“Gli artisti devono essere repellenti” … non te le manda a dire le cose né tantomeno fa giri di parole l'eccentrico Marco Solari, il nume tutelare della Scarzuola di Monteggabione, uno dei luoghi più singolari che io abbia mai visto. Ed è la seconda volta che torno in questo luogo (la prima, l’avevo accennata qui) perché – molto d’accordo con Josè Saramago:
“bisogna vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini ...”
Bene, quello che ho ri-visto è stato l’ennesimo punteruolo sul telo candido della trasformazione, il ghigno della coscienza che, quando approva il tuo cammino, te lo fa capire in tutti i modi, in tutti i mondi e con tutti i suoi contrari possibili e immaginabili. Lo scompiglio che precede un nuovo ordine superiore. Ci sono tre strade possibili da percorrere, tre porte da varcare: Gloria Mundi è quella dove siamo schiantati tutti indistintamente appena nasciamo, è il regno delle sovrastrutture sociali, degli schemi acquisiti durante le varie formazioni culturali (familiari, scolastiche, religiose etc.), del nostro essere socialmente al mondo, delle preoccupazioni materiali, esteriori, dell’affanno e del lavoro che stressa. Gloria Dei è la seconda chance ma è una sorta di speculum della prima, è la strada di chi si affida ciecamente alle “cose spirituali”, il regno dove trionfa l’ascesi, l’abbandono dell’afflato mondano ma con il rischio di un altro tipo di conformismo, ancora più pericoloso del primo, se possibile: quello religioso. La terza strada, come è facile intuire, va oltre qualsivoglia definizione, supera qualsiasi dualismo, reintegra l’essere umano nella sua fondamentale Unità e lo catapulta direttamente nel regno delle infinite possibilità di essere. Ma essere cosa? Il nome della strada ci viene incontro: Mater Amoris.
La Madre Terra vive nell’Uno. La Madre Terra non ha una testa ma solo un cuore magmatico, non le serve il cervello con il suo emisfero maschile e femminile che divide et impera, ma ha tutto in potenza nel suo ventre, nei suoi seni prosperosi, nei suoi fluidi portatori di vita e di morte. Il suo sesso – a seconda delle epoche, di volta in volta demonizzato, mistificato, castrato, ignorato, sublimato – è l’origine del mondo. Inutile girarci intorno: da quel buco siamo usciti tutti, indiscriminatamente. Per nascere. La grande Madre è creazione, distruzione, movimento, eternità. Amore incondizionato per qualsiasi cosa. E ritorna il mantra del mio precedente post: Tutto è natura se esiste nel creato.
Amor Vincit Omnia.
Se noi percorriamo questa strada, torniamo “pericolosamente” all’Origine, torniamo ad essere individui autentici in grado di vivere seguendo folgoranti ispirazioni piuttosto che meccanici condizionamenti eterodiretti. Quando scompaiono le dualità si entra in una dimensione inglobante in cui ogni abbinamento ha diritto di esistenza, come in un calderone onirico ben scecherato o ancora un labirinto senza (apparente) via d’uscita in cui incontrare contemporaneamente Tutto, mostri compresi. “I mostri sono la prima cosa con cui hai a che fare in un giardino rinascimentale” – ci ragguaglia il folletto-guida Solari durante la visita. Sono le forze sotterranee che dimorano dentro ognuno di noi e che bisogna conoscere per tenere a bada o, meglio ancora, per trasmutare in energie benefiche. Il giardino rinascimentale a cui ci riferiamo è, naturalmente, La Scarzuola e la porta che vi si spalanca durante la visita, e che dunque “pericolosamente” percorrerete, è proprio la terza, Mater Amoris. Vi pare poco? A fare da contorno a questo ingresso preferenziale nell’utero materno dove ricostruire da capo la propria identità del Sé, è un posto sovraccarico di silenzio, di simboli e segreti, riferimenti e citazioni, lo stesso posto che San Francesco scelse per costruirsi la sua capanna di scarza, pianta palustre del luogo, da cui il nome successivo di Scarzuola.
Se noi percorriamo questa strada, torniamo “pericolosamente” all’Origine, torniamo ad essere individui autentici in grado di vivere seguendo folgoranti ispirazioni piuttosto che meccanici condizionamenti eterodiretti. Quando scompaiono le dualità si entra in una dimensione inglobante in cui ogni abbinamento ha diritto di esistenza, come in un calderone onirico ben scecherato o ancora un labirinto senza (apparente) via d’uscita in cui incontrare contemporaneamente Tutto, mostri compresi. “I mostri sono la prima cosa con cui hai a che fare in un giardino rinascimentale” – ci ragguaglia il folletto-guida Solari durante la visita. Sono le forze sotterranee che dimorano dentro ognuno di noi e che bisogna conoscere per tenere a bada o, meglio ancora, per trasmutare in energie benefiche. Il giardino rinascimentale a cui ci riferiamo è, naturalmente, La Scarzuola e la porta che vi si spalanca durante la visita, e che dunque “pericolosamente” percorrerete, è proprio la terza, Mater Amoris. Vi pare poco? A fare da contorno a questo ingresso preferenziale nell’utero materno dove ricostruire da capo la propria identità del Sé, è un posto sovraccarico di silenzio, di simboli e segreti, riferimenti e citazioni, lo stesso posto che San Francesco scelse per costruirsi la sua capanna di scarza, pianta palustre del luogo, da cui il nome successivo di Scarzuola.
Io, da un po’ di anni ormai a questa parte, la mia scelta l’ho fatta. Ragion per cui, non mi sono lasciata sopraffare dall’occasione di un trasferimento di città, di un cambio imprevisto di vita, di abitudini, di tutto. Si può vivere costruendo e distruggendo continuamente, invece che erigendo gabbie dove sentirsi “arrivati” una volta per tutti. Questa, a ben vedere, è stata la visione più geniale di Tomaso Buzzi, l’architetto da cui prende forma questa follia cementificata che è la Scarzuola e che, nel suo progetto originario prima che la Sovrintendenza mettesse i suoi paletti, doveva infatti venire periodicamente distrutta per poi poter essere riedificata con aggiunte sempre nuove. Non finire mai niente nella vita, così ogni giorno puoi agganciarci qualcosa di nuovo. La fantasia arriva. Nella staticità, invece, non si crea un bel niente. E’ questa la “repellenza” da cui sono partita per raccontare il mio viaggio-esperienza di qualche giorno fa in Umbria. Essere talmente sgombri da preconfezionamenti da risultare scomodi e pericolosi perché atemporali, carichi di sensi contrapposti eppur leggeri come sogni piumati, nella libertà unificatrice del Cerchio, la figura simbolica dell’Unità senza gerarchie o separazioni con cui termina il complesso itinerario buzziano di cui ho voluto dare solo qualche accenno, seguendo il mio flusso di coscienza, o forse incoscienza. I sogni sono interpretazioni dell’anima individuale di chi li fa. La Scarzuola è un sogno ad occhi aperti cementificato in architetture visionarie in cui ciascuno può trovare le sue risposte, o domande, o anche niente. Il bello sta proprio qui.
“La notte è silenziosa e nel suo silenzio si nascondono i sogni” (Kahlil Gibran)
Letture consigliate
"All'inizio era la Dea" di Cinzia Galletto: potete leggerlo qui
"La danzatrice del cielo - La vita segreta e i canti di Yeshe Tsogyel" di Keith Dowman
"Essenza dei Tantra" di Abhinavagupta
"Il risveglio della Dea" di Vicki Noble
Mantra
OM TARE TUTTARE TURE SOHA
Mantra di Tara: la Compassionevole, la Grande Madre, l'Energia Femminile, la Shakti Manifesta, l'aspetto Femminile del Divino, la Madre Terra che tutto sostiene e nutre.
Le foto di questo post sono state da me scattate a La Scarzuola
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