Non c'è manifestazione divina più pregnante, utile, appropriata e incarnata che non sia già dentro di noi. Qualsiasi divinità a cui dovessimo rivolgere lo sguardo estranei dal nostro mondo interiore, dalla presa di coscienza e dall'apertura della nostra sensibilità intuitiva, rimarrebbe solo un'immagine astratta e decontestualizzata destinata prima o poi a deludere chiunque vi abbia riposto il senso della vita o della propria spiritualità.
Buddha, Cristo, Krishna, Babaji - l'anima dei grandi maestri illuminati che si evoca durante il Wesak (ne ho scritto dettagliatamente in questo post) - dimora ovunque ci sia una presa di coscienza. Non serve andare sulle cime dell'Himalaya, se non si è disposti a dissodare le radici della propria interiorità.
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L'umanità alla ricerca esasperante di dio, di spiritualità e di visioni alternative, ha in seno alla sua stessa etimologia, il segreto della vera nascita: Umanità, appunto.
Un solo essere umano risvegliato dal sonno dell'ipnosi dei condizionamenti dell'inconscio collettivo e del suo stesso egocentrismo - e dunque amorevolmente versatile alle gioie e ai dolori della vita così com'è - vale più di migliaia di seguaci, fedeli, religiosi, spiritualisti, ricercatori della verità rinchiusi nelle loro stesse definizioni.
L'uomo dovrebbe ritrovare l'uomo prima di cercare un fantomatico dio! Prendere la lanterna della propria Coscienza e, come Diogene, cercare ciò che nel profondo lo rende unico, unico tra gli esseri senzienti, capace di quella tensione trascendente che non esclude, anzi implica, la vocazione primaria di un cuore saggio, nobile perché vulnerabile, vitale perché sensibile.
Non c'è celebrazione più autentica che guardare alle proprie situazioni di vita con umiltà e pazienza, con coraggio e fiducia, con apertura, disponibilità e gentilezza, con curiosità e autonomia di pensiero, con presenza di spirito e voglia di cambiare, ma di cambiare veramente. Di cambiare prospettiva e dimensione coscienziale, avere nuovi occhi e, finalmente, tornare ad Essere. Tutt'uno con ciò che è, anima e corpo.
Concludo con alcuni versi del Dhammapada, la via della libertà, il testo fondamentale del buddismo che, come ogni testo di sapienza antica rivelata, racchiude una saggezza interreligiosa universalmente valida.
Il grande mistero della vita è uno soltanto, ci accomuna eppure ci rende unici, testimoni partecipi di ogni respiro di esistenza. Un tesoro di inestimabile valore custodito dentro di noi, e dopo di noi. "Non veniamo al mondo per diventare vecchi, ma per incontrare l'infinito".
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Non hai una vera dimensione spirituale se la tua mente non è tranquilla, se non sei capace di sincerità, se non hai consapevolezza.
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La mente è tranquilla e libera da pregiudizi, ti comporti con equilibrio, sei sincero e consapevole: questa è la spiritualità.
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Se ti concentri sulle cose inessenziali e trascuri l'essenziale, non riesci a scoprire la tua vera natura e sei in balìa dei desideri degli altri.
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I contadini incanalano l'acqua, gli arcieri raddrizzano la freccia, i falegnami piegano il legno, l'uomo saggio lavora su di sé.
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Migliaia di sacrifici rituali, mese dopo mese, per cento anni, non valgono un minuto di rispetto per chi ha realizzato se stesso.
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Anche gli dèi invidiano il tuo risveglio: sei consapevole, t'impegni nella meditazione, sei saggio, sei felice nella serenità di chi lascia andare le cose.
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