Si può insegnare senza dire una parola gesticolando poesie nelle insenature del vento tra i capelli del mondo visto dalle traiettorie improvvisate di un cercatore di storie.
Storie non belle, non brutte, ma vere.
Non c'è incantesimo più potente della verità.
La storia di questi ultimi mesi non è né bella né brutta, originale sì forse, come direbbe Italo Svevo. Ma è la più vera che io possa raccontare.
È la storia - che si tramanda da più e più racconti di ogni epoca e per ogni età - di quel salto nel vuoto che la mitologia evoca come "viaggio dell'eroe" ma non ci sono eroi più saggi o meno saggi, siamo tutti eroi nelle nostre battaglie quotidiane, il compassionevole viaggio straordinario delle persone comuni...
Il punto è che la chiamata all'umanità fa forse più paura della tanto vociferata chiamata al divino, come se questo "divino" potesse ammettersi distorto dall'incarnazione che ne ha reso possibile anche solo l'idea e se oggi c'è qualcosa che mi muove ancora e ancora e ancora è soltanto nella spinta alla suprema unicità di questo soffio vitale che ha poco a che vedere con la vita incasellata nelle dinamiche della paura, dell'automatismo, del linguaggio inaridito - quello che dice ma non dà, del timore non reverenziale ma sbrigativo ... e allora sì, eccolo che il coraggio dell'eroe può essere evocato, ma solo per questo inaudito e intimamente umile grido che si intona alla vita vera, quella fatta di espansione non di tempo da inanellare nel circolo vizioso di passato e di futuro, equivocando santi e rivoluzionari, religioni e nuove spiritualità.
La vita, la vita prima di tutto.
La vita di un solo istante di vita senza doversi guadagnare nulla, senza doversi aspettare nulla, colmi di un sovrappiù di esistenza che non mercanteggia con nulla di quanto possiamo calcolare.
Perché si usa dire lavorare per guadagnarsi da vivere, se la vita è un dono, se la vita è gratis, se la vita è vita nonostante tutto quello che possiamo inventarci per arrestare il suo corso, deviandolo, accelerando, accorciandolo, interferendo invece di accompagnare il processo.
C'è qualcosa che ci dà gioia fare? Facciamolo e basta, non c'è lavoro e dono più grande di questo. Verrà spontaneo condividerlo.
Mi sono arresa all'evidenza che arriva un momento inevitabile e irreversibile per scegliere di percorrere la propria strada fino in fondo.
Mi sono arresa all'evidenza che per me era arrivato.
Senza se e senza ma, o anche con tutti i se e i ma del mondo ma ...inevitabile!
Niente di più grandioso che darsi all'inevitabile, lasciare che si compia un destino e che si annullino distanze inesistenti tra noi e un sogno. Un sogno senza nome, piuttosto un'apertura a tutti i sogni possibili.
Arrendiamoci all'evidenza di essere destinati ad essere.
Nient'altro che questo.
E se magari tutto questo fluire di parole vi arriva leggermente oscuro,
non c'è niente da capire, tendete semplicemente l'orecchio ad ascoltare il canto.
Insegna sorridendo
crea nella gioia
l’orecchio teso ad ascoltare il canto
(Foglie del Giardino di Morya)
Porto Recanati Equinozio Autunno 22 settembre 2020 |
Poesia è un grido, ma un grido trasfigurato | Anch'io morirò di canto
Cosa rimane della vita? Ciò che resta è la lingua della poesia
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