tutti gli opposti. Il  Samantabhadra è il bodhisattva della Verità nel Buddhismo Mahayana, associato alla pratica della meditazione. Nelle correnti tantriche esoteriche è spesso raffigurato in coppia con la sua consorte Samantabhadri. Il magnete nella foto è uno dei "souvenir" che mi sono portata dal Festival dell'Oriente - stand del Nepal ©Foto CECILIA MARTINO
In arabo il serpente è al hayyah, la vita al-hayat e uno dei principali nomi divini è Al-Hay, il che va a tradursi non tanto come il vivente ma come il vivificante, il principio stesso della vita che è simultaneamente morte: la muta della pelle, rigenerazione attraverso la distruzione e anche trasmutazione del veleno.

Nel tantrismo è la Kundalini, avvolta in 3 spire e mezzo alla base della colonna vertebrale e che, quando risvegliata, sibilando ascende, energia creatrice a carattere sessuale, libido quale manifestazione rinnovata della vita. Dal punto di vista macrocosmico, la Kundalini ha il suo corrispondente nel serpente Ananta che serra  fra le spire la base dell’asse del mondo (Axis mundi, colonna vertebrale) e che, associato a Vishnu e Shiva, rappresenta simbolicamente lo sviluppo e il riassorbimento ciclico. Quel ciclo naturale Vita-Morte-Vita che, incessantemente, sostiene qualsiasi tipo di Creazione.

Il vocabolo sanscrito naga vuol dire sia elefante sia serpente: essi esprimono l’aspetto terrestre, l’aggressività e la forza della manifestazione del grande dio delle tenebre che è universalmente il serpente.

Nel “Libro dei Morti”, testo sacro degli Egizi, il serpente Atun padre dell’Enneade di Eliopoli proclama “Io sono colui che rimane…; il mondo tornerà al caos, all’indifferenziato, io mi trasformerò allora nel serpente che nessun uomo conosce, che nessun dio vede!”…  Quale immagine migliore del primo deus otiosus naturale nella sua trascendenza implacabile.


(Testo liberamente tratto dal Dizionario dei simboli di Jean Chevalier e Alain Gheerbrant).

La saggezza che ci rimanda lo spirito del serpente è dionisiaca, richiama all’anima selvaggia, riconduce direttamente alle origini della vita, emblema di una coscienza tremendamente corporea – al di là di qualsiasi prudenza o morale nervosa – che si esprime, piuttosto, con un ritmo e come uno stile di danza. E, tornando dal punto da cui sono partita, cosa ricorda il movimento del serpente se non una danza interamente compiuta nell’istinto più corporale che ci sia! “L’immaginale non è mai tanto vivido come quando siamo legati istintualmente con esso” (James Hillman, Saggio su Pan)

Non rimane che goderci la danza del Naga, tremando al ritmo del tamburo che ci invita a "rimuovere l’idea che ciò che è luminoso tale invece non sia” (Thonban Hla)



Serpente… avanzi strisciando
C’è il fuoco nei tuoi occhi.
Scuotimi, stimolami,
imparerò a comprendere



Riprese effettuate (con cellulare!) al Festival dell’Oriente di Torino, sabato 19 marzo 2016




Festival dell'Oriente, Torino 19 marzo 2016

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