26 febbraio 2023

Non comportiamoci male nel cosmo | La legge del sospiro e Wislawa Szymborska


E quando canti sento l'inconsistenza amica, la sorpresa del mondo come una perla antica. 
E quando canti chiedo Ma chi le ha dato il cuore, la legge del sospiro per scrivere parole?


Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi (Marcel Proust). Lo sguardo sul mondo, l’angolo di visuale, Vidya o Avidya (in lingua sanscrita, rispettivamente la giusta visione conoscitiva o l'errata visione che genera ignoranza): la soluzione non sono le cose ma come guardiamo le cose.
La Poesia è l’arte per eccellenza di tale cambio di prospettiva, un vedere che apre e non chiude, una vista interna tanto simile alla meditazione nell’atteggiamento introvertito di chi chiude gli occhi e si mette ad … ascoltare. 

Pensateci bene, quando si vuole mimare con il corpo un ascolto sincero, solitamente, come ci si pone? Che postura viene spontaneamente da assumere? 

Occhi chiusi e mani sul cuore. 

In questa chiusura di occhi il petto si spalanca a sentire, senza paura di ciò che sente perché già l’apertura di per sé è il dono


Torniamo al punto cruciale dell’ascolto poetico, intuitivo cioè non artefatto, puro nella sua essenza che ci riporta a quel nucleo divino e intimo che ci anima e ci predispone ad avere “nuovi occhi”.
Gli occhi e lo sguardo sono una metafora estremamente utilizzata in tutte le scritture rivelate cariche di spiritualità autentica e universale: l’occhio non tanto della vista ma della visione. Prendiamo atto e confidenza del fatto che vista e visione non indicano la stessa cosa e che la Poesia ci pone in contatto maggiormente con una nuova visione delle cose.

Il poeta – come ha descritto magistralmente Virginia Woolf in Lettere a un giovane poeta – trova 

“la relazione fra le cose che sembrano incompatibili; eppure, hanno una misteriosa affinità”: sguardo meditativo, contemplativo, aperto, ricettivo, non pregiudicante bensì accogliente. Guardare per cogliere “misteriose affinità tra le cose”…

Una delle qualità intimamente connesse a tale sguardo fanciullo ma non ingenuo sul mondo, è lo STUPORE (la quarta esse del Mandala delle 5 esse): la capacità di stupirsi, la meraviglia, lasciarsi sorprendere dalle piccole-grandi cose che in virtù del nostro grado di presenza e attenzione, si rivelano come per la prima volta.  La vita comincia ogni giorno


“Ieri mi sono comportata male nel cosmo. Ho passato tutto il giorno senza fare domande, senza stupirmi di niente. [...] Il savoir-vivre cosmico, benché taccia sul nostro conto, tuttavia esige qualcosa da noi: un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal e una partecipazione stupita a questo gioco con regole ignote. (Wislawa Szymborska).


Il Poeta trae nutrimento dal suo stesso osservare il mondo con tale propensione, attitudine simile all’estatico mistico che percepisce il trascendente nel mondo delle cose visibili. La visione poetica è intrisa di relazioni con la natura, il cosmo, l’universo circostante che diventano tesori preziosi di relazioni invisibili, di intimità nascoste, di “energie sottili” per dirla con lo yoga. Tale attitudine (savoir-vivre cosmico), sorge spontanea quando si interrompe la forza dell’abitudine che solitamente ci muove nello stato di coscienza ordinaria. 

Se si passa da una meccanicità a una organicità, se si riattiva la Presenza vibrante in noi, di conseguenza anche tutto ciò che vediamo e percepiamo ci “parlerà diversamente”. Tornare ad osservare, essere di più nella vita sentita e meno in quella pensata.
Ri-abilitare lo sguardo primitivo,  lo Sguardo del Principiante, ci sensibilizza a ascoltare il silenzio.  



“Perché lui aveva tutto quello che serve a uno scribacchino per salvarsi: lo sguardo primitivo che agguanta fulmineo dall'alto il suo nutrimento; la naturalezza creativa, che si rinnova ogni mattino, con cui guardare incessantemente alle cose come se fosse la prima volta e che restituisce la verginità ai secolari elementi quotidiani - vento, mare, fuoco, donna, pane; la sicurezza della mano, la freschezza del cuore, l'ardire virile di beffarsi della propria anima, come se avesse dentro di sé una forza superiore dell'anima stessa; e infine la risata limpida e selvaggia che scaturiva da una sorgente profonda, più profonda delle viscere dell'uomo, e che nei momenti cruciali esplodeva liberatoria dal vecchio petto di Zorba; esplodeva ed era capace di demolire, e demoliva tutte le barriere - morale, religione, patria - che le persone sventurate e impaurite erigevano per sfangarsela senza troppi danni nella propria misera vita”.  (Nikos Kazantzakis - Zorba il greco)




Questo scritto trae spunto dal quarto incontro di "Poesia e Meditazione: 5 Dialoghi con l'Infinito" tenutosi presso H'olla - Un mare di benessere a Porto Recanati il 25 febbraio 2023. Altri spunti:

Primo Incontro: Poesia e Meditazione | "Una freschezza al centro del petto"

Secondo Incontro: Poesia e benessere | L'ascolto intuitivo espande i confini

Terzo Incontro: Momenti d'Essere | Le aperture poetiche di Virginia Woolf 



E quando canti sento
L'inconsistenza amica
La sorpresa del mondo
Come una perla antica
E quando canti chiedo
Ma chi le ha dato il cuore
La legge del sospiro
Per scrivere parole?
E quando canti il mondo
Mi svela il suo motivo
Casuale ed inspiegabile
Magia d'essere vivo
E quando canti, canti
E sfilano i sorrisi
Fra i denti di Wislawa bella
Ad occhi semichiusi
E quando canti vedo
Le strade di Cracovia
L'innamorato amato
Come veleggiando l'aria
E quando canti aspetto
Che il verso sia finito
E la gioia di vivere
Mi prenda all'infinito
E quando canti imparo
Che siamo nella storia
Come un'anomalia
Costretti alla memoria
E quando canti, canti
Si snuvola la sera
Davanti a quel miracolo
Che siamo e che non c'era
E quando canti, canti
Le maglie del destino
L'assurdità del tempo
Fra le corde di un violino
E quando canti, canti
E il giorno mi si perde
Ha un senso anche il dolore
In questo sterminato verde
E quando canti, canti
E lo diresti amore
E senti come batte forte
Dentro me il tuo cuore

(Roberto Vecchioni)
















12 febbraio 2023

Momenti d'Essere | Le aperture poetiche di Virginia Woolf



Virginia Woolf non ha mai scritto poesie nè promosso il genere poetico per una "elezione stilistica" ben argomentata. Eppure la Poesia non ha potuto fare a meno di lei, e viceversa…

Il terzo raggio del Mandala delle 5 esse che evoca in 5 parole-seme (sinonimo tutte di Apertura) l’essenza della Poesia – e della Poesia come Meditazione – è SENSIBILITA’
La poesia è un invito a tornare a sentire più che a capire: è un processo di risveglio di forze latenti, non una chiusura in un sapere concettuale. 

“Dio, quanto soffro!
Che spaventosa capacità di sentire intensamente, la mia!”


Tornare a sentire. Sentire non cosa, ma come? 

C’è un sentire affettivo, personale e personalistico, carico di vissuto (personale, sociale, culturale, familiare, etc.) e un sentire più ampio (impersonale, unitivo) che ci denuda da ogni maschera e ci restituisce alle braccia dell’infinito in una trasparenza in grado di riconsegnarci alla libertà dell’essere. Una trasparenza salvifica (le cose sono divinamente nude, ci sussurra Marguerite Yourcenar!)

Due tipi di sensibilità, dunque… La stessa sottigliezza di sfumature dei Due tipi di Intelligenza evocati dal poeta mistico sufi Rumi. Una che ti "colloca davanti o dietro gli altri", l'altra che straripa come "una sorgente dal suo alveo … una freschezza al centro del petto".

Possiamo riconoscere senz’altro, affinando il nostro ascolto con la facoltà dell'intuizione, la qualità differente di questo sentire di primo livello o di secondo livello.  

Perché questa salvezza non è accaduta a molti poeti? 

Forse non c'è scrittrice più emblematica in tal senso, di Virginia Woolf. 

Illustrazione di Francesco Ruggero Vercesi, 2021

La sensibilissima Virginia nel suo scrivere in prosa si serve di “aperture poetiche”, evocate come imperscrutabili Moments of Being (Momenti d’Essere), cioè momenti rari e preziosi di grande intensità e percezione, misteriose istantanee di esistenza, squarci d'interiorità nitida e onnicomprensiva da ricevere più che da afferrare, come fossero attimi di inestimabile grazia a cui arrendersi e aprirsi sperando di poterne in qualche modo ricordare la traccia. 

Come scrittrice, Virginia Woolf era 
interessata a dare voce al mondo interiore dell’essere umano, concependone la coscienza come un flusso continuo di emozioni e impressioni.
Alla Virginia donna non interessava l'ordine cronologico delle storie da narrare, bensì la vivacità interiore del mondo psichico dei personaggi, pur rimanendo estremamente fedele al rigore logico e grammaticale che alla Virginia scrittrice stava così a cuore. Tanto a cuore da renderle insostenibile la scelta stilistica della poesia (come precisa nelle sue Lettere a un giovane poeta). 


Nonostante fosse divenuta scomoda "preda" della sua stessa fervida immaginazione – al punto di non riuscire più a vivere nel mondo, ma solo nel “suo mondo” – in certi momenti un sentire più ampio le si spalancava davanti soffiando nel cuore grato di tanta abbondanza d'Essere, l'intenso respiro poetico che possiamo incontrare nei suoi versi pur all’interno di romanzi.

Questa “seconda vista” che è la Poesia (come la definisce Ralph Emerson e i mistici di ogni tempo accoppiandola al termine Verità), la percezione del carattere simbolico-universale delle cose, l'abilità di unificare in una interezza ciò che sembra separato, questa visione interiore o interiorizzata con una portata salvifica straordinaria, rimane distaccata dalla vita incarnata di Virginia, talmente distaccata da renderle sempre più insostenibile la vista ordinaria. Una scissione letteralmente configurata nella sua malattia mentale (bipolarismo).

A fronte di tale “chiusura” di cui anche il rigore stilistico della scrittrice sembra farsi portavoce, Virginia sceglie di salutare l’insostenibile mondo della vista ordinaria dandosi all’elemento più rappresentativo del mondo fluido delle emozioni e della vita stessa: la morte per acqua. Per Virginia Woolf l’acqua rappresenta armonia, pace, tranquillità, ma anche la possibilità di risolvere terribili conflitti interiori. 
Nei suoi scritti abbondando le metafore legate al mondo acquatico, oceanico, marino, fluido, ritmico… Un richiamo irresistibilmente poetico a quell'ondeggiare che sradica la mente da ogni controllo, dalla possibilità di lasciarsi andare in una vastità senza regole del già noto. "Sono radicata, ma fluttuo" 
(I am rooted, but I flow) scrive Virginia nel romanzo Le onde, donandoci un'immagine intrisa di una carica evocativa magistrale, che  racchiude in sole quattro parole forse il tormento più grande che un'anima possa vivere: sentirsi in uno stesso oceanico lampo di vita sia l'ancora sia il mare aperto.  

Le radici organiche della Poesia | 5 spunti di incarnazione poetica

 “L’essenza del ritmo è qualcosa di molto profondo, ben più recondito delle parole. Uno sguardo o un’emozione creano quest’onda nella mente ben prima che sorgano le parole adatte ad esprimerla; e nella scrittura (tale è la mia convinzione attuale) bisogna ricreare quest’onda, e farla agire (il che in apparenza non ha niente a che vedere con le parole), e poi, quando irrompe e precipita nella mente, trovare le parole che le si confacciano. (A Vita Sakwille- West, 16 marzo 1926).




Questo scritto trae spunto dal terzo incontro di "Poesia e Meditazione: 5 Dialoghi con l'Infinito" tenutosi presso H'olla - Un mare di benessere a Porto Recanati l'11 febbraio 2023. Altri spunti:

Primo Incontro: Poesia e Meditazione | "Una freschezza al centro del petto"

Secondo Incontro: Poesia e benessere | L'ascolto intuitivo espande i confini




FRASI E BRANI TRATTI DA EPISTOLARI E ROMANZI DI VIRGINIA WOOLF 
Virginia Woolf, foto di George Charles Beresford, 1902

Non sarò mai famosa, grande.
Continuerò ad azzardare, a cambiare, 
ad aprire la mente e gli occhi, 
rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipare. 
Ciò che conta è liberare il proprio io: 
lasciare che trovi le sue dimensioni, 
che non abbia vincoli. 
L’arte è libertà da ogni predicazione, 
le cose in sé stesse, la frase bella in sé stessa; 
mari sconfinati; 
narcisi selvatici che appaiono 
prima che la rondine osi
_____________________________
Il non essere è simile all’ovatta,
in cui sono avvolte le nostre giornate. 
Tutto il problema dell’esistenza consiste 
nel cogliere i momenti in cui le cose si fanno trasparenti 
e si trova la traccia. 
Come se, per uno squarcio improvviso, 
il fondo dell’essere divenisse visibile e la poesia si facesse realtà.
________________________________
Mi serve un po’ della lingua che usano gli amanti.
Non ho bisogno di parole. Di niente di preciso.
Ho bisogno di un ululato, di un grido.
_________________________________
C’è chi si rivolge ai preti, chi alla poesia; 
io ai miei amici, al mio cuore, a cercare tra le frasi e i frammenti 
qualcosa di intatto.
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Gli esseri umani non procedono tenendosi per mano 
per tutto il cammino della vita. 
C’è una foresta vergine in ciascuno di noi, 
un campo di neve dove anche l’impronta delle zampe d’uccello è sconosciuta. 
Qui ci addentriamo da soli e preferiamo che sia così. 
Avere sempre la solidarietà, 
essere sempre accompagnati, 
essere sempre compresi, 
sarebbe intollerabile.
_________________________________
Guardare la vita in faccia sempre, 
guardare la vita in faccia e conoscerla per quel che è. 
Al fine conoscerla, amarla per quel che è, 
e poi metterla da parte.
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Da Gita al Faro
INCIPIT Sì, certo, se domani fa bel tempo» disse la signora Ramsay. «Però dovrai essere in piedi con l'allodola» aggiunse. A suo figlio queste parole comunicarono una gioia straordinaria, come se fosse stabilito che la spedizione avrebbe avuto luogo senz'altro, e l'incanto cui aveva agognato, per anni e anni gli pareva, fosse, dopo il buio di una notte e la traversata di un giorno, a portata di mano. Egli apparteneva, già all'età di sei anni, a quella grande categoria di persone che non riescono a tenere le emozioni separate le une dalle altre, ma lasciano che le prospettive future, con le loro gioie e dolori, annebbino ciò che effettivamente è, perché per tali persone fin dalla prima infanzia qualsiasi oscillazione della ruota delle sensazioni ha il potere di cristallizzare e trafiggere il momento dal quale dipendono la tristezza o la radiosità. Così James Ramsay, seduto sul pavimento a ritagliare le figure del catalogo illustrato dei Magazzini dell'Esercito e della Marina, quando sua madre parlò, sulla figura di un frigorifero riversò beatitudine paradisiaca. Era contornata di gioia. La carriola, la falciatrice, la musica dei pioppi, foglie biancheggianti prima della pioggia, cornacchie gracchianti, ginestre sbatacchianti, vestiti frusciami: tutto era così nitido e colorato nella sua mente che egli aveva già il suo codice privato, la sua lingua segreta, anche se appariva il ritratto del rigore assoluto e incorruttibile, con la fronte alta e gli occhi blu fieri, perfettamente candidi e puri, leggermente accigliati al cospetto dell'umana fragilità, tanto che sua madre, osservandolo mentre guidava le forbici con precisione intorno al frigorifero, lo immaginò in una Corte vestito di porpora ed ermellino oppure alla guida di un'impresa complessa e decisiva in qualche crisi della vita pubblica.



[…] La vita non è una serie di lampioncini disposti simmetricamente; la vita è un alone luminoso, un involucro semitrasparente che ci racchiude dall’alba della coscienza fino alla fine. […]


Da Una stanza tutta per sé
Ancora mancava un’ora per la colazione, che cosa potevo fare? Passeggiare per i campi? Sedere accanto al fiume? Certo era un bel mattino d’autunno; le foglie rosse scendevano ondeggiando a terra; la prima possibilità mi attirava tanto quanto la seconda. Ma una musica mi raggiunse. Ci doveva essere una funzione o celebrazione religiosa. Quando passai davanti alla cappella, l’organo magnificamente si lamentava. In quell’aria serena, perfino il dolore del cristianesimo sembrava più il ricordo di un dolore che non il dolore stesso; perfino i gemiti del vecchio organo sembravano avvolgersi nella pace. 

Da Orlando
Il senso di tutte quelle frasi era che mentre la Fama ostacola e costringe l’uomo, l’oscurità lo avvolge come una nebbia; l’oscurità è cupa, vasta e libera; l’oscurità permette allo spirito di seguire la propria via senza impacci. Sull’uomo oscuro, l’ombra distende il proprio velo misericordioso. Nessuno sa dove va, né donde viene. A lui è concesso di cercare la verità, e di dirla; lui solo è libero; lui solo è sincero; lui solo è in pace. Così, all’ombra della quercia, sprofondò in una calma dolce, e la durezza delle radici, a fior di terra, gli era quasi un conforto. Orlando rimase lungo tempo a meditare sui pregi dell’oscurità e la gioia di non avere un nome, di essere come l’onda che ritorna nel profondo corpo del mare. L’oscurità, pensava, libera l’animo dall’assillo dell’invidia e del rancore; fa scorrere libere nelle vene le acque della generosità e della magnanimità; e permette di dare e prendere senza ringraziamenti né lodi; questa dev’essere stata la vita di tutti i grandi poeti, immaginava (ma la sua conoscenza del greco non era sufficiente a confermarlo in questa opinione); Shakespeare, pensava, deve avere scritto così, e i costruttori di cattedrali devono aver costruito così, anonimi, senza bisogno di riconoscenza o di fama, ma solo di lavorare il giorno, e forse di un bicchiere di birra la sera.

Rainer Maria Rilke, da Lettere a un giovane poeta
[…] Voi mi domandate se i vostri versi siano buoni. Lo domandate a me. L’avete prima domandato ad altri. Li spedite a riviste. Li paragonate con altre poesie e v’inquietate se talune redazioni rifiutano i vostri tentativi. Ora (poiché voi m’avete permesso di consigliarvi) vi prego di abbandonare tutto questo. Voi guardate fuori, verso l’esterno e questo soprattutto voi non dovreste fare. Nessuno vi può consigliare e aiutare, nessuno. C’è una sola via. Penetrare in voi stesso. Ricercate la ragione che vi chiama a scrivere; esaminate s’essa estenda le sue radici nel più profondo luogo del vostro cuore, confessatevi se sareste costretto a morire, quando vi si negasse di scrivere. Questo anzitutto: domandatevi nell’ora più silenziosa della vostra notte: devo io scrivere? Scavate dentro voi stesso per una profonda risposta. E se questa dovesse suonare consenso, se v’è concesso affrontare questa grave domanda con un forte e semplice «debbo», allora edificate la vostra vita secondo questa necessità. La vostra vita fin dentro la sua più indifferente e minima ora deve farsi segno e testimonio di quest'impulso. Poi avvicinatevi alla natura. Tentate come primo uomo al mondo di dire quello che vedete e vivete e amate e perdete. […]

Virgina Woolf, da Lettere a un giovane poeta 
[…] Tutto ciò che ti serve è stare alla finestra e lasciare che il tuo senso del ritmo, si apra e si chiuda, coraggioso e libero, fino a quando una cosa non si fonderà nell’altra, fino a quando i taxi non danzeranno con le giunchiglie, fino a quando non verrà a crearsi un’unità da tutti questi frammenti separati. […] raccogli tutto questo tuo coraggio, impiega tutta la tua cautela, invoca tutti i doni che la Natura è stata indotta a concederti. Poi lascia che il tuo senso del ritmo si snodi tra gli uomini e le donne, gli autobus, i passeri − qualunque cosa si muova lungo la strada − fino a quando non li avrà legati insieme in un tutto armonioso. Questo forse è il tuo compito: trovare la relazione fra le cose che sembrano incompatibili eppure hanno una misteriosa affinità. […]