23 dicembre 2020

Scoprire l'essere in un mondo del fare

Siamo una società che fa. Pensiamo sempre: "Cosa posso fare? Cosa dovrei fare?". E addirittura al presente: "Che cosa faccio?". 

Quando suggerisci alle persone di smettere di fare qualcosa, anche solo per un istante, spesso vanno in ansia e talvolta persino si arrabbiano. Di conseguenza, di solito si impegnano subito a fare qualcos'altro. A quanto pare, non riusciamo semplicemente a sederci e non fare nulla, a essere dove siamo. Dobbiamo fare qualcosa e, soprattutto, andare avanti. In effetti andare avanti è per molti lo scopo della vita. Ma mentre la definizione degli obiettivi può creare motivazione e direzione positive, gli obiettivi in sé rischiano di interferire con l'essere presenti ora e apprezzare ciò che è qui, prima che l'obiettivo sia stato raggiunto.

Siamo condizionati a credere che, per vivere una vita importante e piena, dobbiamo avere uno scopo. Qualcosa che vogliamo fare. Dovremmo svegliarci al mattino con una chiara idea dello scopo su cui stiamo lavorando. In effetti, molti si sentono perduti e depressi quando non hanno uno scopo, come se la loro vita non avesse alcun significato e loro stessi fossero un fallimento. "Senza scopo" sostanzialmente significa inutile. Crediamo che se non stiamo andando da qualche parte, non siamo da nessuna parte. Inoltre, crediamo che sia colpa nostra se non abbiamo uno scopo e dobbiamo porvi rimedio, prima o poi. Una vita senza uno scopo non è considerata vita.
 
  
Parecchie lezioni di yoga iniziano con l'insegnante che chiede agli studenti di stabilire un'intenzione per la loro pratica. Agli studenti viene chiesto di "fare un programma" di ciò che vogliono ottenere dal tempo che trascorreranno sul tappetino, identificare "un obiettivo" che vogliono raggiungere con la loro pratica. Sono incoraggiati a decidere in che modo desiderano che i prossimi 90 minuti cambino il loro "ora". Perfino quando si esercitano ad essere presenti, molti di noi hanno ancora bisogno di dirigersi altrove. Oggi gran parte dell'auto-aiuto consiste nel chiarire cosa vogliamo fare della nostra vita, imparare a creare schemi dei nostri programmi di vita e capire che cosa fare affinché quel programmi vadano buon fine. Pressoché ovunque ci giriamo, ci viene chiesto di fare qualcosa per rendere l'"ora" qualcosa di meglio di un semplice... ora. 
 
Qual è il mio scopo? Dove sto andando? É la mente che fa queste domande e lei che risponde. Paradossalmente, abbiamo assegnato al responsabile della nostra sofferenza il compito di curarla. Il condizionamento "e-adesso-facciamo" per ironia della sorte esclude "l'adesso". Più esattamente, dovremmo esprimerlo così: "Cosa ne facciamo dell'adesso?". Tale atteggiamento mentale ispira una relazione antagonistica con il momento presente. Crediamo che ci sia sempre un posto migliore in cui andare, un'esperienza migliore da fare rispetto a ciò che siamo vivendo adesso. Ed è probabile che questo "meglio" lo possiamo trovare con o attraverso la tecnologia. Come potrebbe il presente tenere testa alle altre possibilità, se queste ce le abbiamo proprio qui, in palmo di mano? 
 
 

 
 
La tecnologia rende facile il continuare a passare da un'esperienza stimolante a un'altra, senza essere costretti a tornare qui per stare "solo" con noi stessi, "solo" ora. "Cos'altro c'è?" è diventato il nostro mantra sociale, sostituendosi quale domanda del giorno a "Cosa c'è qui?". Con la tecnologia al centro della nostra vita, non è più necessario abitare il momento presente, non è nemmeno necessario osservare l'irrequietezza e il disagio di fondo che il presente implica. 
 
Più ci lanciamo all'inseguimento del momento migliore, più forte è la convinzione che la colpa della nostra irrequietezza vada al senso di mancanza del momento presente. La tecnologia non solo su fornisce il mezzo ideale con cui sparire, ma allo stesso tempo ci consente di accusare della nostra scomparsa il presente stesso e la sua inadeguatezza: uno stratagemma perfetto. 
 
Il segreto dello stare profondamente bene contraddice in tutto e per tutto ciò che ci è stato insegnato. 
 
Il benessere si ha quando smettiamo di cercare di capire cosa fare per arrivare a un futuro migliore. Ironia della sorte, la serenità emerge quando viviamo senza un futuro, senza un "dopo" e senza un'intenzione o uno scopo che questo momento e questa vita dovrebbero assumere. Il benessere si ha quando passiamo da diventare all'essere. 
 

Quanto è radicale vivere senza intenzioni e quanto è liberatorio! Preparati, però: quando abbandonerai il "cosa faccio?" come mantra della tua vita, la mente urlerà in segno di protesta. "Ma se non faccio qualcosa per farlo accadere, la mia vita non sarà mai come la voglio e non succederà mai niente!". A prescindere da cosa grida la mente, comunque, provaci, sii coraggioso, fai un tentativo e vedi cosa scopri. Se l'esperimento fallisce, puoi sempre tornare alle tue intenzioni e agli ordini del giorno, come pure agli esperti che saranno lì in attesa di aiutarti a capire cosa devi fare della tua vita. 
 
La vita in realtà accade quando smetti di intervenire per cercare di modificarla. Ma per avere fiducia in questo fatto, lo devi scoprire da te. 
 
Se vivi con il qui come destinazione, la vita migliore diventa molto più facile. Puoi rilassarti e diventare parte del suo naturale flusso, del processo che pensi di fare accadere. Quando smetti di chiedere "Cosa faccio?" e inizi a chiedere "Cosa c'è qui adesso?" scopri che la presenza che cerchi, quel luogo primo di sforzi, è proprio qui, non devi fare nulla. Confida che la vita, come forza a sé, non ha bisogno di te per spingerla ad andare avanti.

Tratto da "Liberi dalla dipendenza digitale. Scollegarsi dalla Rete per  riconnetersi con sé stessi" di  Nancy Colier
 
 
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