19 novembre 2022

I Mantra e la Scienza del Japa Yoga | Il Suono che libera la mente dall'ignoranza



I mantra, letteralmente "strumento della mente, del pensiero" sono il cardine della scienza del Japa Yoga, lo Yoga dell’Energia del Suono, uno dei sentieri autorealizzativi dello Yoga.

“La ripetizione metodica e continua del Mantra permette la realizzazione dell’Aspetto Divino invocato”.

In questo aforisma contenuto negli Yoga Sutra di Patanjali (uno dei testi di riferimento fondamentali dello Yoga) si trova condensato il senso dell’utilizzo dei mantra a scopo evolutivo e realizzativo che è il fine ultimo dello Yoga: realizzare lo stato di beatitudine nell’Unione con l’Atman, il Divino imperituro e assoluto, la nostra vera natura.

I mantra svolgono tale importante funzione utilizzando il potere del suono e della vibrazione. Sono il cardine della scienza del Japa Yoga, lo Yoga dell’Energia del Suono, uno dei sentieri autorealizzativi dello Yoga. 

Letteralmente Mantra vuole dire “strumento della mente, del pensiero”: l’etimologia richiama la parola sanscrita “manas” che si riferisce alla sostanza mentale e “traya” ciò che tranquillizza. L’effetto della ripetizione dei mantra ha come effetto principale quello di acquietare la mente, rendendola più ricettiva all’assorbimento di energie superiori, vibrazioni cosmiche benefiche che si ripercuotono anche a livello del corpo fisico (Anna Maya Kosha). I mantra agiscono a livello dei corpi più sottili (Prano Maya Kosha, Mano Maya Kosha, Vijnana Maya Kosha e Ananda Maya Kosha) che vengono sollecitati, potenziati e riarmonizzati.

Il mantra conferisce pace, beatitudine, illuminazione e consapevolezza. Risveglia l’intelletto aprendo l’intuito; il pensiero creativo si verifica spontaneamente quando si lascia scorrere la ripetizione del mantra al posto della mente pensante.
Il mantra sostituisce la centratura sull’ “Io” con la centratura su “Dio”.


A tal fine, però, non basta la ripetizione automatica, distratta, apatica del mantra, bensì è necessario il giusto atteggiamento (umiltà, devozione, fiducia, apertura), ricettività e partecipazione attiva in uno stato rilassato ma vigile.
In sanscrito si utilizza il termine bhava che indica il sentimento, la disposizione interiore, l’attitudine utile per ottenere i migliori risultati dalla Sadhana (pratica di Yoga). Per l’esattezza, il japa mantra deve essere eseguito con fede (shraddha), amore (bhava), concentrazione (dharana) e senza desiderio di benefici personali, cioè con un atteggiamento che favorisca lo sviluppo del distacco interiore (vairagya).

La ripetizione continua del mantra, di un nome sacro, di una preghiera, tenendo a mente e facendo dischiudere nel cuore il significato spirituale delle parole usate, è l’essenza del japa. La pratica del japa pone l’accento sull’aspetto di continuità e ripetizione ininterrotta, requisito fondamentale per neutralizzare la naturale tendenza dispersiva della mente (vikshepa) e tenerla focalizzata sulla contemplazione della vera essenza (Atman).
Saturare la mente di mantra è il continuo scorrere della coscienza divina dentro al cuore.


È molto importante ricordare che qualsiasi strumento utilizzato dallo Yoga non ha un potere in sé stesso, ma viene “attivato” dalla coscienza del praticante: lo Yoga è un processo scientifico di risveglio della Coscienza Superiore che implica il coinvolgimento sempre vivo del ricercatore, “tapas”, aspirazione o fuoco spirituale, disciplina, buona volontà e Surrender (resa totale al divino, dono di sé).

Il vero potere di risveglio non sta nell’utilizzo mnemonico e automatico di strumenti esterni imparati con la tecnica, bensì nell’apertura del cuore e nella liberazione del potenziale interiore insito nel profondo dell’essere umano.

La tecnica del mantra, se avvicinata in modo scorretto, può in tal senso essere insidiosa e indurre l’adepto a credere che basti cantare qualche mantra ogni tanto – attività piacevole e rilassante – per dischiudersi alle verità superiori o per ottenere benefici duraturi. Dietro ai mantra c’è una scienza esatta che solo l’autentica ricerca e auto indagine perseverata con sentimenti non personalistici di apertura e devozione potrà eventualmente essere rivelata al cuore del Sadhaka.



 

I DIVERSI TIPI DI MANTRA E IL LORO UTILIZZO NELLA SADHANA

I mantra sono dei suoni mistici, formule intrise di vibrazioni molto elevate in quanto sono state ricevute dai grandi Rishi (veggenti) dell’India per intuizione diretta durante stati di profonda meditazione e contatto con l’Assoluto. Il potere della ripetizione cosciente ha poi consegnato a queste formule sacre ulteriore energia, dal momento che esse hanno assorbito per secoli l’energia e l’intenzione spirituale dei Rishi e dei grandi Maestri risvegliati che li hanno ripetuti, incarnati e trasmessi ininterrottamente come parte della Via autorealizzativa dello Yoga, da oltre 5000 anni.

I mantra utilizzati dal Japa Yoga possono distinguersi a grandi linee in questi tre tipi:

Versi, sloka e aforismi tratti dai libri sacri (Upanishad, Veda etc.)

Bija mantra

Pranava Om 

 



MANTRA DAI LIBRI SACRI

Formule più estese, sono i versi (sloka) contenuti nei Veda, nelle Upanishad e in altri testi sacri dell’India, i libri rivelati (shrutis). Sono anche mantra specifici consegnati dal guru al discepolo, al tempo della sua iniziazione e che il discepolo non dovrà mai rivelare.
Recitare tali mantra, comprendendone il significato profondo mediante l’approfondimento delle letture da cui sono ricavate, sostiene il risveglio della conoscenza intuitiva della Verità dell’adepto che vi si accosti con attitudine devozionale (Bhakti) e conoscitiva (Jnana).

Durante le lezioni di Hatha Yoga possono essere cantati all’inizio e alla fine della pratica per indurre uno stato di quiete e ricettività mentale. Tra questi ci sono il Gayatri Mantra (il mantra della Realizzazione Interiore), il Purna Mantra (mantra della Coscienza Cosmica), il Mrityunjaia Mantra (mantra dell’Immortalità), Svasti Mantra (mantra della Prosperità), Sat Mantra (il mantra della Conoscenza Interiore), Saha Mantra (mantra della Protezione), Sarve Mantra (mantra della Gioia), Gurur Mantra (mantra della Saggezza), Ananda Mantra (mantra dell’Armonia).


Citiamo inoltre i quattro Mahavakyas, ovvero le “grandi sentenze o detti” dei Veda, meditando le quali la mente viene condotta dal mondo dei nomi e delle forme a Brahman, puro Essere supremo e indivisibile.

1. Prajnanam Brahma: Brahman è pura Intelligenza-Coscienza

2. Aham Brahmasmi: Io sono Brahman

3. Tat tvam asi: Tu sei Quello

4. Ayam atma Brahma: Questo atman è Brahman

Il primo si trova nella Aitareya Upanishad del Rig Veda e contempla Brahman come conoscenza infallibile, conferisce la conoscenza dell’Io.

Il secondo – che si trova nel Bridad-aranyaka Upanishad del Yajur Veda – è una diretta presa di coscienza che mostra il “testimone unico dell’Universo” (Io sono Brahman).

Il terzo, contenuto nella Chandogya Upanishad del Sama Veda, “Tu sei Quello” indica l’identità dell’anima individuale con il Brahman o puro Spirito.

Il quarto si trova nella Mandukya Upanishad della Atharva Veda ed è la parola che procura la visione diretta grazie alla quale si giunge alla conoscenza di Brahman.


Ecco un esempio di come Swami Sivananda, nel suo libro Concentrazione e Meditazione, spiega l’utilizzo a fini meditativi del mantra Aham Brahmasmi:

“Provate costantemente ad essere il puro Sat-chit-ananda vyapaka atman (esistenza assoluta, conoscenza assoluta, felicità assoluta, Brahma onnipenetrante), mentre ripetete mentalmente “Aham Brahmasmi”. Ma la sola ripetizione con le labbra non può dare grande profitto. Dovete provarlo intensamente, nel profondo del cuore. Giungerete gradualmente allo stato di coscienza superiore per l’esistenza di questo sentimento profondo (bhava) […] In questa meditazione il corpo e l’universo sono concepiti come delle espressioni di Brahman nel quale sono inclusi”.


Con la ripetizione sincera di questo mantra – specifica Sivananda – “la meditazione si focalizza e si espande su questi concetti: Infinità sono io, Eternità sono io, Immortalità sono io.” Si può così raggiungere l’intuizione diretta dell’ignoranza di base (avidya) che confina l’essenza eterna dell’uomo nei limiti del mondo dei nomi e delle forme, del corpo e della mente limitata, mediante il processo dell’identificazione con ciò che è provvisorio e relativo. In tal senso, un'altra definizione di mantra è "Suono che libera la mente dall'ignoranza". 



 

BIJA MANTRA



Il secondo tipo di mantra utilizzato nel Japa Yoga sono i bija mantra, i suoni-seme che nella fisiologia esoterica dello Yoga sono associati ai Chakra (centri di energia supersottile o ruote vitali), alle relative Nadi (canali energetici o condotti supersottili) e alle divinità tutelari (Istha Devata) che riflettono e potenziano differenti aspetti divini. In questo caso il mantra è considerato al pari di una Divinità.

La Bibbia dice: “In principio era il Verbo, e il Verbo era in Dio, e il Verbo era Dio”, non diversamente dal Rig Veda: “In principio era il Brahman, con cui era la Parola; e in verità la Parola era il Brahman supremo”. In quanto tale, il mantra contiene un potere trasformativo divino, o shakti, che si manifesta attraverso il suono.

Ciascun bija mantra ha un percorso grafico, una forma geometrica o yantra, che gli corrisponde come una mandala. Ripetendo il mantra di un particolare Santo, Siddha o Divinità, è possibile invocare la sua presenza e le sue benedizioni.


Durante le lezioni più avanzate di Hatha Yoga, nel Kundalini Yoga e nel Tantra, i bija mantra vengono utilizzati insieme alle visualizzazioni dei relativi Chakra al fine di potenziare il risveglio delle energie interiori durante la fase del mantenimento prolugato dell’asana. Favoriscono la concentrazione, l’interiorizzazione e lo sblocco delle energie associate ai Chakra di riferimento.


I bija mantra principali associati ai 7 Chakra sono:

LAMMuladhara Chakra con 4 Nadi i cui bija mantra sono: Vam, Sam, Sham, Kham

VAMSwadhistana Chakra con 6 Nadi i cui bija mantra sono: Bam, Bham, Nam, Yam, Ram, Lam.

RAM Manipura Chakra con 10 Nadi i cui bija mantra sono: Dam, Dham, Nam, Tam, Tham, Dam, Dham, Nam, Pam, Pham.

YAMAnahata Ckakra con 12 Nadi i cui bija mantra sono: Kam, Kham, Gam, Gham, Gnam, Cham, Chham, Jam, Jham, Jnam, Tam, Tham.

HAMVishuddha Chakra con 16 Nadi i cui bija mantra sono: Am, Aam, Im, Iim, Um, Uum, Rm, Rrm, Lm, Llm, Em, Aim, Om, Aum, Am, Ah.

OMAjna Chakra (o Trikuti) con 2 petali laterali (formati ognuno da 48 nadi) i cui bija mantra sono: HAM e KSHAM

OM -Sahasrara Lotus con 1000 o 960 nadi.


 

PRANAVA: LA SILLABA SACRA OM



“Cerca il suono che non si arresta mai” (Rumi)

Il mantra OM è l’essenza stessa dello Yoga, suo simbolo per eccellenza e radice di ogni mantra di ogni suono, di ogni parola, di ogni possibile manifestazione universale. Pranava - la cui etimologia richiama "ciò che viene prima" (prn) e "suono" (na) - ci indica chiaramente che è il Suono dal quale origina ogni altra possibile parola, ed è per questo che tutti i mantra iniziano sempre con la Om, il suono trascendentale dell'Inizio, di qualsiasi possibile cominciamento. 
Questo simbolo sacro (omkara) si lega alla visione che gli antichi Rishi e yogi avevano del Cosmo e della creazione intesa come un movimento costante di espansione, mantenimento e dissoluzione (Trimurti) alla cui origine – secondo le sacre scritture vediche - sarebbe proprio la vibrazione Om. Per essere in armonia con la mente universale, lo yogi riproduce tale suono con tono lungo, costante e profondo.

Gli aforismi 27, 28 e 29 degli Yoga Sutra di Patanjali recitano:

“Egli è espresso dalla parola OM”.

“Questa parola deve essere ripetuta con meditazione sul suo significato”.

“Da ciò viene la conoscenza dell’Atman e la distruzione degli ostacoli a quella conoscenza”.

Sostanzialmente ci viene indicato che ripetere il mantra OM, meditando sul suo significato, è un modo per realizzarci interiormente.


Come si ripete la OM? 

OM è composto originariamente da tre suoni: la A, la U e la M.

Il praticante si mette in una posizione seduta comoda con la spina dorsale verticale. Effettua una profonda inspirazione, poi, aprendo la bocca pronuncia durante l’espirazione il suono A concentrandosi sul centro dell’emotività, il plesso solare nell’area addominale. Poi passa al suono U portando la mente all’altezza del cuore e continua con la M prolungata portando la coscienza sulla parte alta del capo.


Questa vibrazione energetica scuote e vivifica tutte le cellule dell’organismo purificando e aprendo, a livelli sottili, tutte le Nadi (i Canali Energetici) dell’essere umano.

Il fatto che tale suono mistico sia composto da tre sillabe richiama molte corrispondenze inerenti al numero 3. Per l’esattezza, 3 + 1: il punto in alto nella rappresentazione grafica della OM rappresenta quello che nelle Upanishad viene chiamato “il Quarto”, lo stato trascendente della Pura Coscienza, la realizzazione del Turiya, l’immortalità dell’anima.

Tre come la Trimurti dei tre aspetti divini simboleggiati da Brahma (Creazione) Vishnu (Conservazione) e Shiva (Trasformazione).

Tre come le tre essenze qualità divine Sat (Esistenza) Cit (Conoscenza) e Ananda (Beatitudine)

Tre come gli stati di Coscienza che dall’ordinario (stato di veglia, di sonno e di sonno profondo senza sogni) conducono alla Supercoscienza unitiva del Samadhi, il quarto stato Turiya, il Vuoto, il Supremo, l’Immortale e l’Immutabile. Tali stati corrispondo a loro volta ai livelli fisico (suono A), mentale ed astrale (suono U), il livello più sottile del sonno profondo (suono M) che è posto fuori dalla portata dell’intelletto. Il Sé o Atman è testimone distaccato dagli stati di veglia, sogno e sonno profondo.

Swami Sivananda esorta nel libro Meditazione e Concentrazione:

“Fissa la tua mente su questo suono mistico (pranava-dhvani) ed entra senza sforzo nella comunione suprema”.



IL MANTRA SENZA PAROLE (AJAPA MANTRA) O MANTRA DEL RESPIRO

Un altro modo di richiamare la OM e il suo profondo significato spirituale è con il mantra So’ham che significa “Io sono Lui, io sono Brahman”. SO si traduce con “Lui” e AHAM con “io”. Questo mantra prende nella Ishavasya Upanishad la forma di “Sohamasmi”. So’ham non è altro che OM, elidendo infatti le consonanti S e H si ha OM; dunque, non è altro che il pranava modificato. So’ham è il soffio vitale e OM è l’anima del soffio. Questo mantra è adatto ad essere associato alla respirazione, infatti, non fa altro che riprodurre in maniera spontanea il suono naturale del respiro: inspirando si produce un suono simile a SO ed espirando un suono simile ad HAM. Questo fatto viene chiamato il mantra senza parole (ajapa mantra) perché le labbra non si muovono durante la respirazione. Alla tecnica approfondita di questo mantra e della sua variante “hamsa so’ham, so’ham hamsa” è dedicata una intera Upanishad: Hamsa Upanishad.  



In sostanza, la OM sintetizza la Sadhana dello Yoga e – in quanto simbolo impersonale e universale - il fine ultimo della vita umana: quello di giungere a comprendere l’essenza spirituale, immortale e incorruttibile che ci anima, sperimentare il mondo fenomenico e tutte le creature come manifestazione di tale principio spirituale, fino a mantenere una ininterrotta immersione della coscienza Io-separativa nella Coscienza Dio-unitiva. Tale tentativo di sentire d’essere il tutto può essere facilitato con l’associazione di qualche simbolo verbale.

La OM – scrive Swami Sivananda – “da tempi immemorabili è servito ad esprimere l’idea di unità. Il metodo migliore, dunque, consiste nel ripetere questa parola OM e nel meditare in continuazione sul suo significato”.


MANTRA, POESIA RIVELATA E CONTATTO DIVINO

Sri Aurobindo, grande filosofo, poeta e mistico indiano, padre del Purna Yoga (lo Yoga Integrale) fu un grande utilizzatore del mantra, nonché uno degli esponenti di poesia mantrica mistica probabilmente più raffinati della letteratura indiana a fini evolutivi. Negli ultimi 30 anni della sua vita, ovvero fra il 1920 e il 1950), Sri Aurobindo ha privilegiato soprattutto la composizione poetica consegnando alla sua ultima colossale opera in versi, Savitri, tutto lo spessore di un testamento spirituale per l’umanità intera. Così si esprime nelle sue Lettere sulla Poesia (Letters on Poetry and Art):

“La parola è un suono espressivo dell’idea. Nel piano soprafisico, quando l’idea è realizzata, mediante la ripetizione della sua espressione verbale si possono produrre vibrazioni in grado di preparare la mente alla realizzazione dell’idea. È questo il principio del mantra”.


 

Mirra Alfassa, compagna spirituale di Aurobindo nota come La Mère, fece della ripetizione del mantra Om Namo Bhagavate, una delle pratiche ininterrotte sino alla fine della sua vita mortale. Il mantra scelto da Mère è uno dei più antichi dei Veda e, nella sua versione estesa presente nel Rig Veda, suona così: Om Namo Bhagavate Vasudevaya che vuol dire “Saluto la Verità Suprema nella forma di Vasudeva”. Vasudeva è uno dei volti di Krishna ma può essere simbolicamente recepito come l’aspetto amorevole e sapiente del divino, universalmente valido. Le vibrazioni contenute nel mantra sono quelle dell’amore incondizionato e, dove c’è tale tipo di amore totale, non può esistere paura. Con il mantra si diffonde nel corpo l’assenza della paura e, dunque, il rilassamento profondo, si creano nuove contagiose “abitudini” cellulari, quelle della “vibrazione di verità”, come la chiamava Mère per distinguerla dall’abitudine menzognera di essere sempre in trepidazione per qualcosa e, di conseguenza, contratti e tesi.



Un aspetto molto profondo dei mantra, a cui il sincero ricercatore può accedere per esperienza diretta, è che non si tratta di formule psichiche atte a ipnotizzare la coscienza a mo’ di formule magiche, ad ammaliare e a far evadere la mente dell’adepto verso mondi ideali isolandolo dalla realtà.

Le vibrazioni mantriche, quando correttamente ricevute, entrano nel corpo e consentono quella che potrebbe definirsi una esperienza tattile di Dio, quasi un toccare la divinità che vibra in ogni cellula del corpo fisico. Sivananda definisce spesso la meditazione come un “toccare Dio”, il tocco della Grazia che diviene così tangibile e concreto da non consentire più alcun dubbio mentale a riguardo. Quando tale tocco accade, Dio non è più un concetto astratto, un ideale come un altro a cui l’ego si attacca in maniera indefessa e sconsiderata, magari a fini compensativi, senza discernimento e compassione vera. Quando tutto il corpo viene invaso da tale soffio soprannaturale, evanescente eppure tangibile e indiscutibile, si è pronti per attuare la vita divina sulla terra, quell’alto ideale che tutti i più grandi maestri dello Yoga hanno letteralmente incarnato.
È fondamentale ricordare che è solo mediante il veicolo del corpo fisico e della mente e dei sensi che è possibile realizzare ciò che trascende corpo, mente e sensi.

Alla luce di questa consapevolezza, l’incarnazione su questa terra dovrebbe essere vissuta come un privilegio, non come un peso o una condanna.

Ce lo ricorda, tra gli altri, Annamalai, uno dei discepoli diretti di Ramana Maharshi:

“Il corpo umano è il solo veicolo con cui è possibile realizzare il Sé immanifesto. Con il corpo e la mente possiamo investigare e scoprire la Realtà che rimane intoccata dal corpo e dalla mente”.

A conclusione, riporto le potenti vibrazioni del Purna Mantra, l’Invocazione che apre la Sri Isopanisad (Isha Upanishad o Isavasya Upanishad).

Che il Suono della Coscienza e Conoscenza Cosmica possa penetrare in ogni cellula del corpo fisico apportando trasformazioni spontanee, benefiche, durature a tutti i livelli.

 


Om. Quello è il Tutto. Questo è il Tutto.
Da Tutto sorge il Tutto
Se dal Tutto è preso il Tutto
Solo il Tutto rimane.
Om Shanti Shanti Shanti!

 

 

OM PURNAMADAH PURNAMIDAM

PURNAT PURNAMUDACHATE

PURNASYA PURNAMADAYA

PURNAME VAVASISYATE




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