01 dicembre 2019

Il problema del karma non esiste. Lasciatelo andare completamente!



Come estinguere una volta per tutte l'idea del karma e vivere pienamente la vita.  

Ciò che auguro all'Umanità alle soglie del nuovo tempo senza tempo






Il karma esiste solo per chi ci crede. O meglio, per chi crede di essere Qualcuno a cui possono accadere certe situazioni piuttosto che altre. O meglio ancora, a chi si identifica in quel Qualcuno che crede di essere quel personaggio sulla messa in scena della vita

Il karma esiste, come ogni "concetto" (inclusi quelli di spazio e di tempo, e della morte) in una prospettiva dualistica dove c'è un Qualcuno (la persona-personalità-ego) che aderisce al libero arbitrio di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e tra tutta una serie di opposti: spirituale-materiale, favorevole-sfavorevole, bello-brutto. E questo Qualcuno sceglie per un certo fine, pur nobile che sia, come ad esempio il fine di "evolvere". Dunque, è un approccio dualistico, separativo, personalistico e intenzionale-finalistico.
E' la visione a cui siamo "abituati" per retaggi culturali, religiosi, educativi etc. ed è l'"illusione" da cui è possibile svegliarsi. 

Da un'altra prospettiva, quella dell'Unità e della non separazione (approccio dell'Advaita Vedanta), venendo a mancare il caposaldo su cui si basano tutti i concetti (spazio, tempo, karma) con le relative credenze (morte, evoluzione) e i relativi comportamenti (espiazione di karma, ego spirituale teso al perfezionamento esistenziale etc.), non rimane più nulla su cui fare presa. Non rimane più nulla, solo la perfezione originaria che, svestita da tutte le maschere indossate, può splendere della sua beata nudità.

Si passa cioè dallo sforzo personale del libero arbitrio alla naturalezza del libero avvento.







Dunque, la buona novella è questa: si può smettere davvero di essere schiacciati da un surplus di sofferenze, sforzi, pesantezze ingombranti perché psicologicamente indotte da quel Qualcuno che si crede di essere Qualcuno, e godere di una libertà incondizionata e intoccabile. Essere liberi, libere. Liberi e libere da tutte le astrazioni mentali (immagini, proiezioni) a cui l'ego finisce per credere così tanto da identificarsi totalmente in esse, condizionando e annebbiando la vera vita.
La vera vita si fa da sé, non ha bisogno di sforzi personali (della personalità). 



"Osservate come crescono i gigli nel campo: 
non lavorano e non filano" (Mt 6,25-29)

























La vera vita non è né giusta né sbagliata (dunque non è karmica) ... tuttalpiù "è originale". 

Sì, originale, perché profonde dall'Origine indivisa, luminosa, silenziosa, della Sorgente che è la nostra vera natura, è "le cose così come sono", (in sanscrito tathata), senza giustificazioni, interpretazioni, spiegazioni, senza nemmeno un senso. 






La vita non ha senso, questo è il punto. La vita è. La vita vive. La vita accade, e ha ragione in tutti i casi. "Lasciamoci accadere la vita" (Rilke). In questo accadimento spontaneo, non c'è né spazio né tempo per il karma!

Il famoso "risveglio" non è avere stratosferiche esperienze trascendentali con allucinazioni di mondi sovrasensibili popolati da magiche creature da film di fantascienza (sto volontariamente enfatizzando! ... a tal proposito puoi approfondire anche qui: "Quello che gli sciamani non dicono: autosuggestione o visione profonda?).
Q
ueste esperienze possono certo accadere ma non sono risolutive per spogliarsi da ogni identità fittizia che la mente continuamente crea durante i tre stati (veglia, sogno e sonno profondo). Il risveglio non è altro che accorgersi (VEDERE) come funzionano i meccanismi mentali, riconoscerne le trappole e lasciare affiorare la verità di ciò che resta una volta smascherate tutte le identificazioni. In sostanza, è discriminare (in sanscrito viveka) ciò che è reale (la vera vita, la coscienza) da ciò che è irreale (karma incluso). Ma questa discriminazione non richiede alcuno sforzo volitivo, piuttosto un lasciar andare, un abbandono totale, un'apertura impersonale alla vita così com'è.

Io imparo a vedere.
Non so perché tutto penetra in me più profondo e non rimane là dove, prima, sempre aveva fine e svaniva.
Ho un luogo interno che non conoscevo.
Ora tutto va a finire là.
Non so che cosa vi accada.




Tutto ciò che si può conoscere è irreale,
viene e se ne va. Dimora perciò nell'ignoto, 
nell'immutabile, nella verità.
La discriminazione distrugge l'attaccamento 
rivelando la transitorietà e la natura illusoria
dell'oggetto a cui ci si attacca

(H. W. L. Poonja)


Concludo riportando le parole del maestro Jean Klein, dal libro "La naturalezza dell'essere". Musicologo e medico, Klein è vissuto per molti anni in India dove ha incontrato il suo Maestro. Iniziato alla saggezza tradizionale, fu rimandato in Europa per diffondere l'insegnamento dell'Advaita Vedanta. Questo insegnamento impiega un "approccio diretto", che si realizza al di là della mente e non implica sforzo, ma punta verso quell'ultima Realtà nella quale si fondono il tempo e lo spazio: conosciamo allora il chiaro risveglio verso ciò cui siamo veramente, la nostra perfezione originale, il vero Sé, senza memoria (e dunque, senza karma). 

Che cos'è allora il karma, che è prodotto da causa ed effetto?

Quando voi vivete senza programmare, senza nutrire l'immagine o l'idea di essere qualcuno, allora non vi è karma.  A chi si riferirebbe il karma? Metta da parte il problema del karma. Lo lasci andare completamente. Tale idea le fornisce il pretesto dell'esistenza di qualcuno che non esiste. Quando lei è completamente in silenzio, dov'è l'immagine di essere qualcuno? Quando il riflesso di identificarsi con un'immagine si allontana, vi è la certezza della non esistenza di un'entità personale. C'è soltanto unità. Allora lei è libero dal karma perché il karma appartiene sempre a qualcuno. ma quando lei aggiunge l'immagine di una personalità, di un uomo, di essere questo o quello, allora le è legato al karma.

Potrebbe fornirmi un esempio  concreto di quello che intende per identificarsi con un'immagine?

Osservi che dalla mattina alla sera lei è costantemente in cerca di una localizzazione. Lei ha bisogno di localizzarsi da qualche parte, sia in una sensazione corporale che in un'emozione o in un'idea. Ma quando lei accetta che non è possibile trovare se stesso, il suo vero Sé, dentro una percezione, il processo produttivo cessa. Lei smette di creare delle idee, delle immagini e delle situazioni.
Lei deve vivere nell'apertura senza alcuna memoria. Questo significa che lei è allora completamente aperto alla vita, a tutto ciò che può accadere. E poiché in questa apertura non vi è memoria, né reazione, lei è completamente attento, in ogni istante, alla freschezza e alla novità della vita. Non vi è più ripetizione.

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