28 ottobre 2022

Natarajasana | La posizione del Dio della Danza


Recita un detto zen:  "Quando la realizzazione è profonda, l'intero tuo essere danza". 

Amo evocare spesso lo Yoga come Poesia dell'Anima. La poesia è ritmo e armonia, danza e melodia. Yoga è inchino fluido nell'immersione del mistero che ci anima, visibile e invisibile.

"Sono radicata, ma fluttuo", scrive Virginia Woolf nel suo libro Le Onde.

"Io sono l'oceano, e ogni forma visibile è un'onda che danza in me: questa è la conoscenza" recita Sri Papajii nel suo poema Il Vuoto che Danza.

Natarajasana, Posizione del Dio della Danza, dedicata a Shiva nel suo aspetto di creatore dell'Universo, lo Shiva danzante (Nataraja). Un dio che crea il mondo con le vibrazioni della sua danza cosmica, l’estasi del movimento immobile, dell'espansione della Coscienza. Non c'è niente di più evocativo e rivelatore di una traccia fisica che si immerge nella splendente vacuità. Grazia in movimento, intesa di divina complicità. 

"La danza è davvero una risposta alla vita - scrive Murshid Samuel Lewis, mistico sufi -  Ci rende più vivi, cioè più spirituali.  Fa emergere la bellezza della forma e del movimento e avvolge la nostra personalità nel godimento di essi. Ci porta oltre noi stessi, portando un assaggio iniziale dello stato di non-essere, che è davvero un balsamo per l'anima.
La danza spirituale non ha altro scopo, nessun altro scopo che elevare l'umanità oltre il pensiero di sé, alla gioia, alla beatitudine, alla realizzazione e alla pace. 
Il danzatore sincero è uno dei migliori operatori per l'armonia universale, e quindi per la pace universale."

Nella postura del Signore della Danza Nata (danzatore) Raaja (Re, Signore) è l'equilibrio ad essere sollecitato, equilibrio più che da raggiungere, da riscoprire, fare emergere come una partitura primordiale scritta sul corpo. Un corpo spontaneamente proteso alla felicità che gli spetta, la Realizzazione del suo destino incarnato… 
A un passo dalla terra e dal cielo simultaneamente, protesi nel fermo suolo dell'impermanenza, inchino di sovrana fermezza, indecifrabile abbandono.

"Nella luce che accoglie dove non si patisce violenza alcuna perché lì, a quella luce, si è giunti senza forzare alcuna porta e persino senza aprirla, senza avere attraversato soglie di luce e ombra, senza sforzo e senza protezione" (Maria Zambrano, Chiari del bosco) 
 
L'India indù ha creato un'immagine splendida per descrivere il rapporto fra Dio e la creazione. Dio "danza" la creazione. Egli è il danzatore, e la creazione è la sua danza. La danza è diversa dal danzatore, eppure non esiste indipendentemente da lui. Non puoi portartela a casa in una scatola, se ti fa piacere. Nel momento in cui il danzatore si ferma, la danza cessa.
Nella nostra ricerca di Dio, pensiamo troppo, riflettiamo troppo, parliamo troppo. Anche quando guardiamo questa danza che chiamiamo creazione, pensiamo in continuazione, parliamo (a noi stessi e agli altri), riflettiamo, analizziamo, filosofeggiamo. Parole, rumore.
Stai in silenzio e contempla la danza. Limitati a guardare: una stella, un fiore, una foglia che appassisce, un uccello, una pietra... andrà bene qualunque parte della danza. Guarda. Ascolta. Annusa. Tocca. Assaggia. E, come è auspicabile, non passerà molto tempo prima che tu veda lui, il danzatore stesso!"
(Anthony De Mello, Il cielo a portata di mano. Quando il saggio indica la luna lo sciocco vede solo il dito)
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