08 maggio 2017

#VIAGGI: FORMENTERA SECONDO ATTO, LA TEMPESTA

***Tutto è dall'altra parte, in quel che c'è e in quel che penso. Né v'è ramo agitato che il cielo non resti immenso*** (Fernando Pessoa)

Quando io e le mie compagne di viaggio siamo partite, sapevamo che andavamo incontro forse non alla settimana più soleggiata dell’anno a Formentera, tuttavia giorni di sole pieno e continuativo erano previsti. Almeno fino al momento in cui abbiamo messo piede sull'isola! Non si sa mai cosa lo spirito del luogo abbia in serbo per chi si appresta a visitarlo, in ogni caso conviene sempre dialogarci più che cercare di cambiare a tutti i costi il corso delle cose… gli imprevisti sono, in tal senso, i maestri più efficaci.  Sono le mutazioni di percorso, di sentieri prestabiliti nella nostra mente, di quanto speravamo di vedere, fare, godere, le anomalie che s’insinuano in una mappa geografica addestrandoci a trovare soluzioni creative le quali risiedono spesso e volentieri in spazi-tempi non consoni alla mente raziocinante. 



L’unico giorno di sole ci ha regalato istantanee indimenticabili, un colore di pelle che mi stupisco io per prima come sia potuto succedere (vista la percentuale sole/nuvole/pioggia dei giorni a seguire), l’acqua trasparente del mare nel tratto di costa di Es Pujols dove siamo rimaste per goderci fino all'ultimo raggio di sole possibile senza perdere troppo tempo in spostamenti, il pic-nic improvvisato sulla spiaggia, a base di tortillas del supermercato e baguette (mi sono concessa, per l’occasione, un diversivo alla mia alimentazione vegan) e una splendida meditazione al tramonto sulla spiaggia. 



La quiete prima della tempesta…


Foto ©CECILIA MARTINO


La mattina seguente mi alzo presto per la mia solita passeggiata mattutina in riva al mare senza lasciarmi sconfortare dalla pioggia battente che sento arrivare sul balcone della mia camera, con in testa il ritornello di una canzone di Amaia Montero che amo molto e che mi viene in mente ogni volta che mi trovo in un luogo di mare. E' più forte di me ... 


Quiero ser un alma libre, de madrugada ... 
Quiero cantar a la libertad, y caminar cerca del mar ...” 

Sono solo dieci passi a separarmi dall'uscita del mio hostal al lungomare nel punto esatto dove una prima passerella consente di scendere in spiaggia o continuare la passeggiata in una duplice direzione. Quei dieci passi sono stati i più lunghi, faticosi e complessi della giornata e dell’intero viaggio. E dunque, inevitabilmente, i più significativi. 

Foto ©CECILIA MARTINO

Era in corso una vera e propria tempesta di vento, le raffiche mi sballottavano di continuo deviando bruscamente la mia andatura, un passo avanti tre indietro, due passi avanti tre indietro, tre passi avanti tre indietro e così via con in aggiunta la pioggia che continuava a scendere. Il mare non era certo dei più calmi, le onde che s’infrangevano sugli scogli emettevano boati da far rabbrividire, più mi avvicinavo più ne percepivo la potenza, l’irruenza, la forza, l’arroganza, l’intensità, la bellezza… Altro che sole splendente e cielo blu!

Lo spirito del luogo ululava in tutta la sua demoniaca inquietudine e la mia anima selvaggia rispondeva con la voglia di starci dentro con tutte le viscere, a ricevere quel momento con tutto l’amore di cui era capace. Puoi forse domare un cavallo imbizzarrito? Cavalcare una tigre? Addomesticare un uragano? Rendere docile e aggraziato uno tsunami? Raffreddare o spegnere un vulcano in eruzione? Puoi giudicarli belli o brutti, cattivi, nocivi, terrificanti? La Natura ha una sua “giustizia” interna tutt’altro che rassicurante e, proprio per questo, divina


“Amo chi giustifica il futuro 
e assolve il passato, 
in quanto vuol morire 
a causa del presente; 
amo colui che si fa uccidere
dall'ira del suo dio” 
(Così parlò Zarathustra, Nietzsche) 



 

Man mano che riuscivo ad avvicinarmi a quella vertigine di acqua e vento che dall'orizzonte procedeva galoppante fino alla riva dove rocce e scogli ne amplificavano il roboante gemito finale, man mano che quel concerto infernale diventava sempre più vicino al mio respiro e i brividi mi rizzavano i peli sulla pelle ben più che il freddo che a stento percepivo presa dal furore animico di quell'esperienza, man mano che uno dopo l’altro incontravo i miei demoni (paura, sconforto, malinconia) e li nutrivo con il balsamo della mia attenzione mista a compassione, timore reverenziale e commozione, man mano che i miei piedi diventavano testardamente più agili a schivare folate di vento e di sabbia per poter arrivare al punto estremo della passerella dove mi sarei trovata a tu per tu con l’acqua del mare in burrasca… man mano che tutto questo succedeva e mi ricordavo di acclamare il momento con il mantra della meraviglia che mai mi tradisce (“emaho!”) e mi fa sentire sempre tra le braccia sicure di una Madre amorevole, ecco… man mano che mi predisponevo ad essere divorata dal terrore di trovarmi a tu per tu con uno dei miei incubi notturni ricorrenti e con tutte le immagini ad esso collegate … mi stavo accoppiando con la forza distruttrice che genera e rigenera, con l’energia di Pan, Poseidone, Eolo tutti insieme in una danza vorticosa di disperazione e gioia che nulla può lasciare uguale a prima. E che tutto concilia, clamorosamente. Non c'è un perché, succede e basta, se si ha il coraggio di morire. La vera morte è non trasformarsi mai.





Ho guardato da vicino il mio più grande incubo perché mi è venuto a chiamare con tutta la ferocia di cui è stato capace, ho accolto il richiamo piuttosto di lasciarmi mortificare dal fatto che anche per quella giornata non ci fosse il sole, ho respirato tutta la rabbia che da quelle onde imbizzarrite sprigionava quando gli ultimi schizzi sembravano schiaffeggiarmi il viso costringendomi a chiudere gli occhi e, come ultimo gesto liberatore, ho urlato con tutta la voce disponibile il mio SIIIIIIIIIIIIIIII eccomi, sono qui, ti amo, grazie. Per poi, stremata, tornare sui miei passi, giusto il tempo di notare come le palme sul lungomare fossero piegate in due dal vento e strapparmi, così, un ulteriore, confidenziale sorriso; la loro arrendevolezza pareva voler intonare insieme a me quel sussurro al Surrender:  “mi piego ma non mi spezzo, e non mi spezzo perché fluisco, mi dò senza opporre resistenze, e non oppongo resistenze perché non controllo la vita, la danzo”.


***L'equilibrio tranquillizza, ma la pazzia è molto più interessante*** (Bertrand Russell)

Quel che resta dopo una tempesta (metaforica e letterale, che poi è la stessa cosa!) è difficile da dire a parole: è la poesia di ciò che permane o di ciò che non c’è più. È una sorta di varco che si apre e da cui i doni della vita diventano più visibili, anche se ci sono sempre stati! Per questo vale la pena entrarci dentro alle tempeste anziché schivarle. Se accadono, non è mai per caso.

Da quel momento in poi, è come se l’anima dell’isola si fosse resa man mano sempre più “visibile”, tangibile, prodiga di messaggi e messaggeri, di piccole grandi meraviglie quotidiane. Come la lucertola - o geco (che è il simbolo di Formentera) dai colori più belli che io abbia mai visto, azzurra con sfumature verde smeraldo, i lombrichi a pois bianchi e neri o la scritta sullo specchio del bagno di uno dei Caffè dove sostavamo nell'attesa di decidere il programma, o meglio, l'avventura, della giornata.



Secondo alcune leggende il geco – o lucertola – rappresenta la forza e la tenacia dell’uomo, il quale, per carattere, è in grado di mutare affrontando le difficoltà del mondo esterno così come il rettile.
Foto ©CECILIA MARTINO

In moltissime leggende il verme appare come il simbolo della transizione, dalla terra alla luce, dalla morte alla vita, dallo stato larvale all'innalzamento spirituale. Per Sir William Blake, il lombrico, la forma più umile della materia, in ossequio al principio “come in alto, così in basso”, era un’incarnazione del divino e l’aspetto più nobile del cielo.
Foto ©CECILIA MARTINO
Una scritta alla prima incomprensibile, tant'è che sono andata dal ragazzo del bar a chiedere spiegazioni. La traduzione dal gergo locale isolano in spagnolo è già molto più comprensibile e in italiano suona più o meno così: “domani non è ancora arrivato, ieri è passato, vivi qui e ora”. 

STAY TUNED! IL RACCONTO DEL VIAGGIO CONTINUA ... 

***Ahir ja ha passat, demà no ha arribat, aíxí que viu avui !!*

Quiero ser una palabra serena y clara
Quiero ser un alma libre, de madrugada
Quiero ser una emigrante de tu boca delirante,
De deseos que una noche convertiste en mi dolor.
Quiero creer, quiero saber, que dormiré a la verita tuya
Quiero esconderme del miedo y mirar de una vez
Los ojos que tiene la luna.
Quiero cantar a la libertad,
Y caminar cerca del mar,
Amarradita siempre a tu cintura,
Que esta locura de amarte no puede acabar
Por mucho que te entren las dudas
De sí, eres tú el que me hace tan feliz.
Quiero ser la que te jure amor eterno.
Quiero ser una parada en la estación que lleva tu nombre.
Quiero ser el verbo puedo,
Quiero andarme sin rodeos,
Confesarte que una tarde empecé a morir por ti




"Voglio che arrivi a capire esattamente 
la cosa speciale che è, 
altrimenti non si accorgerà del fatto 
di cominciare a perderla. 
Voglio che rimanga sveglio e ... veda ... 
ogni tumultuosa possibilità. 
Voglio che sappia che vale la pena 
passare qualunque guaio 
pur di vedere come va il mondo 
quando se ne ha la possibilità. 
E voglio che conosca 
la sottile, sfuggente, importante ragione 
per cui è venuto al mondo 
come essere umano e non come sedia"
(Herb Gardner, A Thousand Clowns)

www.ceciliamartino.it


Formentera, 27 Aprile 2017
Se ti sei perso il primo atto del racconto 
leggilo qui:
 FORMENTERA LAVORI IN CORSO



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