22 giugno 2017

Marocco Chellan, le cicogne non portano solo bambini

Chellan, Rabat 2017 - Foto ©CECILIA MARTINO

Simbolo di rispetto per i genitori anziani, emblema del viaggiatore, ispiratrice di fertilità e di nuova vita, la cicogna è un elegante trampoliere che non è facilissimo incontrare. Eppure, nel mio ultimo viaggio in Marocco, ha voluto farmi visita, inaspettatamente e in un modo molto spettacolare. 

Chellan, Rabat 2017 - Foto ©CECILIA MARTINO


Più che una cicogna, sono intere famiglie quelle che si incontrano nel sito archeologico di Chellan, a Rabat. Una colonia sedentaria a molto estesa di cicogne bianche (Ciconia ciconia), comprensiva di 75 nidi all'interno del sito e 25 nidi all'esterno, in prossimità della muraglia. Tutti i nidi sono localizzati nella parte sud del sito. Questo può essere spiegato dal fatto che la parte nord è maggiormente esposta agli imprevisti climatici. Oltretutto le cicogne preferiscono nidificare dentro una colonia raggruppata con nidi il più possibile vicini l’uno all'altro. 

Chellan, Rabat 2017 - Foto ©CECILIA MARTINO

L’effetto sorpresa è anticipato dal suono – simile a una bacchettata nel vento – che si sente echeggiare non appena si varca la soglia del sito, poco prima di accedere all'area archeologica vera e propria camminando tra il verde della vegetazione rigogliosa. Aguzzando la vista si iniziano a notare le sagome delle cicogne disposte sui cucuzzoli dei minareti e nelle parti più alte delle rocce rupestri. Un colpo d’occhio incredibile e non ci vuole molto affinché l’attenzione sia catalizzata molto più su di loro che sul sito archeologico in sé. Sono i custodi del luogo in tutto e per tutto, se ne percepisce la padronanza, la spavalda potenza che diviene bellezza di giravolte e impicchiate nel cielo mentre svolazzano con aperture alari considerevoli.
Ti spronano a guardare in alto, tutti i visitatori lì presenti sono a testa in su, è irresistibile il richiamo.


Ti spronano a guardare in alto
, eccola la prima formula magica che arriva!

Chellan, Rabat 2017 - Foto ©CECILIA MARTINO


Informandomi, a posteriori, sul significato e sulle leggende legate alla cicogna, scopro che – al di là del più noto legame con i bambini, la natività etc. – ce n’è uno ben più radicato nello spirito di questi volatili: fedeltà di coppia e rispetto per i genitori.

Genitori, avi, antenati. La spina dorsale di tutte le creazioni in vita che non si può evitare di affrontare, prima o poi… Che ci abbiano consegnato in eredità traumi, ferite, gioie e talenti, a loro dobbiamo inchinarci, benedicendone l’origine suprema: la Grande Madre generatrice di vita. Cicogna, sacra a Era e a Giunone, dea della maternità, delle donne assistite durante il parto. Cicogna, accanita distruttrice di serpi e, come tale, simbolo di alta virtù. 



Ma soprattutto, Cicogna, animale compassionevole: la pietas verso i genitori anziani e incapaci a badare a se stessi sostiene le sue nidificazioni e migrazioni, in primavera, periodo della rinascita della natura e della vita. Lo stesso nome “cicogna” in ebraico suona “chassìd”, letteralmente tradotto come “pietà”. Si narra che, durante i lunghi viaggi di trasferimento dai paesi più caldi verso il Nord, le cicogne portassero su di se i parenti vecchi e deboli. Sarà per questo che, tra l’altro, il loro volo somiglia ad un angelo. Gli Egizi usavano la cicogna per simboleggiare un uomo che ama il padre. Nella Roma antica era chiamata lex ciconiaria (“legge cicogna"), la disposizione che obbligava di prendersi cura dei propri genitori.

Chellan, Rabat 2017 - Foto ©CECILIA MARTINO



"Fra gli uccelli, la cicogna dà mostra di un elevatissimo senso della giustizia. Essa nutre i propri genitori sin da quando le sono spuntate le ali, e non si propone altro scopo se non quello di contraccambiare a sua volta i benefici di coloro che l'hanno beneficata" .
(Filone di Alessandria)

Genitori, avi, antenati… oh come risuona l’eco dell’anima selvaggia che scardina radici prima ancora di saper volare! Per guardare in alto non si può evitare di immergersi nel radicamento fertilizzante che tra origine dalle parti più scomode, spesso perché dolorose, del nostro passato più ancestrale: nutrimento psichico ereditato dall'albero genealogico. L’Albero della Vita. Al quale dobbiamo riconoscenza, gratitudine, fiducia. Malgrado tutto. Un albero con radici e ramificazioni che sconfinano i territori noti e che ci uniscono all'Anima del mondo per sempre e da sempre. Mi sembra quasi di udirlo, il suono della gratitudine espansa all'universo! Il suono stridente dei becchi lunghi, diritti e aguzzi delle cicogne conferisce un ritmo al silenzio che spira, confortandomi. Percepisco codici che non mi so spiegare, in quegli strascichi acuti di vertigine alare, li lascio risuonare sorridendo fiduciosa a tutto ciò che ancora non comprendo. 


Chellan, Rabat - Marocco 2017 


Svetta in alto, in allineamento quasi perfetto con il sole, una cicogna che mi sembra un po’ più anziana delle altre, ha un piumaggio sotto al collo particolarmente pronunciato. Sembra una barba, e mi comunica timore reverenziale, compostezza, serietà e serenità. Mi fermo a guardarla, a contattarla, a respirarla, a fiutarla, l’alone del sole la rende ancora più attraente, magnetica, con un’aurea divina. Oh Zeus Zeus dai mille volti! Oh Buddha compassionevole! Sono pochi attimi di intensa meraviglia, finisco per scrutare l’emozione che incalza continuando a fissare la postura immobile di quel dio ignoto così audace da costringermi alla commozione, poco prima di andare via da lì. Ma cos'è che mi fa tremare?


Preferisco fare errori
nella gentilezza e compassione 
che miracoli nella cattiveria e durezza

(Madre Teresa di Calcutta)


Mi stavo congedando da un nido recondito fatto di risentimenti, incapacità di comunicare, paura di sbagliare. Mi stavo congedando da una Bambina ferita che, timorosa, guarda il Padre dal basso, lontano, quasi irraggiungibile. Mi stavo congedando dal tempo che “rimuove” per entrare in quello che “trasforma”, dalle sabbie mobili dell’irrequietezza al magma fluido e fluente della donna selvaggia con la pietà filiale non più come zavorra ma come trampolino. E la fertilità di quel momento di consapevolezza acuto e lancinante come un parto, non può che essere simile alla gestazione di un bambino. L’ultima domanda affiora, sorniona di corrispondenze polisenso: “Cicogna, me lo consegnerai maschio o femmina?”

La fertilità della Donna passa per l'inseminazione che proviene da forze, energie, elementi sottili appartenenti al mondo dell'invisibile e non solo a quello della "realtà quotidiana" (ma quale realtà poi? Ricordiamolo sempre). La "fedeltà di coppia" a cui lo spirito della cicogna allude, non può che iniziare dalla fedeltà verso se stesse/i che è capacità di ascoltarsi, di essere integre/i e integrali nel perseguire la propria essenza, missione dell'anima, mandato celeste o come si voglia chiamare quella "cosa" che più ci dà gioia e ci permette di esprimere al meglio la nostra creatività. Una nuova vita (in senso metaforico e letterale) non può che iniziare dall'atto creativo per eccellenza: l'amore verso la totalità del nostro Essere e del nostro essere speciali così come siamo.

Tempo fa, nemmeno troppo lontano, scrissi una lettera che per me fu molto importante proprio ai fini di questa onestà selvaggia che vuol dire stare dalla parte dell'anima-Daimon, costi quel che costi. Mantengo il destinatario della lettera segreto per ovvi motivi di privacy ma quello che posso dire è che la sua risposta fu una travolgente ondata di grazia e calore amorevole a testimonianza del fatto che, avendo il coraggio di amarsi fino alle ossa, si risorge sempre. Ne riporto qui solo un breve estratto che ha a che vedere con le cicogne molto più di quanto si possa immaginare!





"Vuoi sapere qual è la mia musica? La mia danza nel gioco della vita? La mia esperienza scelta dall'anima in questa incarnazione, per dirla in termini più "yogici"? È quella di una donna che ama le donne e che, per scelta, non metterà al mondo figli. È quella di una donna che ama le donne e che accoglie e vive il dono della maternità in un altro modo, perché una donna può coltivare la sua fertilità partorendo idee, progetti, bellezza da condividere con il mondo, avendo cura di partorire giorno dopo giorno una vita creativa, ispirata, in contatto con la sua anima e il più possibile aderente alla sua integrità. Per me essere donna vuol dire (anche) questo e ci sono molte altre donne che, come me, ma non necessariamente per una scelta di orientamento sessuale, non sentono la necessità di mettere al mondo figli, non hanno questa "chiamata" e non per questo devono viversi la loro condizione come "antinaturale". In tempi passati sarebbero finite sui roghi, ma credo sia tempo di porre fine a questo scempio, retaggio di una cultura patricentrica violenta e conformista, in cui tutto ciò che sembra fuoriuscire da qualche schema viene tacciato come diabolico, demoniaco, depravato. I simboli del maschile e del femminile sono simboli di energie positive e negative in senso puramente vibrazionale che ciascuno deve integrare dentro di sé, la vera unione maschile-femminile avviene nell'Androgino divino che tutto incarna e tutto ama. Ciascuno di noi è un piccolo Universo, lo sappiamo bene, e non c'è dubbio che la Via sia quella di armonizzare yin e yang e tutte le dualità relative ai poli opposti, ma ciascuno di noi è anche un'anima incarnata con un suo karma, una sua missione specifica e peculiari esperienze da fare e non esistono percorsi sbagliati per principio. Le anime si incontrano, al di là dei sessi e della genitalità, hanno qualcosa da compiere insieme o condividere, foss'anche un puro momento di estasi sensuale o di commozione per la bellezza di un tramonto sul mare. È creazione anche questa! L'unico vero atto contro-natura, per come la vedo io, è vivere una vita da automi, meccanica e senza anima, filtrata da schemi sociali, religiosi, culturali e di qualsiasi tipo, che impediscono al vero potenziale di ciascuno (che è unico, insostituibile e irripetibile) di venire fuori. L'omofobia e le sue tante vittime non sono che una conseguenza del nostro modo di pensare, troppo a lungo ancoratosi a un senso di peccato, di colpa, di espiazione e di punizione, che non ha niente a che vedere con ciò che di più sacro c'è nell'esistenza: l'Amore. L'amore non giudica, non categorizza, non interpreta, non ha bisogno di essere accettato, definito, giustificato. L'amore ama e basta. L'amore accoglie. L'amore crea e lo fa in tutte le forme possibili, non solo nel rapporto uomo-donna finalizzato alla procreazione e riproduzione della specie".


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On the road, verso Rabat - Marocco 2017




Il buddhismo tantrico afferma che la "Buddità
risiede negli organi genitali femminili".
Nel Kamasutra è detto che nel rapporto sessuale
la donna prova un godimento infinitamente più profondo
di quello dell'uomo perché prova 
"l'ebbrezza della coscienza di sé".
Ed è questa "ebbrezza" a cui il corpo della donna
sembra tendere
al di là di qualsiasi finalità riproduttiva.
Questa ebbrezza è sorella della Selvatichezza,
che pulsa nel nostro corpo.
La Donna anela alla Selvatichezza,
ma purtroppo ha imparato ad averne paura.

(Cinzia Contarini, "Luna, Corpo, Amore")

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11 giugno 2017

Viaggi Marocco, la Kasbah di Rabat e l'incontro con lo Spirito del Blu

Kasbah des Oudaias, Rabat 2017

Sapevo che prima o poi sarebbe successo: l’incontro molto ravvicinato con lo spirito del mio colore preferito: il blu. A dirla tutta, la tappa a Rabat è stata appositamente escogitata per poter visitare la Kasbah des Oudaias, ovvero il quartiere fortificato della città, noto anche come “little blu city”. In effetti, più che un quartiere è una città nella città e più che una città è una sorta di bomboniera dalle atmosfere andaluse e greche, paradiso di artisti, nostalgici, gatti e turisti dallo schiamazzo facile. Ma quel blu che ansima in sincrono con il bianco è talmente feroce che ogni fastidio s’inchina alla benedizione di stare partecipando a qualcosa di grande, o anche semplicemente Bello. Ad ogni passo tra le vie sghembe e acciottolate, rischio di cadere tanto sono rapita dal colore che amo: muri blu, porte blu, finestre blu, vasi blu, tettoie blu, secchi della pattumiera blu. Un blu reso ancora più intenso dal Ramadan: durante questo periodo, infatti, nella kasbah uno dei modi per fare festa è quello di ritinteggiare tutto di blu fresco. 




Tra una pennellata e l’altra, con una salita nemmeno troppo faticosa, si arriva al punto panoramico maestoso anch’esso come tutta la fortezza e si assiste allo spettacolo della vista su Rabat, la vicina Salé e l'incontro dell'uadi Bouregreg con l'oceano le cui onde sono puntellate da surfisti che sembrano miniature di fronte a tanta immensità. Posso sentirmi respirare nel vento che soffia forte, quasi cantilendando, le preghiere dei moriscos, i musulmani andalusi espulsi dalla Spagna che arrivarono qui agli inizi del XVII secolo battezzando il luogo come Kasba Andalusa. E poi, quando gli occhi mi si sono riempiti di tutte le sfumature celesti, azzurre e blu dell’oceano e del cielo fusi insieme in una sorta di amplesso cosmico, chiudo gli occhi e il fruscio del vento tra i capelli mi mima i gesti rituali della tribù araba degli Oudaya, cacciata da Fès e trasferitasi tra queste mura arzigogolate. 


Veduta dell'oceano dal Belvedere monumentale della Kasbah, Rabat 2017

Quanta gente passata da qui, quante storie e memorie, quanta pazienza appartiene al mare! Un sussulto mi coglie, impavido e indefinito come lo strascico che lascia l’osmosi del surfista sulla cresta della "sua" onda. Uno spirito vitale mi vocifera qualcosa sull’arrendevolezza che non è passiva resa, è diventare complici di una volontà universale. “Sei appena passata davanti alla porta blu della fortuna Dar Baraka e non hai nemmeno espresso un desiderio” – sussurra la vocina. Ma è tutto così perfetto, che mi sono dimenticata di desiderare. Eppure "la Trasformazione è collegata ai desideri. Sono i desideri che ci cambiano e ci conducono. Tu devi imparare a comprendere i tuoi desideri e ad esprimerli. Cosa desideri?" (Cinzia Contarini, "Luna, Corpo, Amore")


Togliamoci ogni dubbio: DESIDERARE O NON DESIDERARE?


Kasbah des Oudaias, Dar Baraka, la "Porta della Fortuna" - Rabat 2017 - Foto ©CECILIA MARTINO

L'azzurro è uno stato dell'anima, 
non nella transizione, 
non nel movimento, 
ma uno stato suo proprio, plurale, complesso, 
ricco di sfumature. 
L'anima svanisce in quanto sostanza pesante, plumbea, 
che sovraccarica la mia personale interiorità, 
per ricomparire come risonanza umbratile, 
un sottofondo, 
una dimensione ulteriore delle cose così come sono.
(James Hillman)



Dialogare con gli spiriti è importante per tenere attive le forze vitali che scorrono sottilmente dentro di noi, perché gli spiriti sono energie celesti (del cielo) profuse sulla terra al fine di spiritualizzare la materia, per questo James Hillman collega il "fare anima" al creare una Terra Celeste. "La terre céleste è immaginata come un trono di pietre preziose, come un caelum azzurro o come una coltre di luce che dona calma, come l'infinita geografia del cielo con le proprie montagne [...] La terra che dobbiamo recuperare per sentirci meno vulnerabili ai nostri pensieri impensati e alle nostre idee subconsce, è la terra al di sopra di questa nostra terra, la terre céleste, da cui le radici dell'albero della Kabbalah traggono la loro forza, ma anche la terra che si trova profondamente al di sotto di questa, nel profondo freddo e nella quiete dove le immagini fluttuano nel silenzio" (James Hillman, "La buona terra: immaginaria o letterale")



La terra (che dobbiamo recuperare, facendo eco ad Hillman) è il calderone nel quale avviene il processo alchemico della trasmutazione che è spiritualizzazione di sostanze grezze, il calderone è come l'utero della donna, il ventre della Madre Terra, là dove scorrono energie invisibili che sta a noi riprendere a contattare, mantenere vitali, permettere loro di fluire, di non stagnare mai, di non bloccarsi per intensificare le nostre vite. Dialogare con gli spiriti aiuta in questo processo di smaterializzazione della realtà, di circolarità fluidica con l'universo che vive in noi ed evolve attraverso di noi, aiuta a costruire ponti tra la materia visibile e la sostanza animica invisibile di tutto ciò che esiste, migliora la nostra parte selvaggia, creativa, istintuale. Che poi è il "segreto" degli sciamani di tutti i tempi: la psicopompia, l'arte di traghettare tra i mondi visibili e quelli invisibili. Che poi è un'attitudine che ognuno di noi può risvegliare e a cui le donne - per specificità fisiologiche legate al ciclo mestruale - sono più propense per natura. 







Fra poco dileguano pesci e fiere.
O anima azzurra, oscuro peregrinare
Ci staccò presto dai cari, dagli altri.
La sera muta senso e immagine.


(Georg Trakl)

L'anima peregrina diventa "l'anima azzurra" nelle poesie di Trakl e, come lui, di molti altri poeti. Sembra appartenere a questa tonalità una malinconia di fondo dovuta all'erranza di chi sa che per trovare la quiete, la vera dimora del grande Sè, deve poter lasciare brandelli del piccolo sè ovunque vada, in un processo di morte e rigenerazione continuo. Deve saper continuamente "tramontare", come piacerebbe dire a Nietzsche, e cosa è il tramonto? "Il tramonto è il perdersi nel crepuscolo spirituale dell'azzurro", risponderebbe Heidegger. 

Tra l'altro il blu è uno dei colori sciamanici, insieme al giallo e al rosso. Il blu è colore del Visuddha chakra, il centro energetico del corpo sottile secondo la fisiologia esoterica yogico-tantrica, corrispondente all'area della gola /tiroide e della comunicazione, dell'espressione della propria integrità. E' il centro dove dimora lo spirito del Drago, il cui fuoco che sputa dalle fauci è potenza di comunicare senza incenerire chi ascolta, di tirare fuori ciò che ha dentro perché le fiamme altrimenti lo divorerebbero, pur rimanendo nell'empatia, en pathos. Il drago azzurro è anche il simbolo degli spiriti Hun che la Medicina Cinese associa al fegato e, tanto più si è in uno stato di quiete, tanto più prevalgono i draghi azzurri, mentre negli stati di maggiore agitazione emotiva, prevalgono i draghi rossi. 




Blu è anche uno dei colori esoterici di Kandinskij e di Chagall, blu è il colore di Israele – come mi spiega la guida improvvisata al suq di Casablanca – nonché un ottimo rimedio anti-zanzare che un po’ meno romanticamente, spiegherebbe il suo uso-abuso nelle varie “città blu” marocchine. 
È il colore a cui Kandinsky dedica la poesia “Vedere”

Azzurro, Azzurro s'innalzava e precipitava.
Acuto. Sottile fischiava e si conficcava, ma non trapassava.
Risuonò per ogni angolo.
Densobruno incombé come su tutte le epoche.
Come. Come.
Più larghe allargando le braccia.
Più largo. Più largo.

Il blu è stato un colore prezioso per gli artisti nel vero senso della parola in quanto – nei tempi in cui i colori venivano tratti soprattutto dalle tinte naturali della terra -  richiedeva l’utilizzo dei lapislazzuli che dovevano essere importati dalle zone arabe e lavorati tramite macinazione (per approfondire consiglio la lettura di questo interessantissimo articolo: The Bluest Color Marc Chagall)

Il blu è il colore degli Avatar e delle  divinità del pantheon induista, è uno degli spiriti con cui poter praticare la meditazione Kasina abbinata, appunto, al colore: si esegue fissando un punto centrale di un cerchio blu disegnato sopra un foglio bianco appeso alla parete, cercando di mantenere il focus su quel punto il più a lungo possibile senza batter ciglio. Immediatamente, o dopo che si giunti ad un adeguato stato di trance tramite l'abbandono allo spirito del blu, giungeranno emozioni, sensazioni, ricordi, immagini che si lasceranno affiorare senza interpretarle, piuttosto dipingendole di blu. Fluire con il colore è riassorbire la realtà materiale e il nostro ego cavalcando l'arcobaleno della splendente vacuità senza attributi. 




Marc Chagall, Gli amanti in blu, 1914





















Rudolf Steiner ci dice: “Nello sperimentare in noi stessi l'elemento vivente del fluire del colore, noi riusciamo ad uscire dalla nostra persona e a partecipare delle vita cosmica. Il colore è l'anima della natura e dell'intero cosmo, e noi prendiamo parte a quest'anima in quanto partecipiamo, sperimentando, alla vita del colore”.

Il blu, come gli altri colori, lo si può anche respirare, abbinandolo a una pratica di pranayama che in un antico testo sullo yoga viene così descritta: 

"La respirazione colorata consiste nell'evocare mentalmente una sensazione di colore è nell'intensificarla al momento della ritenzione del respiro, come se l'aria che si respira fosse colorata. I colori più ricordati sono il viola, il rosso, il giallo, il verde, l'azzurro. Ed ecco come ci si può rendere conto dell'intensità della sensazione evocata: dopo aver riempito i nostri occhi del colore prescelto, si guarda un foglio di carta bianco, che apparirà colorato del colore complementare. Per esempio, se si è visualizzato il colore rosso, la carta apparirà verde; apparirà rossa se si sarà visualizzato il violetto, l'arancio se si sarà visualizzato l'azzurro." (Mir Shemesh, "Occultismo orientale e Filosofia Yoga"). 


Un quadro appeso nel mio bungalow nella Riserva ecologica Pachijali, durante un  viaggio in Ecuador.
Gli spiriti sanno sempre come parlarti!

Infine, difficile dire cosa sia il blu per me. Ma non sempre bisogna trovare le parole. Specie quando si ama intensamente. Blu elettrico sono stati i miei primi anfibi da liceale, le rifiniture della mia cameretta in legno da adolescente, l'alone del mio tatuaggio a spirale sulla mano sinistra da adulta. Blu elettrico sì, come quell'Electric Self testardamente evocato dal poeta Withman. Blu è ogni volta che mi smarrisco e, puntualmente, qualcosa mi strappa un sorriso. Blu è quando indosso tutti i miei sbagli e ne faccio fagotto per continuare il cammino leggera e grata. Blu è il mio essere e non essere, è la vita che mi è stata cucita addosso, è ciò che rimane di me quando mi tolgo tutti i vestiti e la mia nudità svanisce nel nulla. Blu è quando sono malinconica e non faccio niente per evitarlo. Perché un destino è un destino ... 

On the road, verso Rabat - Marocco 2017 




O blu del mondo, 
o blu che tu mi hai recitato!
Io rivesto il mio cuore di specchi. 
Un popolo di carte stagnole
sta al servizio delle tue labbra: 
tu parli, tu guardi, tu regni.
Il tuo regno sta aperto, illuminato di te.
Se però si fa scuro in te, se cede il blu
fratello mondo dal centro delle tue parole,
metti le sbarre alla porta dell’immenso:
voglio nascondere i frantumi alla parete del cuore −
Rimane in questa camera il tuo andare un venire.

(Paul Celan, Sotto il tiro dei presagi. 
Poesie inedite 1948-1969)




A proposito di dialogare con gli spiriti


.... in arrivo il simbolo della CicognaDa Casablanca ... 
STAY TUNED 





08 giugno 2017

#VIAGGI CASABLANCA, IL FARO E L'OCEANO. UNA LUCE PER RITROVARSI L'INFINITO PER PERDERSI



Vista del faro di El Hank dalla mia camera, Casablanca 2017 -  Foto ©CECILIA MARTINO

L'oceano ha una voce che non la si può ascoltare, ti ci devi proprio immergere e dimenticarti di sapere stare a galla… L'oceano è stata la prima e l'ultima parola del viaggio a Casablanca perché ci dormivo praticamente sopra… Altro che camera vista mare, era il mare a guardare indomito, così vicino che distendersi sul letto era come veleggiare e assistere al miracolo: potersi sentire intimamente cullati da una città di oltre 4 milioni di abitanti! E poi il faro di El Hank, proprio lì davanti con la sua luce divelta a confonderci le stelle in cielo! Il mio primo risveglio, la mattina dopo dell’arrivo, è scandito più che dal Saluto al Sole, dal Saluto al Faro che poi, metaforicamente, è un po’ la stessa cosa.  

Alzandomi prima dell’alba (con la complicità del fuso orario!), le luci della notte sono ancora vivide e il cuore pulsante del faro fende la prospettiva aerea di linee luminose che si perdono all'orizzonte … “per far ritrovare la rotta ai marinai” sussurra una vocina e mi immagino navi, lampare e barcaioli con la malinconia dei porti e degli approdi tatuata sul corpo prima ancora della malia di tessere nuove rotte. E sento quasi balbettare la vecchia città berbera dalle cui ceneri svettano i grattacieli e gli hotel patinati di Dar El Baida, meglio conosciuta come Casablanca.

Inizio a respirare lentamente per concedermi tutta la profondità del ruggito oceanico, le onde frastornano il silenzio di quelle prime ore mattutine e assecondano la selvatichezza del risveglio. Piedi ben puntati a terra, la luce del faro che appare e scompare, le onde dell’oceano bianche a partorire Venere di spuma afrodisiaca ad emanare l’odore del Creato. E’ la gioia di perdersi e ritrovarsi che voglio contattare con questi due spiriti a farmi da mentori mentre inizio a muovere il corpo con qualche asana di yoga, focalizzando respiro e movimenti sulla presenza di Faro e Oceano. Una luce per ritrovarsi, l’infinito per perdersiLa luce che proietta l’ombra dalla superficie degli abissi. La luce nella notte, l’abbaglio nell'oscurità, la luce che punteggia anche le notti più buie dell’anima, acque torbide e impetuose.

Casablanca, Giugno 2017 - Vista della Moschea di Hassan II  - Foto ©CECILIA MARTINO

La vita non è una serie di lampioncini 
disposti simmetricamente
la vita è un alone luminoso,
un involucro semitrasparente 
che ci racchiude
dall'alba della coscienza fino alla fine

(Gita al faro, Virginia Woolf)



L’aria è fresca, saranno le cinque del mattino, i miei pochi abiti addosso traspirano salsedine, fuliggine e sazietà. Sazietà di cosmo e universo che, in quei pochi momenti di abbandono davanti al faro dell’attenzione cosciente, mi sposa rinnovandomi la promessa: 

“non sei sola, non sei mai sola. Ricordalo sempre. Il tuo faro è sempre lì e brillerà sempre nelle notti più buie della tua vita. Ricordati di questo momento, è dentro di te la tua luce, sempre troverai ciò di cui hai bisogno, è dentro di te la tua ombra, sempre troverai ciò di cui hai bisogno. Ricorda chi sei!”

Approfitto di questo momento magico per recitare interiormente il mantra della luce per eccellenza, il Gayatri, tra le gemme più preziose e antiche dei Veda (quando possibile, è un canto che amo fare al mattino ovunque io vada: guarda il video Gayatri Mantra a Formentera). Nel Gayatri mantra, detto anche Savritri mantra, la divinità impersonale assume espressamente le qualità sottili del Sole quali forza di visione, chiarezza, volitività, illuminazione, luce appunto. 

Mentre il battito luminoso del faro cessa per lasciare spazio alle sfumature mattutine del sole che avanza in cielo, rendo chiaro il mio respiro proponendomi di lasciare andare parti di me che non servono più. È sempre un buon modo di iniziare la giornata, quello di morire! Si muore quando si vince la paura a rimanere se stessi ostinatamente, o meglio, a quello che si pensa di essere. Farsi vuoto e lasciarsi spazio per fluire, e come non ricordarselo con la cantilena delle onde di sottofondo! Fluire, impermanenza, fluire, impermanenza, fluire, impermanenza…

Fluire in tutte le direzioni possibili, in tutti i mondi visibili e invisibili, perché Casablanca o Torino non sono forse luoghi della psiche in cui dialogare con questo mio corpo fatto di acqua, terra, aria e fuoco? Fluire, svanire, morire e rinascere ogni attimo, senza paura, senza tregua. Quell'attimo è l’unica cosa che esiste.

E una mattina, all'improvviso
ho danzato i miei passi sull'acqua e 
disegnato spirali sulla sabbia
come non ci fosse nient'altro da fare
per essere felice. Ed era vero.





Se ci si riappropria della dimestichezza, congenita all'anima selvaggia che tutti ci appartiene, a dialogare con la voce enigmatica di ogni cosa, con la parte invisibile della realtà visibile, ogni cosa si svela sotto una nuova luce. Non è forse questa la magia? Che l’Oceano Atlantico con il suo incalzare onesto possa invitarmi nell'abbraccio trasparente delle onde e rendermi amante, figlia, madre e sorella di ogni singola goccia d’acqua sul mio corpo tremante di freddo e sangue? Se correre a piedi nudi a braccia aperte con il cuore in gola verso le sponde di una vertigine di mare è molto più che farsi un bagno fuori stagione, è gioia che diventa perturbazione, danza di elementi, di fato e di voluttà, coscienza che sfalda territori già conosciuti per tracciare nuovi cammini, dall'Ignoto in poi. Per parlare linguaggi intentati e abitare vocabolari silenziosi eppure sonori come può esserlo il fruscio di un bosco alla sera, il rintocco di una campana in un villaggio di campagna o il boato delle onde del mare. Linguaggi evocativi, vocativi, poetici…






Sono Luce pura, figlio mio.
Non sono una manciata di polvere inutile.
Non sono solo una conchiglia vuota.
Sono una perla regale formatasi in questo mondo!
Chiudi gli occhi e diventa consapevole di me.
Percepiscimi con gli occhi che vedono l’invisibile.
Entra nel mistero per trovarmi.
Sono un visitatore sereno qui per te.

(Rumi) 


Quando ho disegnato una spirale al suolo spianato della battigia sull'Oceano, mi sono inchinata alle ultime mie resistenze e, chiedendo il permesso allo spirito del luogo, mi sono contorta nelle viscere ctonie della Terra, mimando il simbolo che più di ogni altro esprime il movimento ciclico della vita, con le sue stagioni, le sue semine, le sue raccolte, le sue nascite, le sue morti. Tempo di circuire il tempo, e l’onda già aveva inghiottito la spirale incisa sulla sabbia. Come i mandala dei monaci tibetani... lasciandoli svanire, l’impronta di ciò che conta, rimane. Invisibile agli occhi, come l'essenziale. 


 "L'acqua di un fiume si adatta al cammino possibile, senza dimenticare il proprio obiettivo: il mare "
(Paulo.Coehlo) - Casablanca, Giugno 2017 - Foto ©CECILIA MARTINO


Capire che cosa è lo spazio!
La sovrabbondanza di tutto, che non ci sono confini, 
emergere ed essere del cielo, del sole e della luna e delle
nuvole che volano, loro compagni.

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Eppure, oh anima suprema!
Conosci tu le gioie della meditazione?
Le gioie del cuore libero e solitario, il tenero, il tenebroso 
cuore?
Le gioie del camminare da soli, lo spirito incurvato ma 
orgoglioso, la sofferenza e la lotta?
Gli spasimi agonistici, le estasi, le gioie della solenne 
meditazione giorno e notte?
Le gioie del pensiero della Morte, le grandi sfere, il 
Tempo, lo Spazio?
Le gioie profetiche degli ideali di un migliore, più nobile 
amore, la sposa divina, il dolce, eterno, perfetto 
compagno?
Gioie tutte tue, tu, immortale, gioie degne di te, o Anima.


Oh mentre vivo, essere dominatore della vita, non schiavo,
 incontrare la vita come un potente conquistatore, 
non ansie, noia, non più lamenti o critiche piene di scherno, a queste orgogliose leggi dell’aria, dell’acqua e della
terra, mostrare la mia anima più interna
inespugnabile,
e che niente dall'esterno potrà mai prendere il potere su 
di me.


Perché non solo le gioie della vita io canto, ripetendole —
anche la gioia della morte!
il toccarci sublime della Morte, che calma e intorpidisce 
per pochi attimi, a ragione,
io che mi disfo del mio corpo escrementizio per essere 
bruciato, o restituito alla polvere, o sepolto,
il mio vero corpo indubitabilmente lasciato a me per altre 
sfere,

il mio corpo svuotato, niente più per me, che si volge 
alle purificazioni, a ulteriori compiti, agli usi eterni della terra.


Oh, attrarre con qualcosa di più che l’attrazione! 
Come accade non so — eppure guardate! ciò che non
obbedisce a niente del resto,
è all'offensiva, mai sulla difensiva —
 eppure con quanta forza magnetica attira.

(Da "Un canto di gioie" Walt Whitman)






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