29 luglio 2020

Meditazione e dintorni | La pratica della Consapevolezza



Amo pensare alla consapevolezza semplicemente come all'arte di vivere presenti a se stessi. Non è necessario essere buddista o yogi per praticarla. Infatti, se avete una certa familiarità col buddismo saprete che il principio più importante è essere se stessi e non cercare d'identificarsi in qualcosa di diverso. Fondamentalmente il significato del buddismo è trovarsi in armonia con la propria natura più profonda e lasciarla fluire liberamente all'esterno. Vuol dire risvegliarsi e vedere le cose come sono. 
«Budda» significa semplicemente una persona che ha riconosciuto la propria vera natura. Pertanto, la consapevolezza non è in contrasto con una qualsiasi credenza o tradizione religiosa o persino scientifica né intende instillare alcunché, in particolare non un nuovo sistema di fede o ideologia. È semplicemente un metodo pratico per rimanere in contatto con la pienezza del proprio essere grazie a un processo sistematico di osservazione, indagine personale e azione consapevole. Non vi è nulla di freddo, analitico o insensibile in questo. La pratica della consapevolezza si esprime con dolcezza, comprensione e attenzione. Un altro modo di definirla sarebbe «amorevolezza».

Semplice ma non facile

Praticare la consapevolezza può essere semplice, ma non necessariamente facile. È. una metodologia che esige sforzo e disciplina perché le forze contrapposte il nostro abituale automatismo e la scarsa attenzione sono estremamente resistenti; sono talmente tenaci ed estranee alla nostra consapevolezza da richiedere obbligatoriamente un impegno interiore e un certo tipo di lavoro solo per dare consistenza ai nostri sforzi mirati a captare coscientemente i vari momenti e rinvigorire la consapevolezza. Questo lavoro è però intrinsecamente gratificante perché ci pone in contatto con molti aspetti della nostra vita che solitamente trascuriamo e perdiamo di vista.

È anche istruttivo e liberatorio. Istruttivo in quanto ci consente letteralmente di vedere con maggior chiarezza e pertanto di penetrare più profondamente in ambiti della nostra personalità da cui ci eravamo allontanati o su cui eravamo restii a indagare. Questo comporta il riemergere d'intense emozioni come dolore, tristezza, vulnerabilità ira e paura che di norma non prendiamo in considerazione né esprimiamo coscientemente. La consapevolezza può anche aiutarci ad apprezzare sentimenti quali gioia, mitezza, felicità che spesso avvertiamo fuggevolmente e distrattamente.

È liberatorio perché c'introduce a nuovi modi di confrontarci con noi stessi e col mondo esterno, liberandoci dalle modalità obbligate da cui ci facciamo spesso irretire. Conferisce anche forza poiché applicare l'attenzione in quel modo consente l'accesso a insospettate riserve di creatività, intelligenza, immaginazione, lucidità, determinazione, capacità di scelta e saggezza insite in noi.





Tendiamo a trascurare particolarmente il fatto che virtualmente pensiamo ininterrottamente. Il flusso incessante di pensieri che emana dalla nostra mente ci lascia scarsissimi momenti di sollievo interiore. Da parte nostra ci riserviamo spazio insufficiente per essere veramente noi stessi, senza sentirci costretti a correre costantemente facendo le cose più svariate.


Troppo frequentemente le nostre azioni sono inconsulte, intraprese senza riflessione, dettate da impulsi e pensieri del tutto consueti che passano per la mente come un fiume impetuoso o con la violenza di una cascata. Veniamo travolti dalla corrente che finisce col sommergere la nostra vita portandoci dove forse non intendiamo andare, senza neppure essere coscienti della direzione.

Meditazione significa imparare a svincolarsi dalla corrente, sedere sulla sua sponda, ascoltarla, trarne insegnamento e poi sfruttarne le energie per farci guidare anziché dominare. Questo processo non si svolge magicamente da solo. Richiede energia. Noi chiamiamo « pratica» o «pratica di meditazione» lo sforzo di coltivare la nostra capacità di vivere il presente.

Domanda: Come posso districare un groviglio che si trova interamente al di sotto del mio livello di coscienza?

Nisargadatta - Essendo presente a te stesso... se ti osservi con attenzione durante la tua vita quotidiana, con l'intenzione di capire anziché giudicare, in piena accettazione di qualsiasi cosa possa emergere, perché esiste, stimoli il profondo a salire in superficie per arricchire la tua vita e la tua consapevolezza con le sue energie represse. Questa è la grande funzione della consapevolezza; rimuove ostacoli e libera energie mediante la comprensione della vita e della mente. Il sapere è la porta verso la libertà e la vigile attenzione è la madre del sapere. (Nisargadatta Maharaj, Io sono quello)

(Tratto dal libro 
Dovunque tu vada, ci sei già 
di Jon Kabat-Zinn)


Porto Recanati, Luglio 2020


I dintorni ... Altri spunti su meditazione, consapevolezza e mindfulness 



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25 luglio 2020

25 luglio | Il giorno di San Giacomo Apostolo e del Cammino senza tempo

L'altare con la statua raffigurante San Giacomo nella Cattedrale di Santiago de Compostela,
Santiago, 25 agosto 2018

Ultreya! È il saluto dei pellegrini di Santiago, una bellissima invocazione che racchiude il senso della vita.

Stamattina mio padre con un messaggio whatsapp mi ha ricordato che "Oggi è il giorno di San Giacomo Apostolo... È un tuo Santo protettore da quando hai fatto il suo cammino ..."

Non ci avevo pensato, è un bel ricordo, ed è sempre un buon momento per ringraziare chi, dal mondo invisibile, poggia una mano sul tuo cuore per sostenerti nel cammino della vita. Sentirsi protetti è un'attitudine molto importante, specie in questo momento storico di grande cambio epocale. Di inquietudini e incertezze. 


Eppure, se c'è una cosa che da Quel cammino mi sono portata a casa, è proprio il senso di fiducia nella vita, senza difese alcune. In me stessa ci sono limiti che solo io stessa posso superare. Con fiducia, certo. Con fede, certo. Con totale Surrender, certo.

Cristo disse al cieco che aveva ripreso a vedere: "Va', la tua fede ti ha salvato". 
Andare, con fede. Andare avanti, comunque andare. 
Ultreya! È il saluto dei camminanti di Santiago e invoca proprio quell'andare avanti, sempre. Perché alla fine è il cammino stesso la meta.  

E proprio Giacomo fu, tra i discepoli di Gesù, quello che assistette insieme a Pietro, alla Trasfigurazione e alla notte del Getsemani. Il momento più "umano" del Cristo. Il momento della tentazione, la tentazione alla paura, allo sconforto, al sentirsi abbandonati, senza sostegno, al buio nelle proprie fatiche, nella pressione di un destino che irrompe - la Chiamata - e di cui a volte non ci si sente all'altezza.

Eppure, da questi momenti se ne esce trasfigurati. 


Il simbolo cristiano lo riassorbo poeticamente nella capacità di darsi al mistero della vita senza pretesa di risolverlo, come spesso dico parlando di Poesia volendone incarnare l'essenza salvifica. 

L'unica protezione che sento di portarmi dietro non è una zavorra di dogmi incrollabili a cui appellarmi quando sento di non poterne più, ma è la leggerezza dell'essere. L'insostenibile leggerezza dell'essere che, invece, è la cosa più sostenibile che ci sia. 

Camminando per gli oltre 400 km da Porto a Santiago, due anni fa, una cosa molto banale, forse, ho imparato sulla mia pelle, sulle mie spalle e sui miei piedi: che più si cammina leggeri, meglio è. Che più si sta nel momento presente, più si è funzionali a rispondere a ciò che la vita chiede adesso. Adesso, non tra cinque minuti, tra due mesi o tre anni. Adesso. Che ogni grande cammino inizia da un piccolo passo - sì, e che ogni piccolo passo si può compiere solo nel respiro dell'adesso. 

Che siano passi sempre più consapevoli, amorevoli e fiduciosi quelli che ci conducono ogni giorno nel miracolo della vita. Un augurio a tutti, in questo giorno speciale (il "giorno fuori dal tempo per ricominciare da sé"), per chi ci crede e anche per chi non ci crede. 

Siamo tutti pellegrini di Santiago nei nostri percorsi quotidiani. 





"Lo straordinario risiede 
nel cammino delle persone comuni".



Il mio unico post durante la quarantena: 

19 luglio 2020

Marear! | I benefici del mare dentro e fuori di noi




In lingua spagnola c'è un modo di dire quando si hanno le vertigini molto evocativo.
Marear!
Avere un capogiro, "darse mareo".
Il mare!
Come rimbomba l'odore dell'onda - e dell'ombra.
La Bellezza è sempre tremenda, è liquida e scorre nelle venature d'anima.

La Bellezza, non quella che piace ma quella che apre.
Il cuore si spalanca, scoppia, si scioglie, finisce in gola - si dice nel linguaggio metaforico - di fronte allo stupore, ad una espansione di sensibilità.
Il beato è tremendo o non è.
Quiete che scombussola il torpore
turbamento di meraviglia
ma anche meraviglia di quiete
Ding neng sheng hui (la saggezza nella quiete)
vertigine di sfondo bianco dai molteplici colori.
Mare! Spazio dai labili confini, orizzonti onesti di apertura
nessuna forma geometrica ti racchiude
nessuna certezza tra epidermide e abisso.
Le promesse pronunciate davanti al mare non possono durare
lo sanno bene gli innamorati, i poeti e i marinai
e vanno lasciate libere al vento che le ha prese in custodia.
Ma il richiamo di andare non è solo un naufragare, perché dolce è anche restare.
Dove c'è amore, c'è il mare - che sia dentro o fuori di noi.
Il capogiro della vita che diventa ebbrezza.
Davanti al mare il corpo trema, di freddo o di emozione
non importa, freme. 

E la meraviglia non è quando pensi ma quando tremi.


Marear!
"Cuando te veo me da mareo" ... Quando ti vedo mi gira la testa. Ed è più che un vedere, è Visione.
Davanti al mare l'uomo-donna è sempre un po' più poeta
come davanti al mistero che chiama, come dentro ogni cosa
se si ama.
Il mare dentro di noi può essere in calma o in burrasca
ma non tradirà mai la sua essenza di acqua
e l'acqua è viva - come dice Hokusai -
ogni cosa ha una propria vita e tutto vive dentro di noi.
Penso a Saffo e al suo marinaio Alceo -
"ma non è facile per noi, uguagliare la bellezza delle dee" -
la loro passione consumata con la complicità di barche divelte, ancore e vele da issare
- "ora risplende tra le donne di Lidia come, quando il sole è tramontato, la luna dalla dita di rosa vince tutte le stelle;
la sua luce si spande sopra il mare salato e sui campi fioriti;
la bella rugiada si versa, fioriscono le rose, il tenero cerfoglio e i fiori del meliloto"...
Canta Saffo, canta... che nulla vale più al mondo di ciò che si ama. E solo i canti di passione durano.
Nella Medicina Tradizionale Cinese c'è un agopunto del dantian (centro energetico) inferiore che si chiama "mare del qi". È situato proprio sotto l'ombelico. Il qi è l'energia vitale. ... L'unico cordone ombelicale che vale la pena tenersi stretto è quello con le nostre abissali e insieme celestiali profondità!
E l'ultima parola, come sempre alla poesia. 

+++ Se sei arrivato/arrivata fin qui nella lettura di questo post, prenditi ancora qualche minuto di pausa e, prima di darti ai versi che seguono, scopri la possibilità di leggere le poesie come non hai mai fatto sino ad ora. Poi torna qui, e fanne esperienza +++ 

Ti affido alla voce di Cecília Meireles "abitatrice delle spiagge, di alte spume".



Ostia, luglio 2020

Fatti a immagine del mare

Non cercare là.
Ciò che è, sei tu.
Sta in te.
In tutto.
La goccia è stata nella nuvola.
Nella linfa.
Nel sangue.
Nella terra.
E nel fiume che si è aperto nel mare.
E nel mare che si è coagulato in mondo.
Tu hai avuto un destino così.
Fatti a immagine del mare.
Datti alla sete delle spiagge.
Datti alla bocca azzurra del cielo.
Ma fuggi di nuovo a terra.
Ma non toccare le stelle.
Torna di nuovo a te.
Riprenditi.

(Cecília Meireles)


Porto Recanati, luglio 2020



Instagram @ceciliaisha
Facebook @ilmestieredeldare





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18 luglio 2020

I due atteggiamenti nella vita: Costruire o Piantare




Costruttori o giardinieri: e tu, da che parte stai?
Un texto anónimo de la tradición dice que cada persona, en su existencia, puede tener dos actitudes: Construir o Plantar. Los constructores pueden demorar años en sus tareas, pero un día terminan aquello que estaban haciendo. Entonces se paran y quedan limitados por sus propias paredes. La vida pierde el sentido cuando la construcción acaba.
Pero existen los que plantan. Éstos a veces sufren con las tempestades, las estaciones y raramente descansan. Pero al contrario que un edificio, el jardín jamás para de crecer. Y, al mismo tiempo que exige la atención del jardinero, también permite, que, para él, la vida sea una gran aventura.
Los jardineros se reconocerán entre sí, porque saben que en la historia de cada planta está el crecimiento de toda la Tierra.”
Un testo anonimo della tradizione afferma che, nel corso della propria esistenza, ogni essere umano può adottare due atteggiamenti: Costruire o Piantare. I costruttori possono dilungarsi per anni nei loro compiti, ma arriva un giorno in cui terminano la propria opera. A quel punto si fermano, e il loro spazio risulta limitato alle pareti che hanno eretto. Quando la costruzione è finita la vita perde di significato. 
Poi ci sono quelli che piantano: talvolta soffrono per le tempeste e le stagioni, e raramente riposano. Ma al contrario di un edificio, il giardino non smette mai di svilupparsi. Esso richiede l'attenzione continua del giardiniere, ma nello stesso tempo gli permette di vivere una grande avventura. 
I giardinieri sapranno sempre riconoscersi l'un l'altro, perché nella storia di ogni pianta c'è la crescita della Terra intera.


Prendo spunto da questo brano tratto dal libro "Brida" di Paulo Coelho per ispirare una ulteriore suggestione in merito alla naturale poeticità della vitaLo riporto tradotto in italiano, ma anche in lingua originale, perché amo l'origine delle cose e la veridicità che da esse trapela. 
Già il termine "naturale" richiama per assonanza la Natura. 
Naturale deriva da natura. 
La "natura delle cose" è un modo di dire che nel linguaggio metaforico  indica l'andare nel cuore di qualcosa, tornare all'essenza. 
In natura non c'è costrutto, c'è solo resa a un processo di spontanea crescita, maturazione, distruzione, rinascita in nuove forme. 

Costruire implica un artefatto, un'aggiunta, un'interferenza, una sovrapposizione, un fare. 
Piantare evoca un accompagnamento, un gesto iniziale che lascia spazio alla spontaneità dell'emergere, un lasciare accadere. 

Masanobu Fukuoka, padre dell’agricoltura naturale e autore del libro “La rivoluzione del Filo di Paglia"

"Chi semina, raccoglie" ... 
Chi costruisce, non semina. 
Chi raccoglie, si inchina. Un gesto, questo, così nobile e gentile se privo di convenevoli. Come nel caso di giardinieri e contadini, che si prostrano alla terra da coltivare per fecondarla. 

Raccogliere tiene in serbo nell'etimo la parola cogliere. 
Cogliere è un verbo ricco di sfumature, come ciò che evoca: il mistero della vita non si può e non si deve capire con uno sforzo intellettuale di pura ragione, pena la sua veridicità. Si può solo cogliere... 

Cogliere segnali
Cogliere la bellezza delle piccole-grandi cose
Cogliere il silenzio dietro le parole e le parole dietro ai silenzi
Cogliere sguardi, sorrisi o presentimenti
Cogliere i versi di una poesia, o un frutto maturo ... 

La vera vita scorre al di là di tutte le costruzioni. Fisiche, mentali, emotive.
Costruire definisce limiti alla spaziosità, impone forme, veicola direzioni.
Piantare accompagna il sorgere di nuove fioriture spontanee.

La natura è maestra di ritmo, di stagionalità, di ciclicità, di fluidità senza posa, di resilienza senza sforzo. Per questo la natura è intimamente poetica, per questo da che mondo è mondo, tutti gli esseri viventi provano una sorta di sollievo a trascorrere del tempo in ambienti naturali. È un richiamo salvifico dell'anima. All'avventura della coscienza, alla cura del giardiniere. Per questo - parafrasando Franco Arminio - 

abbiamo bisogno di contadini e di poeti. E di cedere la strada agli alberi


"I contadini dappertutto nel mondo 
sono fondamentalmente gli stessi. 
Lasciateci dire che la chiave per la pace 
si trova vicino alla terra." 

(Masanobu Fukuoka)



I pini secolari del Parco del Ninfeo, Roma luglio 2020


INCHINARSI

"Quando fai esperienza di qualcosa di molto più grande di te, sarai portato spontaneamente a inchinarti. Se vuoi diventare devoto, almeno una volta ogni ora, quando sei sveglio, unisci le mani e inchinati a qualcosa. Non importa a chi o a che cosa. Non scegliere. Qualunque cosa tu veda - un albero, una montagna, un cane, un gatto o altro - china la testa e basta. Non dev'essere necessariamente un atto fisico, può essere anche un'azione interiore. L'importante è farlo lungo tutto l'arco della giornata, una volta ogni ora. Vedi se arrivi a farlo una volta al minuto. Quando diventa una volta al minuto, non c'è alcun bisogno di usare le mani e il corpo: fallo semplicemente da dentro. Quando diventa il tuo modo di essere, sei devoto.
Una vita intera non ti basterà a capire una foglia, un elefante, una formica o un atomo. Non sei neppure in grado di raccapezzarti con una sola molecola di DNA. Tutto quello che non riesci a cogliere si trova in uno stato superiore di intelligenza esistenziale rispetto a te. Quando riesci a vederlo - a vederlo davvero - sei devoto.
Devoto è chi è disposto a dissolversi nell'oggetto della sua devozione. Se sei devoto alla vita, diventi tutt'uno con essa. Non essere estraneo al processo della vita. Sii devoto. Dissolviti"  
(Sadhguru - La Gioia è alla portata di tutti)  

Sii poeta, dissolviti. 
Sii poeta, raccogliti.

Ecco perché il poeta non si sbaglia, è un giardiniere dell'anima.

Porto Recanati, luglio 2020







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