Isola degli hippie, dei vip e dei calciatori, ultimo paradiso del Mediterraneo, perla delle Baleari… in tanti modi viene definita Formentera ma ora io proverò a non ri-definirla, lasciando piuttosto che a parlare sia l’anima del luogo che così ardentemente ha dialogato con la mia durante il tempo di permanenza in loco. E se proprio dovessi iniziare dando un titolo a questo racconto, mi piacerebbe sussurrarlo alle orecchie di chi lo leggerà così: preparati a viaggiare leggero, il "viaggio dell’eroe" ammette molti più imprevisti di quante certezze tu possa anche solo immaginare.
***Al di là di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, esiste un campo immenso. Ci incontreremo lì*** (Rumi) |
PRIMO ATTO: LAVORI IN CORSO
Chiunque si appresti a trascorrere qualche giorno a Formentera, desidera godere del mare, delle spiagge, del sole di un’isola che non ha nulla da invidiare ai paradisi tropicali d’oltreoceano. Bastano solo un paio d’ore di volo dall'Italia e si è catapultati in un universo balneare davvero strabiliante: acque dalle sfumature turchesi, verde smeraldo, blu, fondali tersi, spiagge lunghissime dalla sabbia bianca e fine, baie, cale e calette separate da speroni rocciosi che restituiscono un ritmo preciso ai panorami che si godono da ogni punto dell’isola…
Il primo benvenuto lo dà la sorella maggiore di Formentera, l’altra componente delle Isole Pitiuse: Ibiza. Dal porto di Ibiza con il traghetto veloce (io ho viaggiato con Balearia con tanto di wifi a bordo!) in una mezz'oretta si approda a La Savina, il porto di Formentera. Da qui si può pensare di noleggiare subito macchina o scooter e di recarsi in autonomia nel proprio luogo di soggiorno, oppure prendere un taxi come ho fatto io insieme alle mie compagne di viaggio. Destinazione: Es Pujols, ideale come base trovandosi a circa dieci minuti dal porto.
Il mio hostal (Hostal Alemania) così come quello delle mie amiche (Capri) si trova nell’Avinguda Miramar, l’arteria principale che sfocia direttamente sul lungomare a sua volta pieno di locali e ristoranti che, al nostro arrivo (il 25 aprile), erano per lo più tutti chiusi!
***Pasito a pasito, ci si ferma sempre al momento giusto*** Foto ©CECILIA MARTINO |
Primo suggerimento: se non si vuole perdere nemmeno un giorno di “vitalità” isolana (compreso il famoso Mercato Hippie di El Pilar de La Mola), conviene scegliere come periodo di soggiorno date a partire dal 1 maggio in poi.
Altro punto di vista: la dimensione che ho potuto godere è stata a dir poco anomala e insospettabile. Ci ho pensato a lungo successivamente e questa sensazione non mi ha mai abbandonata per tutta la permanenza sull'isola. E’ come aver assistito a un “dietro le quinte” della preparazione di uno spettacolo, un backstage dell’isola che veniva vestita a festa per iniziare il suo grande ballo.
La sera del 25 aprile c’erano pochissimi locali aperti a Es Pujols e gli unici frequentatori del luogo sembravano essere gli operai che ci lavoravano: c’erano locali completamente in ristrutturazione, altri che stavano nascendo dal nulla, negozi in apertura, passerelle di legno sulla spiaggia che stavano prendendo forma tra ruspe e segnaletiche da cantiere, il sottofondo del mare velato dal rombo di trapani e seghe elettriche… Ebbene, a dispetto di quanto si possa essere tentati di pensare, tutto questo ha aggiunto e non tolto bellezza all'esperienza che ho vissuto. E la sensazione che mi si è insinuata da subito – di stare partecipando a una sorta di rito di preparazione o di passaggio, in fondo, per pochi intimi – si è poi confermata al momento della partenza (2 maggio) quando tutto era pronto per far brillare Formentera agli occhi delle masse di turisti che avrebbero iniziato a soggiornarci.
***la meta non è un posto, ma è quello che proviamo*** Foto ©CECILIA MARTINO |
La sera del 25 aprile c’erano pochissimi locali aperti a Es Pujols e gli unici frequentatori del luogo sembravano essere gli operai che ci lavoravano: c’erano locali completamente in ristrutturazione, altri che stavano nascendo dal nulla, negozi in apertura, passerelle di legno sulla spiaggia che stavano prendendo forma tra ruspe e segnaletiche da cantiere, il sottofondo del mare velato dal rombo di trapani e seghe elettriche… Ebbene, a dispetto di quanto si possa essere tentati di pensare, tutto questo ha aggiunto e non tolto bellezza all'esperienza che ho vissuto. E la sensazione che mi si è insinuata da subito – di stare partecipando a una sorta di rito di preparazione o di passaggio, in fondo, per pochi intimi – si è poi confermata al momento della partenza (2 maggio) quando tutto era pronto per far brillare Formentera agli occhi delle masse di turisti che avrebbero iniziato a soggiornarci.
Foto ©CECILIA MARTINO |
La mia parte di isola nell'immaginario che mi porterò sempre nel cuore, non avrà nulla a che vedere con il luccichio patinato di negozietti e passerelle sul mare, ma avrà la fatiscenza struggente del polvericcio sul pontile, delle serrande sgarrupate di muri di ristoranti arsi dalla salsedine, del passo sbilenco dell’unico passante che con il suo cane a prima mattina incrocia il mio sguardo mentre passeggio meditando sull’arenile pieno di alghe, ciottoli, bottiglie di plastica e splendidi fossili dal colore blu violaceo.
Quel soffio d'effimero che fin da subito mi ha ricordato la magia del wabi-sabi, emozionandomi profondamente.
Foto ©CECILIA MARTINO |
La mia parte di isola avrà il saluto rauco e sonnolento della cassiera dell’unico supermercato aperto alla mattina presto (situato proprio accanto al mio hostal) di cui non scorderò il sorriso che pareva volermi dire, ogni giorno, “dai che domani forse sarà meglio”, mentre per me il meglio si stava già svolgendo in quello scambio da comparse dietro un velo di complicità quotidiana.
Foto ©CECILIA MARTINO |
E, tra l’altro, il gusto delle olive ripiene di peperoni (aceitunas con pimientos) in barattolo che mettevo dentro al pane caldo integrale di semi o a quello in busta già pronto, improvvisando così la mia colazione, per me era già un premio molto più che di consolazione!
Foto ©CECILIA MARTINO |
La mia parte di isola rimbomberà tra i silenzi che ho potuto godere all'alba quando uno dei tavolini degli operai mi faceva da sedile per ripararmi dalla pioggia mentre salutavo il sole timido dietro le nuvole e una sorta di languore s’impossessava di me: percepire fin dentro le ossa di stare dimorando nel centro esatto dell’impermanenza. E che niente era più perfetto di così.
La mia parte di isola rimarrà selvaggia e inavvicinabile come quel passaggio tra un "non ancora" e un "mai più", un'insenatura di cortesia che dà il benvenuto solo a chi non vuol restare e, per questo, resta. Oppure, quella famosa crepa che c'è in ogni cosa - parafrasando Leonard Cohen - dalla quale entra la luce.
STAY TUNED! IL RACCONTO DEL VIAGGIO CONTINUA ...
Foto ©CECILIA MARTINO |
"Le parole sono finestre,
oppure muri,
ci imprigionano
o ci danno la libertà.
Quando parlo
e quando ascolto,
possa la luce dell'amore
splendere attraverso di me"
(Ruth Bebermeyer)
GUARDA IL VIDEO: GAYATRI MANTRA ALL'ALBA DAVANTI AL MARE
oppure muri,
ci imprigionano
o ci danno la libertà.
Quando parlo
e quando ascolto,
possa la luce dell'amore
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