09 dicembre 2023

L'antico prestigio e il segreto della Poesia che "fa bene al cuore"

Non avere cuore è il contrario di "coraggio" che deriva dal latino COR HABEO: avere cuore, agire con il cuore. Chi è "senza cuore" vive in uno stato di anestesia, di non-sentimento, di astrazione mentale e di perpetua sofferenza. Non sente l'abbraccio universale della vita.

Questo testo è tratto dal Seminario La Poesia per meditare e "guarire" il Cuore tenuto presso l'Istituto Accademia Yoga di Roma sabato 2 dicembre 2023


"Vi darò un cuore nuovo

metterò dentro di voi uno spirito nuovo,

toglierò da voi il cuore di pietra 

e vi darò un cuore di carne"

Bibbia (Ez 36,28)


Con un cuore di pietra non si può sentire, nè agire con umanità. 
Non avere cuore è il contrario di "coraggio" che deriva dal latino COR HABEO: avere cuore, agire con il cuore. Chi è senza cuore (o con un cuore di pietra, chiuso, inaridito) vive in uno stato di anestesia, di non-sentimento, di astrazione mentale e di perpetua sofferenza. 

La Poesia è la via del Cuore, apre nuovamente le porte del sentire, dell'emozionarsi e del commuoversi.
Il Cuore inteso non con sentimentalismo o come un caos di affettività incontrollata (le reazioni emotive sono ben altra cosa dalle emozioni superiori mosse dal "cuore di carne"). Il cuore inteso come l'organo dell'Intelligenza e dell'Intuizione, facoltà esclusivamente spirituale e non mentale: quell'"Intelletto d'amore" di dantesca memoria, l'Anahata Chakra della fisiologia esoterica yoga, il centro spirituale dell'uomo.

La Poesia rientra a pieno titolo in una Via iniziatica di elevazione interiore, animica, spirituale e ci risveglia alle qualità più profonde del nostro essere umani: esseri capaci di provare compassione.

La Poesia è la via dell'estasi estetica, e dunque l'antidoto per l'anestesia della cultura virtualizzata e sempre più digitalizzata dell'intelligenza artificiale.

La Poesia è un contagio che "fa bene al cuore", facilitando il processo alchemico della trasformazione dal cuore di pietra al cuore di carne, fino a completa sostituzione, fino all'incarnazione poetica che redime la materia, trasfigura la carne, converte la molteplicità nell'unico verso del canto assoluto dell'esistenza (conversione: cum vergere).

Scrive Yogananda nel suo libro L'eterna ricerca dell'uomo:

“I malumori sono contagiosi e, in tempi di depressione generale, essi possono contagiare un gran numero di persone. L’uomo non dovrebbe prendere troppo sul serio gli eventi infelici della vita. […] La Gita insegna: “È caro a me colui che non fa distinzione fra bene e male”. Avere una disposizione d’animo ottimistica e cercare di sorridere è cosa costruttiva e vale la pena farla perché ogni volta che esprimete qualità divine, come il coraggio e la gioia, voi rinascete di nuovo; la vostra coscienza si rinnova nella manifestazione della vostra natura, quella della vostra anima. Questa è la rinascita spirituale che vi pone in grado di “vedere il regno di Dio”.

La Poesia risponde a questo contagio animico, vitale che “fa bene al cuore” … è un invito a Sentire più che a Capire. Ci offre possibilità in gran parte inesplorate perché si è abituati a una lettura distratta e mentale dei versi poetici. 

Le poesie non chiedono di essere capite intellettualmente, ma di essere sentite, percepite con tutto il corpo. Richiedono abbandono e disponibilità di apertura, in un certo senso, richiamano l’atteggiamento (bhav) dello yogi di interiorizzazione (riassorbimento contemplativo) necessario affinché la pratica yogica non sia una mera ginnastica: presenza viva nel corpo e attenzione rilassata sul respiro. 

Allo stesso modo, affinché l’ascolto di un testo poetico non rimanga al livello superficiale dell’intellettualismo mentale, è necessario coltivare una disponibilità differente, essere disposti a rilassarsi rimanendo vigili e attenti (non si tratta di andare in stati di torpore o semi-incoscienza), mantenendo come riferimento di radicamento per non evadere nell’astrazione concettuale, il proprio corpo. Ed ecco che il nostro corpo, le sensazioni percepite con mente calma e rilassata, con il respiro che lo anima, diventa il canale meraviglioso di ri-connessione con la nostra vera natura, l’essere




Sperimentare l’infinito nel finito, il senza forma attraverso la forma e – entrando nello specifico della poesia – il silenzio attraverso le parole. 

Quando la poesia incarna la voce della verità profonda non condizionata, quando coglie l’anima essenziale del ritmo, colta da Agni (il "fuoco divino""che arde nel cuore dell’uomo), essa diviene Poesia mantrica. Una poesia si avvicina al mantra nella misura in cui incarna un’ispirazione intuitiva e rivelatoria (non una mera espressione di “emozioni dell’io personale).

"Nei tempi antichi queste cose erano dei Misteri, riservati a pochi iniziati, ora è tempo per l’umanità di aprirsi a vivere una Verità più grande, sì che anche la poesia possa recuperare qualcosa del suo antico prestigio"  (Sri Aurobindo, Lettere sulla Poesia)

C'è un aspetto tattile che va sottolineato quando si parla della "via del cuore" affinché non rimanga qualcosa di puramente astratto, bensì un cambiamento radicale della prospettiva da cui si osserva la realtà. Tocco divino, musica “toccante”, cuore palpitante, luce pulsante: questo tornare al corpo lasciando la mente atterrare e riposare nelle sensazioni corporali (senza giudizio) depotenzia l’aspetto mentale intenzionale che contrae per facilitare l’ESPANSIONE, che si verifica in assenza di io personale. 

Lasciar vivere la sensazione nel corpo consente la liberazione delle energie. 

É un gesto di inclusione totale, non intellettuale, bensì letteralmente organico, una trasformazione cellulare

“Pulsa qui nel mio cuore ove sboccia la Rosa” (Sri Aurobindo)



LA POESIA CONNETTE CON LA BELLEZZA DEL CREATO: METAFORA DEI CORDONI OMBELICALI


La dimensione universale dell'esistenza - quello spazio più ampio di visione che nella purezza del cuore si schiude ("Beati i puri di cuore perché vedranno Dio"), può essere compreso anche da queste pagine di Thich Nhat Hanh dove l'interconnessione che ci anima viene ben espressa, poeticamente, con la metafora dei cordoni ombelicali

"Un giorno, mentre camminavo, avvertii qualcosa di simile a un cordone ombelicale che mi connetteva con il sole e con il cielo. Compresi molto chiaramente che, se il sole non fosse esistito, sarei morto all'istante. Poi vidi un cordone ombelicale che mi legava al fiume. Improvvisamente seppi che, se non ci fosse stato neanche il fiume, avrei perso la vita, perché non avrei avuto l'acqua da bere. Vidi anche un cordone ombelicale che mi univa alla foresta: i suoi alberi producevano l'ossigeno che mi permetteva di respirare, senza la foresta sarei morto. Percepii anche un cordone ombelicale che mi collegava al contadino che coltiva le verdure, il grano e il riso che cucino per nutrirmi. Quando si pratica la meditazione si comincia a vedere cose che gli altri non vedono.  Anche se non ce ne accorgiamo, tutti questi cordoni ombelicali esistono e ci collegano a nostra madre, a nostro padre, al contadino nei campi, al sole, al fiume, alla foresta e così via. [...] Se dovessimo fare un disegno che ci ritrae con tutti questi cordoni ombelicali, scopriremmo che non sono solo cinque o dieci, ma forse centinaia o migliaia, e noi siamo collegati con ognuno di essi”.


Progetto itinerante 

La Gioia di dialogare con la Voce dei Poeti 

il viaggio continua ...

Roma, Istituto Accademia Yoga 2 dicembre 2023

 

Ecco perché leggere poesie ad alta voce fa bene alla salute

Yoga e meditazione: l'importanza del "vero cuore"

Poesia Quando niente esisteva di Sri Aurobindo



UN QUALSIASI GIORNO A VARANASI

Breve racconto poetico sull'arte del vivere e del morire ispirato a una storia vera, il viaggio dell'autrice in una delle città più sacre e controverse dell'India: Benares.

Testo e foto di Cecilia Martino.

Formato e-book Kindle 

Amazon 3,99 Euro 




22 novembre 2023

Ringraziare desidero ... Rovolon


Il dono della gratitudine in trama poetica, come tramandato da Borges, Whitman, San Francesco e prima di loro tanti ancora, e dopo di loro tanti ancora... 

Liberamente ispirato all'evento di Poesia e Meditazione - Workshop esperienziale di ascolto intuitivo svoltosi a Rovolon (PD) sabato 18 novembre 2023


Ringraziare desidero
per i costruttori e le costruttrici di nidi
che da un ramoscello deducono il prossimo focolare
per i sogni dei violinisti morenti
e la vita eterna delle sonate dell'anima
Ringraziare desidero
per il Trillo del Diavolo di Tartini
che riaccende il fuoco vivo dell'intonazione
alle corde di un arcaico sentire
per il colore rosso delle foglie d'acero
che il sole accende e spegne ma soprattutto accende
per la brina sulla macchina a 4 gradi
per il nido d'aquila scolpito davanti all'entrata del Colle del Ciliegio
per il sapore dei funghi, dolce e salato
per la gelatina di mela cotogna che sa di cose buone e genuine
come solo una mamma anziana può tramandare
Ringraziare desidero 
per lo scalpitio del fuoco
che nessun umano può guardare senza uno stupore antico
per il cerchio della poesia che ogni volta mi commuove
per i nomi dei poeti che ancora non conosco
e che attendono pazienti il mio ritorno a casa
per l'incrocio degli occhi tra i passanti e per ciò che rivelano 
se non si fugge prima
Ringraziare desidero
per lo spirito allegro delle terre di vino
per l'acqua pura di torrente, da bere e benedire
per quando ride chi mi sta attorno 
e per quando è vivace tutto il mondo
come in un cielo stellato che è la prima antologia di poesie
Ringraziare desidero
per il richiamo del faggiano 
per la zanzara che mi tiene sveglia a coltivare la pazienza
per non nutrire la rabbia quando sale
per il pane, l'olio e il sale e il primo sorso del caffè alla mattina
Ringraziare desidero 
per i cani che giocano sull'erba, per la terra di campagna, 
per quando mi si sporcano le scarpe 
e sono pronta per un altro viaggio
Ringraziare desidero
per non essere mai pronta
e per il mistero dello sguardo oltre le apparenze
per i numeri imperfetti della memoria fuggevole
e per le mani che sanno ricordare 
le carezze, il calore tra le dita, gli appoggi sul cuore
il dono dei bergamotti raccolti da terra
Ringraziare desidero
per Whitman, Rilke e Francesco d'Assisi
che scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all'ultimo verso
e cambia secondo gli uomini e le donne
Ringraziare desidero gli occhi
che non sono fatti per vedere ma per amare
e per la visione universale che a tutti ci compete
Per amor che move il sole e l'altre stelle
e muove tutto, in noi...


La Gioia di dialogare con la Voce dei Poeti, progetto itinerante... Il viaggio continua ... 




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Il quotidiano innamoramento | Mariangela Gualtieri

Noi siamo le api dell'invisibile | Rainer Maria Rilke




21 novembre 2023

Eventi Poesia e Meditazione Novembre 2023 | Roma Accademia Yoga


Sabato 2 dicembre dalle ore 17.30 presso l'Istituto Accademia Yoga di Roma si terrà un incontro aperto a tutti per beneficiare dell'ascolto poetico intuitivo: il vero Ascolto

“La prima antologia di poesia è il cielo stellato” (Ugo Foscolo) 

Il vero Ascolto induce a liberare tutto il potenziale di Bellezza risanatrice racchiuso nel linguaggio poetico, simbolico ed evocativo. Un linguaggio senza tempo che, da sempre, richiama alla nobiltà d'animo e all'ampiezza di visione. Il vero Ascolto favorisce l’accesso alla Luce Interiore, custodita nel Cuore (Anahata Chakra) e la mente, così purificata, si distende e si apre all’intuizione.



“I malumori sono contagiosi e, in tempi di depressione generale, essi possono contagiare un gran numero di persone. L’uomo non dovrebbe prendere troppo sul serio gli eventi infelici della vita. […] La Gita insegna: “È caro a me colui che non fa distinzione fra bene e male”. Avere una disposizione d’animo ottimistica e cercare di sorridere è cosa costruttiva e vale la pena farla perché ogni volta che esprimete qualità divine, come il coraggio e la gioia, voi rinascete di nuovo; la vostra coscienza si rinnova nella manifestazione della vostra natura, quella della vostra anima. Questa è la rinascita spirituale che vi pone in grado di “vedere il regno di Dio” 

(Yogananda da L’eterna ricerca dell’uomo)


La Poesia risponde a questo contagio gioioso, animico, vitale … è un invito a sentire più che a capire. 

Ci offre possibilità in gran parte inesplorate perché si è abituati a una lettura distratta e mentale dei versi poetici. 

Darsi alla Poesia è un incontro d'amore con se stessi, con il vero Sé.




“La Poesia è la grande energia dell’anima che pulsa in maniera armoniosa in tutte le anime risvegliate, e che può condurre chi la ascolta e la crea dal suo proprio Sé ad un contatto profondo con tutte le anime aperte al grande serbatoio dell’Energia Cosmica”.


Durante l'incontro in presenza, si può fare esperienza diretta di una modalità più genuina di accogliere la parola poetica, in quanto forza risanatrice, evocatrice di Bellezza al di là del bene e del male.  

C'è sempre più bisogno di riscoprire la bellezza, "la bellezza salverà il mondo". 


Da questi presupposti è nato  nel 2021 il progetto itinerante La Gioia di dialogare con la Voce dei Poeti, per non interrompere, trasmettendolo e condividendolo, il grande flusso poetico e mistico che ha attraversato grandi anime, da San Francesco a Rumi, da Yogananda a Sri Aurobindo, da Rilke a Etty Hillesum.



"Dobbiamo nel nostro intimo liberarci di tutto, di ogni idea esistente, parola d’ordine, sicurezza;

dobbiamo avere il coraggio di abbandonare tutto,

ogni norma e appiglio convenzionale,

dobbiamo osare il gran salto nel cosmo,

… e allora, allora sì che la vita diventa infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi dolori."

(Etty Hillesum)


Per le prenotazioni inviare una mail: accademiayoga1969@gmail.com
o telefonare in segreteria al numero 06/4742427.

Il contributo associativo di partecipazione (15 euro) sarà versato direttamente in sede.

Evento su FB

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Poesia e Meditazione | "Una freschezza al centro del petto"



UN QUALSIASI GIORNO A VARANASI

Breve racconto poetico sull'arte del vivere e del morire ispirato a una storia vera.  Testo e foto di Cecilia Martino. Formato e-book Kindle 


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10 novembre 2023

Origini dello Yoga: significato autentico e pratica nella vita quotidiana


Se si mettono insieme i racconti sulle origini mitologiche con i rifermenti storici, accompagnandosi con l’etimologia delle parole (un ritorno anch’esso alle origini), ci si può fare subito una idea di cosa sia lo Yoga nella sua essenza e del perché – finalmente – sia stato dichiarato anche dall’Unesco un Patrimonio Mondiale dell’Umanità

Questo testo è tratto dalla lezione tenuta presso Uniporto, l’Università di Istruzione Permanente di Porto Recanati in data 9 novembre 2023 

ORIGINI MITOLOGICHE 

Negli antichi testi vedici si narra che Shiva insegnasse alla sua consorte Parvati le tecniche yoga, in una splendida spiaggia sulle sponde dell’oceano. Un giorno un pesce particolarmente curioso, fu attratto dalla voce melodiosa di Shiva, sentì un forte richiamo e si approssimò alla riva tanto quanto necessario per osservare e ascoltare gli insegnamenti. Il pesce iniziò a mettere in pratica quei metodi con perseveranza e diligenza finché un giorno accadde qualcosa di eccezionale: il pesce si trasformò in uomo, sarebbe a dire, fece un balzo evolutivo cambiando la specie. Da animale ad essere umano. Da quel momento in poi, Matsyendra (questo il nome successivamente assegnato al “pesce che diventa uomo”) continuò a tramandare egli stesso gli insegnamenti yoga. 

Senz’altro questa traccia poetica ci consegna alcuni dati certi sull’origine della yoga: che era una trasmissione prettamente orale, da allievo a discepolo, che avveniva in luoghi di natura dalla cui osservazione, infatti, scaturirono le principali intuizioni dei Rishi sulle leggi cosmiche e sugli asana (posture del corpo e della mente) che le riproducono in chiave analogica. E che, non ultimo, la messa in pratica dei suoi principi comporterebbe una speciazione, ovvero un salto evolutivo

ORIGINI STORICHE ED ETIMOLOGIA

È certo che la saggezza e la filosofia dello yoga hanno radici negli antichissimi testi indiani, i quattro Veda Samhita, databili 2000-1100 a. C (da Vidya, Conoscenza e Samhita letteralmente raccolta di versi, ma anche congiunzione, connessione) dai quali a loro volta si svilupparono sei scuole filosofiche (Darshana, lett. Visione, dunque visione della realtà): il Waisheshika, il Samkya, il Purva Mimansa, il Nyaya, lo Yoga e, per ultimo, il Vedanta che significa “fine dei Veda”. 

Lo Yoga, dunque, è storicamente una Darshana, cioè una visione o scuola filosofica.
Si può trarre l’importante conclusione sullo Yoga quale Via filosofica e insieme pratica di evoluzione, cambiamento di visione, autorealizzazione interiore. Tale autorealizzazione consente di sviluppare appieno il potenziale umano, attingendo a qualità divine, spirituali e portando alla completezza, all’Unione con la vita universale: YOGA vuol dire appunto “Unione” (dalla radice yugir “legare insieme”, “tenere stretto”) ma anche “mettere sotto il giogo”.  

Yuijate anena iti yogah: Yoga è ciò che unisce

Mircea Eliade riassume in poche righe il senso di questa unione, anzi ri-unificazione: “si riferisce all’Unione mistica tra l’anima umana e l’anima divina, o alla restaurazione dell’autonomia della coscienza. In breve, lo yoga è un metodo soteriologico con il quale l’uomo riconquista la libertà iniziale; una via che conduce l’essere umano verso il suo più autentico io” (cit. Yoga, Saggio sulle origini della mistica indiana)

Quale sia il giogo da sciogliere o da soggiogare, appunto, è presto detto: l’identificazione con la mente che mente, il falso senso dell’io, l’ego con le sue dinamiche subconscie. Questo ci porta a considerare lo Yoga anche come un sistema psicologico atto a comprendere il funzionamento dei processi mentali-emotivi al fine di restaurare un benessere integrale: la salute che deriva dalla salvezza, ovvero la liberazione (Moksha) dalla schiavitù del mondo illusorio prodotto dalla ingannevole mente).

   

“Il principale ostacolo dello yogin – citando ancora Eliade – non è il corpo, con le sue funzioni fisiologiche, ma il subconscio, la “sete di vivere”, questo vasto ricettacolo delle esperienze acquisite per eredità, razza, condizione sociale etc.” Si tratta delle sensazioni subliminali, involontarie (vasana), vere e proprie potenze subcoscienti (samskara). 
La via di uscita è la disidentificazione non tanto dalle produzioni mentali in sé, ma dal produttore stesso, che è la vera radice di tutti i problemi: ahamkara, il senso dell’io personale separato, l'ego. Riconoscere che tali produzioni sono pure astrazioni illusorie (Maya) e non la Realtà ultima (discriminazione Viveka) rientra nei processi di comprensione per accedere alla “via di uscita”. 

Tornando al punto focale dello Yoga come Via di accelerazione evolutiva, chiediamoci cosa distingue l’essere umano dagli animali e si spalanca la porta del nucleo essenziale su cui lo Yoga “lavora”: la Coscienza e la Consapevolezza.

Risvegliarsi alla coscienza del vero Sé fa parte dell’aspetto evolutivo dell’essere vivente. Fintantoché rimaniamo con una coscienza assopita interamente identificata con il “falso sé” (personalità egoica), non solo non ci stiamo distinguendo granché dallo stadio evolutivo animale (comportamento dello stimolo-risposta), ma stiamo perdendo di vista (sbagliare la mira = peccare) il senso della vita sulla Terra. Lo Yoga ci conduce a riscoprire questo senso, cambiando prospettiva, apportando una nuova visione, inducendo una trasformazione interiore, posizionandoci (asana = posizioni, modelli posturali) in maniera differente rispetto allo stato ordinario della coscienza addormentata.  L'ego non va demonizzato, va compreso. Il reale può essere conosciuto solo attraverso il falso, quindi l’ego è necessario. Bisogna passarci attraverso, scientemente. Il reale può essere conosciuto solo attraverso l’illusione. 

YOGA NELLA VITA QUOTIDIANA

Traducendo poeticamente gli insegnamenti più dottrinali facenti parte di un metodo sistematico che include un “lavoro” sul corpo, sul respiro, sul rilassamento mentale, etc., possiamo riscontrare che – come tutti i grandi Maestri hanno asserito – “Tutta la vita è Yoga

È yoga ogni momento di comunione con ciò che c’è. 
Quando si ha la pazienza di fermarsi più spesso a osservare invece che subito reagire, a non inseguire pensieri disturbanti, a lasciar decantare il proprio senso di importanza personale. 
Ogni qual volta sentiamo un’apertura sincera di cuore è Yoga (il Cuore è il centro spirituale dell’essere umano), quando stiamo nelle attività da svolgere senza rimuginare o lamentarsi, quando sosteniamo un solo attimo di esistenza piena è yoga, quando prestiamo attenzione e ci muoviamo nel mondo non come automi ma come esseri viventi, organici, spinti da un principio vitale-spirituale. 
Non lasciamoci digitalizzare, virtualizzare, astrarre dalla mente (che è la prima tecnologia di digitalizzazione che ereditiamo in quanto specie umana!). Torniamo a sentire il corpo, la vita incarnata senza pesi e misure, la gioia della pura esistenza, la sostenibile leggerezza dell’essere.





UN QUALSIASI GIORNO A VARANASI
Breve racconto poetico sull'arte del vivere e del morire ispirato a una storia vera, il viaggio dell'autrice in una delle città più sacre e controverse dell'India: Benares.
Testo e foto di Cecilia Martino.
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"I numerosi esercizi yoga esclusivamente fisici rappresentano anche un'igiene fisiologica molto superiore alla solita ginnastica e agli esercizi di respirazione, in quanto non è soltanto scientifico-meccanica, ma anche filosofica. Attraverso gli esercizi, essa mette il corpo in contatto con l'interezza dello spirito, come risulta dagli esercizi del pranayama in cui il prana è al tempo stesso il respiro e l'universale dinamica del cosmo. Quando l'azione del singolo è contemporaneamente un evento cosmico, l'emozione fisica (innervazione) si collega con quella spirituale (idea universale). Ne deriva una vivente interezza che nessuna tecnica, per quanto scientifica sia, potrà mai produrre. La pratica dello yoga coinvolge a un punto raro ciò che è del corpo e ciò che è dello spirito." (La saggezza orientale, Carl Gustav Jung)


07 novembre 2023

Eventi Poesia e Meditazione Novembre 2023 | Workshop in Veneto


Sabato 18 novembre a Rovolon (Padova) Workshop esperienziale di ascolto intuitivo. 

Fa tappa in Veneto l'evento itinerante La Gioia di Dialogare con la Voce dei Poeti: incontri per riscoprire la bellezza del vero ascolto mediante letture meditate di testi poetici, di parole e di silenzi. Con la collaborazione di Elisabetta Viola, l'evento si terrà presso l'accogliente Sala Sai Ram a Rovolon (Padova).

L'incontro è aperto a tutti, neofiti di poesia e meditazione, o a chi vuole approfondire l’arte della rivelazione diretta ispirata alle intuizioni dei Rishi vedici e dello Yoga della Tradizione.

Grazie allo sradicamento di alcuni luoghi comuni e al rilassamento in uno spazio di ricettività e abbandono, la Parola Poetica può essere fruita in maniera differente e può agire nel corpo, rivitalizzandolo e aprendo a intuizioni e sensazioni inusuali, trasformatrici e benefiche.

Si verrà accompagnati da letture di brani e di silenzi in una esperienza diretta al suono di parole che invitano a una percezione inusuale di emozioni, respiri e pensieri. Parole nuovamente vive, vitali e rivelatrici.



Il percorso si sviluppa in una parte più teorica per piantare nel terreno della consapevolezza alcuni semi di visione diversa dalla coscienza ordinaria, e una parte esperienziale di coinvolgimento anche corporale, multisensoriale, di ... "prova sul campo" per abbandonarsi al contatto dell'essenza intuitiva.

Un percorso mai tracciato, di intimità trasformativa, da percorrere insieme ai partecipanti nel rispetto del mistero che ci anima, ci monda e ci umanizza.


“Ieri mi sono comportata male nel cosmo. Ho passato tutto il giorno senza fare domande, senza stupirmi di niente. […] Il savoir-vivre cosmico, benché taccia sul nostro conto, tuttavia esige qualcosa da noi: un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal e una partecipazione stupita a questo gioco con regole ignote”. (Wislawa Szymborska). 


Orario: 15.30-19.30
Quota di partecipazione: 35 euro

Evento Facebook  

POSTI LIMITATI! PRENOTAZIONE NECESSARIA 

Alessandra: 371 3625257
Elisabetta Viola: 328 224 4356


Leggi anche:  
Non comportiamoci male nel cosmo | La legge del sospiro e Wislawa Szymborska

Momenti d'Essere | Le aperture poetiche di Virginia Woolf



UN QUALSIASI GIORNO A VARANASI

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07 ottobre 2023

Cimitero di Recanati: la Piramide di Beniamino Gigli e altre meraviglie

Quando una visita al Cimitero di Recanati si trasforma in un viaggio incredibile. La tomba a forma di piramide del tenore Beniamino Gigli è subito segnalata, ma molto altro si apre allo sguardo di chi dai dettagli e dalle sintesi d’infinito si lascia rapire. In fondo, siamo pur sempre nella Città dell’Infinito. (Foto ©CECILIA MARTINO)


Quello che oggi è il Cimitero Civico del Comune di Recanati era un tempo l’orto del Convento dei frati Minori Osservanti che costruirono nel 1450 la Chiesa di Santa Maria di Varano, ad oggi chiusa, visibile al lato dell’ingresso del Cimitero. Vi si conserva ancora il pozzo di San Giacomo della Marca ed affreschi nelle lunette del portico, nonché tombe dei familiari del poeta Leopardi.

 

L’ingresso al cimitero schiude immediatamente scorci di profondità e bellezza, naturale e architettonica insieme, come se nel gioco del tempo la maestria di una mano invisibile ci avesse posto un segno di inequivocabile monumentalità. 
Colpisce la varietà stilistica dei sepolcri, veri e propri mausolei, opere d’arte e di spontaneità insieme. L’arte è quella del secolo che ha impresso la memoria databile nei vari ambienti sepolcrali, alcuni risalenti all’Ottocento e appartenenti a classi evidentemente nobiliari. La spontaneità è quella della natura impetuosa che avvolge, abbraccia, avvinghia, in certi casi, avviluppa letteralmente le dimore dei defunti. 


Le tombe familiari sono le più poderose: tra guglie come i minareti orientali e templi dai richiami greco-romani, il frastuono dell’alchimia atemporale diventa tangibile. Simboli onnipresenti, sovrani del parossismo che è l’unico linguaggio per poter alludere alla morte quale viaggio nell’ignoto e insieme ritorno a casa. Simboli universali e, insieme, storici.  Echi di massoneria, controcanti di cristianità, sobbalzi di spiritualità ancestrale. Un teschio di pietra può davvero dialogare con un fiore che sboccia, l’occhio dei Rosacroce con il sole di Maria, il liuto raffigurato all’interno del mausoleo di Beniamino Gigli con il canto della civetta che, se capitate al momento giusto, si fa premurosamente sentire.


Sembra di camminare tra le stradine di un borgo antico, viene voglia di chiamarlo la Cittadella dei Morti ma senza sfumature tetre da brividi di seconda mano. C’è un sentore, un presentimento di vita che serpeggia nella bellezza della cura dei fiori profumati portati dagli officianti, ma anche di una cura più sottile, quella che l’umano a volte scambia per crudeltà. La vertigine dell’impermanenza, le radici che si inglobano nelle ossa, le foglie secche tra le ragnatele delle croci conficcate sull’erba, sentieri più dimessi dove l’unica nobiltà rimane quella di un filo d’erba. E l’originale brivido che rimane è forse un tremore autentico che non sa né di male né di bene. Sa di respiro sacro, di vita e di morte insieme.


Una visita in questo luogo può regalare scorci su scorci, in un caleidoscopio di immagini smisurate e misurabili in sincerità che partono non dal pianto, ma dal riso. C’è gioia a poter riabbracciare un anelito d’amore. Il compianto non è chi rimane impresso in una fotografia. E’ una presenza che può avere la dolcezza del profumo del pane appena sfornato, o dei petali di rosa sparsi sul marmo dove la spoglia mortale riposa. 
In questa “cittadella dei morti” ci sono porte, finestre, cancelli, cunicoli, terrazzi e giardini, persino affacci sul mare… Si sale e si scende perché si sviluppa su quattro livelli e le scale sostengono la vertigine del viaggio. Ci si muove come in un pellegrinaggio, e l’Alfa e l’Omega impressi un po' ovunque ci rammentano la circolarità dell’infinito. 



TOMBA DI BENIAMINO GIGLI

La segnaletica più insistente rimane quella che indica la direzione della tomba del tenore recanatese Beniamino Gigli. Fu realizzata nella prima metà del ‘900 su disegno del fratello Catervo, scultore, che progettò il mausoleo di famiglia ispirandosi ai più antichi monumenti funebri della storia, le piramidi egizie. La tomba a forma di piramide è interamente realizzata in conci di travertino. Le due statue bronzee poste all’esterno ai lati del portale, realizzate dallo stesso Catervo, raffigurano le virtù teologali: Fede (donna che porta la croce) e Carità (donna con bambino). L’interno è completamente dipinto a tempera a secco dal maestro recanatese Arturo Politi, su cartoni del maestro Biagio Biagetti (1877-1948). 

     

Probabilmente, molte delle visite al Cimitero giungono dalla presenza di questa tomba senz’altro particolare e dal lustro del personaggio giustamente caro alla memoria cittadina. Ben vengano, ma non si fermino lì! C’è così tanto da assaporare, senza mappe geografiche o turistiche nelle mani, lo scalpitio dei piedi sui cocci di stradine che portano chissà dove. Le abitano con disinvoltura i gatti, i rivoli di acqua che sgorga da fontanelle incastonate in roccia e le anime raccolte dei parenti con il gesto della preghiera sul volto un po' distratto.  A incontrarsi qui, ci si saluta tra i passanti, discostandosi dall'indifferenza di un fretto passo routinario. 



Saluti da un borgo antico dove, lo ripeto ancora, la morte non è stagnante ma vivente, e la vita alla sua delicatezza si inchina. “La morte è il regno della grande delicatezza” scrive poeticamente Christian Bobin e forse in questi luoghi – i cimiteri – bisognerebbe approssimarsi più spesso e a cuor leggero.
Annusare quel vento umbratile dove il velo tra il visibile e l’invisibile si assottiglia. E qui, nei cimiteri, con certi sguardi e certe disponibilità totali, diviene persino tangibile e a colori. Come “un azzurro che non mente più”.

VIDEO INGRESSO ALLA TOMBA DI BENIAMINO GIGLI


Altri spunti dalle Marche


04 settembre 2023

Quella specie di fuliggine in cui Rembrandt trovava il suo oro

Filosofo in meditazione, conosciuto anche come Studioso in meditazione, è un dipinto del pittore olandese Rembrandt realizzato nel 1632 e conservato nel Museo del Louvre a Parigi in Francia.

La delicatezza della caducità, chiamiamola senza timidezza: morte. Perché "vivere e morire abitano la stessa casa. Sono due sorelle che escono insieme per strada. Se si incontra l'una, si incontra l'altra".

Christian Bobin: "Guardo il vagabondaggio aereo di una foglia morta, decifro la parola azzurra sul piumaggio di una ghiandaia. La ghiandaia sarà fulminata, la foglia è già morta, ma tutte e due, che sono solo di passaggio, parlano del più alto grado della vita. La morte ci parla della vita, la illumina. E' come quella specie di fuliggine in cui Rembrandt trovava il suo oro.
Pensiamo al Filosofo che ha dipinto. Si trova in fondo a una cantina, davanti a una finestra. I tre quarti del quadro sono rosicchiati da ciò che potremmo considerare insetti della morte, scarabei dell'eterno con la loro corazza nera. Ma, senza quel nero, non saremmo abbagliati dalla luce che cola dalla finestra, davanti alla quale si trova il filosofo e che è forse l'immagine dei Lumi che trova nel suo libro. 

Vivere e morire abitano la stessa casa. Sono due sorelle che escono insieme per strada. Se si incontra l'una, si incontra l'altra.

Mi piace ciò che taglia il gioco come si taglia un mazzo di carte, quando ne scartiamo una imprevista, quando la facciamo volare sul piatto in tavola. Mi piacciono le piogge estive. Mi piacciono i sorrisi che non sono rivolti a me. Mi piace il genio brusco del poeta Gerard Manley di Hopkins. Mi piace uno scoppio di risata nella stanza accanto. Mi piace il silenzio magnificamente scolpito da due note della tastiera di Bach. Mi piace ciò che passa davanti a me a tutta velocità e non tornerà. Sono incapace di amare la vita senza saperla mortale, nell'immediato".



Mi sovviene l'essenza del wabi sabi, intraducibile "vivencia" giapponese: più le cose si avvicinano all’inesistenza, più si fanno delicate ed evocative… E, forse in virtù di questo effimero, ci donano un senso paradossale di eternità. Eternità non nel senso di tempo senza fine, ma di senza tempo, atemporalità. Pensiamo alla fioritura dei ciliegi, e al rito millenario dell'Hanami che lo accompagna … Un rito interamente fondato sul semplice osservare la bellezza del momento. Hanami = ammirare la fioritura dei ciliegi.

Quante meraviglie della vita rimangono nell'ombra semplicemente perché non le vediamo. O se le vediamo, non le guardiamo veramente? In questo "guardare veramente"  c'è in serbo la morte: di chi guarda e dell'oggetto guardato. E in questo svanire, una luce autorisplendente - come l'oro che cola dalla finestra del meditante di Rembrandt - porta vividezza a ciò che resta come una vibrante danza di cosciente presenza di esistenza. L'abisso senza fondo della poeticità della vita.




Mi accordo in punta di piedi alla delicatezza dello sguardo in trasparenza quotidiana del sublime Bobin, con questi versi:

Le cose sono divinamente nude*

La realtà che nutre la fantasia

la nutre veramente?

Esiste, senza compiacersi,

una bellezza naturale delle cose, così come sono.

Un cane, l’erba, il pastore, le pecore

il clacson, il cigolio della freccia

il finestrino appannato, le colline marchigiane

la pioggia nelle narici

il codirosso, il passero solitario, la gabbianella, il ranch nascosto

il cartello stradale, la foglia e il fogliame

i cachi sull'albero, il fango, la gazza ladra

l’odore del pane del fornaio di quartiere

le stelle marine, le stalle

i calli sulle mani, le reti e i pescatori

le briciole sul tavolo, la svolta a sinistra, il rettilineo sul lungomare

le baracche vicino alla ferrovia

il treno quando è sera

la luna quando si vede e quando non si vede, le dita sulla tastiera

l'ultima parola della lista.

Come è bello e semplice ciò che appare

quando si guarda lentamente.

È lucido l’incontro, sbiadito lo sbaglio.

Non esistono errori, esiste l'errare e …

errando s’impara!

"Le cose sono divinamente nude", inedito Cecilia Martino, finalista Concorso Filo… in versi 2022 - Categoria Adulti

* Il titolo è un richiamo voluto a Marguerite Yourcenar della quale riporto la citazione completa, contenuta nel suo libro "Alexis o il trattato della lotta vana":

"È la nostra immaginazione che si sforza di rivestire le cose, ma le cose sono divinamente nude." 

Approfondimento e video-lettura della poesia





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