03 agosto 2017

Lo sguardo primitivo: tutti dovremmo avere un compagno di avventure come Zorba




"Perché lui aveva tutto quello che serve a uno scribacchino per salvarsi: lo sguardo primitivo che agguanta fulmineo dall'alto il suo nutrimento; la naturalezza creativa, che si rinnova ogni mattino, con cui guardare incessantemente alle cose come se fosse la prima volta e che restituisce la verginità ai secolari elementi quotidiani - vento, mare, fuoco, donna, pane; la sicurezza della mano, la freschezza del cuore, l'ardire virile di beffarsi della propria anima, come se avesse dentro di sé una forza superiore dell'anima stessa; e infine la risata limpida e selvaggia che scaturiva da una sorgente profonda, più profonda delle viscere dell'uomo, e che nei momenti cruciali esplodeva liberatoria dal vecchio petto di Zorba; esplodeva ed era capace di demolire, e demoliva tutte le barriere - morale, religione, patria - che le persone sventurate e impaurite erigevano per sfangarsela senza troppi danni nella propria misera vita"  

Lo sguardo primitivo. Quante cose riusciamo a guardare ancora con lo sguardo primitivo, quanto ancora riusciamo a farci meravigliare dalla bellezza di creato, creatore e creature senza percepirne la differenza ma soltanto un anelito selvaggio a vivere? Vivere come se fosse sempre il primo e l'ultimo giorno, vivere abbondantemente nella presenza di ogni singolo istante che annulla distanze e pretenziosità mentali. Presenza, ecco quello che ci vuole. E' forse distratto un felino mentre sta puntando la sua prossima preda o un’orsa mentre sta facendo la guardia ai suoi cuccioli? Un'aquila reale, un condor, sono forse presi da altro quando si aggirano sui cieli scrutando la loro prossima fonte di nutrimento? E' forse distratto Zorba mentre agguanta il suo salterio e inizia a suonare come non ci fosse nient'altro da fare al mondo, o allo stesso modo agguanta il suo pezzo di carne e il suo bicchiere di vino, gioiosamente ingordo come non ci fosse un domani? Non c'è spazio per le pause cervellotiche nel ritmo sovrano della selvatichezza che richiama a una Forza più grande, una forza fatta di armonia più che di concetti: naturalezza creativa, appunto.



“Gli africani selvaggi adorano il serpente 
perché l’intero suo corpo tocca la terra, 
e cosí ne conosce tutti i segreti. 
Li conosce con il ventre, 
la coda, i genitali, la testa. 
È in contatto con la ­Madre, 
si mescola con essa.” 

(Nikos Kazantzakis - Zorba il greco)



Come ho scritto già altrove:


"C'è una forza che spinge ininterrottamente verso l'evoluzione, è la vita più forte di noi e di qualsiasi schema mentale, è la forza viscerale di un istinto che progredisce sempre verso la sua meta più alta. Per cui, meno cervello e più viscere. Le più grandi intuizioni nascono dal cuore, non dalla mente... Comprendere con le viscere non vuol dire tornare a uno stato brado di istintualità irresponsabile, ma vuol dire tornare a "conoscere con il corpo", accordarsi con quella intelligenza cellulare che restituisce potere all'anima selvaggia che scalpita dentro le gabbie anguste delle troppe teorie mentali".





"Zorba", dissi facendomi forza per non afferragli la mano, "Zorba, siamo d'accordo: vieni con me. Ho una miniera di lignite a Creta, sovrintenderai al lavoro degli operai. La sera ci sdraieremo noi due sulla spiaggia - io non ho moglie, né figli, né cani -, mangeremo e berremo assieme. Poi tu suonerai il salterio". 
"Se avrò voglia, hai capito? Se avrò voglia. Lavorare, quanto vuoi; sarò il tuo schiavo! Ma il salterio è un'altra cosa. E' un animale selvaggio, ha bisogno di libertà. Se avrò voglia suonerò; canterò anche; e ballerò lo zeimbekiko, il chassapiko, il pendozali - ma niente trattative, dovrò averne voglia. Patti chiari: se mi costringi, mi hai perso. In queste cose, sappilo, sono un uomo".
"Un uomo? Che cosa vuol dire?"
"Che sono libero"


Zorba incarna la resistenza all'addomesticamento culturale che, invece, invischia lo "scribacchino" in giacca e cravatta il quale sovvertirà presto tutti i suoi valori a contatto con la furia giocosa e tribale del suo futuro compagno di avventure ... Tutti dovremmo avere un compagno di avventure come Zorba il Greco. Il fatto è che... ce l'abbiamo eccome! Ci urla dentro più di quanto noi siamo pronti, forse, ad ascoltarlo, ci scalpita e ridacchia a colpi di tosse, battute impudiche e suon di salterio. Improvvisamente si dimena perché ha voglia di danzare, oppure diventa paonazzo perché ha fame o è preso dal furore di languire tra le braccia della sua donna, audace zingaro senza arte né parte ma con un cuore così grande e pulsante di vita da riuscire ad animare pure le pietre. 



"Ecco la vita da prendere: 
trovare il ritmo assoluto 
e seguirlo con assoluta fiducia"




Quanto prestiamo ascolto a questa voce? Quanto il dionisiaco strepitio di una notte senza stelle e persino senza dio (ammesso e non concesso che esista un dio all'infuori di noi) ci inchioda a testa in su pronti ad ammettere che non c’è nient’altro da ottenere, trattenere, afferrare, possedere? Che ciò che non vediamo non vuol dire che non esiste! Pronti all'ingordigia un po’ infantile ma non superficiale dello sguardo primitivo, la visione sognante e folle eppur così concreta e rudemente amorevole di chi è pronto a morire, a tramontare, a finire, a cedere all'impermanenza del transito di qualsiasi cosa senza darsi troppa pena e, non avendo nulla da perdere, ha tutto. Chiamatelo pure Zorba o Zarathustra, Durga o Tarzan! Chiamatelo come vi piace oppure lasciatelo anonimo e fiutatene la presenza sulla vostra spalla sinistra dove ama sostare il dio ignoto, il Daimon, la voce della vostra anima selvaggia, il richiamo della foresta, quell'arguta padronanza della conoscenza viscerale che fa dire ai Nativi di Pandora "Io ti vedo"




"Io ti vedo", è la splendida dichiarazione d'amore che si scambiano i Na'vi: ovvero, credo a ciò che i sensi mi manifestano; vedo che tu esisti e dunque ti rispetto, cerco di trovare con te un'armonia accettandoti per quello che sei. Non tento di trasformarti in qualcosa di simile a me, ma vengo a incontrarti nel tuo territorio. 

E' sempre questione di sguardi, di visione e di prospettive. Dunque, l
asciamoci sedurre dallo sguardo primitivo e un pò irriverente con cui gli aspetti più inconsueti della realtà si tendono a noi perché vogliono vederci ... vogliono vederci ... danzare. Danzare liberi e irresistibili come un colibrì davanti al suo fiore, libero di essere, autentico nell'inchino allo stato di grazia naturale. 

Il Colibrì è l’uccello più piccolo del mondo eppure il movimento delle ali può raggiungere la sorprendente velocità di 70-90 battiti al secondo e nelle fasi di corteggiamento arriva sino ai 200 battiti al secondo. Nessun altro uccello vivente sul pianeta può battere le ali tanto velocemente.  Il moto delle sue ali forma il simbolo dell'infinito. E' fra gli animali di potere più importanti per i Nativi Americani e simboleggia l'amore per la vita e la gioia di vivere.


"Se vi siete inceppati, danzate, correte, muovete il corpo, sciogliete i legami, respirate potentemente fino a dissolvervi nel vuoto dell’infinito, tremate, ridete, piangete, ruggite, ululate, non addossate agli altri le responsabilità ma abbracciate dell’altro l’anima che vi invita a danzare. Ognuno di noi non è mai solo, ha sempre uno spirito da coltivare e nutrire. Depersonalizzatevi, siate plurali come l’universo. Non prendete tutto in maniera personale, ma limitatevi a prendere tutto. Accogliete ogni esperienza come la vostra più grande benedizione perché tutta la vita non è che una grande esperienza di amore" 

(Tratto da: "Riprendetevi la vostra libertà, l'amore non è un'ancora, l'amore è il mare")



"Ci vuole un po' di pazzia 
sennò non potrai mai 
strappare la corda ed 
essere libero ..." 






"Sono morto come avevo sempre vissuto, 
con l'anima piena di carne
e la carne piena d'anima"






FUORI DAI LUOGHI COMUNI










"Tutto quello che occorre 
per gustare la felicità 
nel luogo e nel momento adatto, 
è un cuore semplice e modesto"





2 commenti:

  1. Anch'io sono un uomo controcorrente, benché abbia studiato Giurisprudenza.

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  2. Infatti, l'importante non è quello che fai ma quello che sei ;-)

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