24 marzo 2017

SE MAOMETTO NON VA ALLA MONTAGNA... MAGARI PREFERISCE IL MARE!



Thailandia, 2011

Se Maometto non va alla montagna... magari preferisce il mare! Uscire dall'implicazione logica (se A allora B) per aprirsi a nuovi orizzonti!
Lo stravolgimento della citazione biblica è solo una provocazione, ovviamente.Tuttavia, come non lasciarsi ispirare! Quante volte ci arrovelliamo su un problema o presunto tale, semplicemente perchè non vediamo l'alternativa e non la vediamo perchè è fuori di logica, sgrammaticata, senza regole ... e pertanto, imprevedibile! Le alternative più plausibili per tornare a fluire con le situazioni che ci arrivano come problematiche - ma che in realtà vogliono addestrarci proprio a questo stravolgimento di linguaggio e visione (che per lo più coincidono) - le alternative, dicevo, non giocano secondo le regole ma amano cambiarle, pur rimanendo nel gioco. Pertanto, se Maometto non va dalla montagna, è vero!, la montagna può sempre andare da Maometto perchè la genialità della vita non ha confini se si ha fede ma... e se il mare fosse quel colpo di Grazia (nel vero senso della parola, dunque lo scrivo maiuscolo) da cui lasciarsi sorprendere? A volte, le cose semplicemente non vanno perchè se A non va da B, non è detto che B sia adatto ad A! Certo non è questo il caso di Maometto ma ... a buon intenditor!
 





Thailandia 2011


A proposito di montagna: 


A proposito di mare:



16 marzo 2017

#VIDEO: TUTTI QUANTI VOGLION FARE YOGA - OBLIVION


Namaste!
A me che da anni gravito nel mondo dello yoga con annessi e connessi, questo video - che trovo davvero brillante! - fa un sano effetto ristoratore, per cui ve lo offro come antidoto alla noia e alla pesantezza di certa seriosità che spesso circola nei cossidetti "ambienti spirituali"

Nel film Carol c'è una scena dove la strepitosa Cate Blanchett / Carol, in uno dei momenti più drammatici della storia e con la sua impeccabile eleganza, recita la seguente battuta "e quando pensi che niente possa andare peggio... ecco che hai finito le sigarette!" Una battuta che non ti aspetti, una sferzata di qualcosa che, viste le circostanze, arriva come un ghigno di irriverente disinvoltura e che, a dispetto del climax emotivo del momento, ti strappa un sorriso. L'ironia, che respiro leggiadro dell'universo! La battuta sagace, intelligente, il varco della leggerezza nella matassa dei drammi che spesso recitiamo nelle nostre vite senza nemmeno rendercene troppo conto. Ma lo sapete che l'universo, il divino, l'amore o come vogliamo chiamarlo, ha un senso dell'umorismo spietato

Come Bollywood...

Leggendo le vite di molti maestri spirituali sia orientali che occidentali, dovrebbe saltare all'occhio quanto senso dell'umorismo essi abbiano sempre avuto, quanto l'apertura verso la dimensione autentica dell'essere passi per una sana desacralizzazione. Forse non dovremmo mai dimenticarci che la vita è gioco (“lila” in sanscrito, tanto per rimanere nel gergo yogico visto il tema del video che vi propongo), che il gioco ha le sue regole e che spesso può essere divertente anche infrangerle ma, soprattutto, che noi siamo il gioco e i giocatori. Noi i funamboli, gli equilibristi e i danzatori, le danzatrici; sempre per rimanere in tema, nei Purana si dice che il dio Shiva creò il mondo danzando (Nataraja, lo Shiva danzante è una delle immagini più famose del pantheon induista). 

I fiori di Bach ... 
Insomma, se stiamo attraversando momenti che ci sembrano eccessivamente pesanti, difficili, complessi, come se tutta la gravità del mondo poggiasse sulle nostre spalle, beh, ecco magari potrebbe essere segno che ci stiamo prendendo un pò troppo sul serio. Che si è interrotto il contatto – la danza, il ritmo – con quella sostenibile leggerezza dell'essere che scaturisce dal non sentirsi soli nella partita della vita in quanto siamo sempre sostenuti da una Forza che è di gran lunga più intelligente e divertente di quanto a volte noi crediamo. Se ci sono cose che nell'immediato non comprendiamo, situazioni che ci appaiono crudeli, ingiuste o semplicemente faticose, possiamo comunque scegliere di rimanere fedeli alla vita: l'universo non commette mai errori e la vita, prima o poi e di sicuro quando meno ce lo aspettiamo, risponde.

Bevo pipì e divento New Age ... 
Limitiamoci - ed è già un bel da fare - a rimanere nello spirito del gioco, della sana follia dissacrante, dell'ironia che ridistribuisce il giusto valore alle cose, depersonalizziamoci, non diamoci così tanta importanza, non prendiamoci così tanto sul serio, facciamoci una sonora risata e ringraziamo per quanto stiamo vivendo, perchè stiamo vivendo. Diventiamo plurali, come la natura, non lasciamoci intrappolare dalla nostra presunta piccolezza (o grandezza che può essere benissimo l’altra faccia dell’ego).

Con l'inspirazione e l'espirazione puoi giungere alla levitazione...
A me che da anni gravito nel mondo dello yoga con annessi e connessi, questo video - che trovo davvero brillante! - fa un effetto ristoratore, complice anche il ritmo irresistibile, per cui ve lo offro come antidoto alla noia e alla pesantezza di certa seriosità che spesso circola nei cosiddetti "ambienti spirituali" e concedetemi il virgolettato considerando che per me non esiste distinzione tra ciò che è spirituale e ciò che non lo è, dal momento che l'anima delle cose possiamo coglierla ovunque!. Pertanto,  quando pensi che niente possa andare peggio ... guarda questo video! ;-) 









Puglia, Alberobello, Agosto 2016


13 marzo 2017

ROSSO ISTANBUL

Rosso Istanbul. Istànbul, non Istanbul. Tanto per cominciare... è un ritmo diverso il nome pronunciato dai personaggi del memoire di Ozpetek. 

Una trama narrativa così densa di sospesi, di accenni più che di accenti (tranne quello sulla a di Istànbul...), di tante allusioni che non piegano in uno sviluppo concreto e tutto sembra ruotare attorno a un ineffabile centro prolifico di domande più che di risposte... Di assenze più che di presenze, tutt'al più presentimenti. Di attese più che di conclusioni. 



Moschea e minareto al tramonto Foto ©CECILIA MARTINO
Già, l'attesa. Come essa sia una vera e propria arte, solitamente femminile. Femminile plurale: attese. E come profuma di donna Istànbul. Istànbul, la terra madre di Ozpetek e  Pamuk, l'ispirazione e la poesia. Istànbul, la madre, gravida. La dolce attesa, appunto. E come può essere sublime e insieme fatale! Attendere un corpo che riemerga dagli abissi del Bosforo o il riscatto di un dolore atavico che l'incontro non casuale di anime e volti solleva dalla memoria. Perché è sempre una questione di rimandi, l'incontrarsi. Un dialogo fitto di silenzi, di fotografie appese ai muri tra luci e ombre di una sconsolata e inconsolabile prematura bellezza. 

Rosso Istanbul Skyline Foto ©CECILIA MARTINO
L'amore può arrivare al momento giusto o non arrivare mai. Oppure accadere, fuori tempo o fuori dal tempo. E, dunque, non durare. O iniziare appena. 

“Chi guarda troppo il passato, non vede il presente” è uno dei primi ammonimenti del film. Ne arriveranno altri, a mo’ di massime che sembrano essere l’unica ancora a cui aggrapparsi, se ci si vuole per forza aggrappare a qualcosa! 

“Ciò che tu senti quando ti innamori, non sarà mai quello che l'altro sente”, “le separazioni sono solo per chi ama con gli occhi; chi si ama col cuore non si separa mai”, “il dolore separa le persone o le unisce per sempre”, “niente è più importante dell’amore”. 




Ponte sul Bosforo  Foto ©CECILIA MARTINO

L’amore… ma l’amore è un destino che può stravolgere la vita e il coraggio non è per tutti. Non tutti possono sfidare il Bosforo a bracciate da una riva all'altra. Da una parte l'Europa, dall'altra l'Asia. Solo al centro, stando al centro di quel magma d'acqua pericolosamente attraente, si sente pulsare il cuore di Istànbul, si sgrava la sua essenza, per antitesi o follia, dal momento che la sua essenza è – citando il Premio Nobel Orhan Pamuk – quella di essere “infinita e senza centro”.


Dal battello sul Bosforo Foto ©CECILIA MARTINO

Un salto nel vuoto, dunque, altresì una tautologia. Il Bosforo che, sempre citando Pamuk, è “la forza vitale di Istanbul”, cela e disvela, accoglie, ama, ferisce e tradisce, risuona di filastrocche turche e di corpi che cedono al richiamo di Ade. Non poteva esprimersi che con una metafora così astuta la nota dominante del racconto di Ozpetek, quella insostenibile eppur leggiadra tristezza (hüzün in turco) che è l’amplificatore della diabolica bellezza di Istànbul. Lei l’inizio, lei la fine, lei la vera protagonista del film. Il resto è ridotto al grado zero e non poteva, forse, essere altrimenti. Chi ha letto il libro di Pamuk ("Istanbul") percepirà forse a cosa mi sto riferendo; chi ha letto solo il libro di Ozpetek da cui il film è tratto, probabilmente no!


Foto ©CECILIA MARTINO

Dove sta il segreto di Istànbul? Nella miseria che vive accanto alla sua grande storia, nel suo condurre segretamente una vita chiusa di quartiere e di comunità, nonostante fosse così aperta agli influssi esterni, oppure nella sua vita quotidiana costituita di rapporti infranti e fragili, dietro la sua chiara bellezza monumentale?” (Orhan Pamuk)

Il film di Ozpetek a me è parso rimbombare di quei rapporti infranti e fragili.
Tutto il resto, uno spiazzante pretesto preso in prestito dalla vita.


"Il vero altrove spesso è già dove siamo e possiamo trovarlo solo se abbiamo la forza di affrontarlo. Muoversi da fermi, accettando la realtà. E solo così cambiarla. Muoversi da fermi, o fare valigie per il mondo. Un passo dopo l’altro. E quando trovi il coraggio di raccontarla, la tua storia, tutto cambia. perchè nel momento stesso in cui la vita si fa racconto, il buio si fa luce e la luce ti indica la strada. E adesso lo sai. Il posto caldo, il posto al sud sei tu". (Ferzan Ozpetek)


Foto ©CECILIA MARTINO





 Foto ©CECILIA MARTINO