20 luglio 2024

Istanbul Una poesia di mare e cemento


Appunti poetici di un viaggio a Istanbul di una remota estate del 2012 ... 


Luna sul Bosforo

Chissà se lo sapeva, quel pescatore sul porticciolo
e quel signore tuffatosi clamorosamente in mare
e il passante con il pane del Ramadan tra le mani
e la coppia che si scambiava effusioni nell’angolo più nascosto della banchina…

Chissà se lo sapevo io, 
che osservavo la vita delle otto e mezza di una sera d’estate a Istanbul
fare chiasso nel molo dei pescatori 
- odor di pesce fritto e ciambelle caramellate -

chissà se lo sapevamo, noi tutti di passaggio
in un barlume di provvisorietà
che lo strascico più avvolgente di un plenilunio
stava per  fare breccia tra le acque del Bosforo, 
sui tetti divelti e i minareti sinuosi, 
a consegnare in un baleno
l’emozione di uno sguardo che si immola per così tanta bellezza

E noi spettatori prematuri di un abbandono pittoresco 
che ci stordisce poco alla volta per poi amarci
definitivamente




Certi momenti a Istanbul

Il richiamo del muezzin, questa poesia sonora
che sospende il flusso dei pensieri quotidiani
nel turbinio scrosciante di veli 
e nell’accidia innocente dei colori di spezie profumate
trapassa la mia voglia di guardare avanti, 
per le strade trafficate, affumicate, acciottolate
e mi soffermo con gli occhi al cielo 
dove la luna araba ruota in tutte le direzioni
le cupole delle moschee diventano mantelli di stelle
che centrifugano i più bei colori del mondo per restituirli
ancora più brillanti tra medaglioni d’oro e baci di madre perla
nelle litanie di un sacro a monosillabi che vibrano nell’aria
e tra le onde dello stretto del Bosforo
dove lo sguardo si dilegua quasi a non voler tradire
le timbriche sonore dell’invito di Allah

In quei momenti, mi sei apparsa nuda e cruda, 
nella confusione che ti rende frenetica ed eccitante
audace intarsio di oriente ed occidente, 
una lacrima a forma di volo d’uccello, 
uno sbadiglio stordito sul dondolio del Ponte di Galata, 
un abbraccio estenuante tra il cemento e il mare.

Mai fosti così bella e incomprensibile, Istanbul


Tramonto dal Ponte di Galata

Finalmente ci sono dentro
al caldo umido che inzuppa i vestiti
all’odore intenso del cibo di strada fumante
ai suoni aspri dell’alfabeto arabo che si incastrano
tra gli assembramenti di Sultanamhet 
che poi dirompono al calar del sole in un unico
grido collettivo nel nome del Ramazan

Il boato dei battelli e delle navi che attraversano il Bosforo
ha la stessa sacralità del richiamo del muezzin,
fende l’aria scura di fumo, densa di calore
e di puzzo di fogna e pesce fritto
tra le smagliature suadenti dei minareti della Moschea Nuova
che incombe sulle profondità del Bosforo
come un presagio che non lascia tregua.

Da qui, senza soluzione di continuità, l’universo si ispessisce
con le fragranze improvvise delle spezie: e l’aria in un baleno
trasuda di zafferano turco e foto da scattare 


Mercato Egiziano delle spezie


La convinzione che Istanbul sia infinita e senza centro

“Dove sta il segreto di Istanbul? Nella miseria che vive accanto alla sua grande storia, nel suo condurre segretamente una vita chiusa di quartiere e di comunità, nonostante fosse così aperta agli influssi esterni, oppure nella sua vita quotidiana costituita di rapporti infranti e fragili, dietro la sua chiara bellezza monumentale?”


Cercavo la tristezza nei riflessi dello Stretto del Bosforo e nel Mar di Marmara, nel punto cruciale di due lembi di terra che si spartiscono una comune sorte in due continenti diversi: l’Asia esaudisce ciò che l’Europa promette, l’esotismo di sapere come prenderti, Istanbul. Cercavo la tristezza nel mio viaggio iniziato con la lettura di Orhan Pamuk e con la luna piena la prima sera, una luna calda, gialla e gongolante tra le cupole della Moschea Blu. La notte già avida fremeva con le luci e i rituali impazienti del Ramadan. Ti ho vista e immediatamente riconosciuta, nell’imperfezione che circonda la tua mistica bellezza e il tuo senso di smarrimento, ho sfiorato la tristezza ma come si sfiora accidentalmente la mano di un passante : un tocco che non esaudisce desideri. Invece tu, con la brezza del Bosforo tra i ghirigori appuntiti dei minareti in lontananza, hai alitato su di me l’intransigente fantasia di un incantesimo … 


Da queste tracce poetiche è nato l'articolo:

ALLA RICERCA DELLA TRISTEZZA PERDUTA

Pubblicato su LA STAMPA VIAGGI - Settembre 2012


Cupola della Moschea Aya Sofia

Tram a Cemberlitas con la cosiddetta "colonna bruciata",
uno dei più antichi monumenti della città

Uno dei dolci tipici di Istanbul, il macun

Moschea Blu e Ramadan all'Ippodromo di Istanbul, Sultanahmet

Piastrelle di Iznik, rinomate e prestigiose, adornano moschee e palazzi imperiali 

Ponte sul Bosforo fotografato dal battello

Panchina-Libro 


16 luglio 2024

Viaggio in Andalusia: Ronda, la città emblematica di Rilke


Quando Rilke intraprende il suo viaggio verso e attraverso la Spagna, non ha mai sentito parlare di Ronda. Qui vi giunge quasi per caso e qui questo “caso” si disegna ben presto come una grande rivelazione per il poeta e per la sua intimità sia personale che artistica. 

L’impatto del paesaggio è la prima mossa invisibile del destino di Rilke a Ronda, cittadina situata nell’estremo sud della Spagna, non lontano da Gibilterra: la maestosità delle montagne che “si aprono per intonare salmi”, “l’aria forte e magnifica” che scorre in “una delle città spagnole più antiche e amene… arroccata sopra un pianoro e così aperta sopra l’abisso che nessuna finestra osa insinuarsi”. E ancora – scrive Rilke: 

“Sono completamente certo che la incomparabile immagine della città incastrata sopra due enormi blocchi di pietra affilati e separati dal profondo e stretto burrone con il fiume, corrisponda alla perfezione con l’immagine della città evocata nei sogni. Lo spettacolo della città è indescrivibile, una selvaggia valle domina l’ambiente occupato da terrazzamenti, querce e olivi, mentre davanti, come prendendosi un respiro, la pura sierra, montagna dopo montagna, configura una molto illustre lontananza ...” 

Ronda, veduta dell'orrido sopra il fiume Guadalevín Foto ©CECILIA MARTINO

L’ATTESA E LA NUOVA ISPIRAZIONE CREATIVA

Questa “città evocata nei sogni” appare fulminea quasi come un sospiro di sollievo, tanto che Rilke decide di fermarsi un po' di tempo; una sosta che si dilaterà oltre ogni previsione, come oltre ogni previsione era stato l’approdo e la “apparizione” di questo luogo così insolito agli occhi del poeta.
Rilke trascorrerà nella città malagueña il periodo che va dal dicembre del 1912 fino a febbraio 1913, vivendo nell’anonimato come turista in un hotel praticamente vuoto (l’hotel Reina Victoria), leggendo il Corano e conciliando così quel suo momento di introspezione che lo stava mettendo a dura prova dopo la perdita di ispirazione susseguita al periodo di Duino.
Il luogo gli sembra un balsamo ottimale anche per sostenere il suo stato di salute cagionevole. 


“Dopo essere stato a Cordoba e Sivilla, finalmente mi sono fermato in questa piccola e antica città inerpicata su una roccia nel mezzo di un circolo di montagne; qui continuo ad attendere quello che ancora deve arrivare”. […] “E quello che ancora deve arrivare mi è totalmente sconosciuto” …

Ronda, la città dell’attesa di “ciò che ancora deve arrivare”. Un presagio di compimento.

La direzione da prendere per la sua opera poetica a una sorta di bivio è quanto si configura a Ronda, in maniera spontanea, quasi per perfetta similitudine di rispondenza tra l’interiorità del poeta e l’esteriorità della città spagnola come sospesa nel tempo e nello spazio. Ronda si palesa come una sorta di soglia, una sospensione protesa tra abissi profondissimi e altrettante alture, la dimensione umbratile dove gli opposti (vita/morte, visibile/invisibile, “welthaft-irdisch” cosmico e terrestre) si svelano come paradossi esistenziali salvifici e risolutivi. Proprio da questa dimensione numinosa, da questa arcana "città della soglia", per così dire, giungerà a Rilke una nuova, insperata effusione di creatività - quasi una folgorazione - dalla quale emergerà con sempre maggiore fulgida necessità una figura tanto cara a Rilke: l’angelo. Da questo momento in poi la trama dell’umbratile sarà irreversibilmente impressa nell’animo e nell’opera rilkiana. 

Vista dalla passeggiata interna all'Hotel Reina Victoria, dove Rilke soggiornò durante la sua permanenza a Ronda - Foto ©CECILIA MARTINO

Dal soggiorno a Ronda prenderanno corpo una serie di “esperimenti poetici” come le tre poesie della Trilogia Spagnola e altri componimenti significativi, tra cui i primi versi di quella che diventerà in seguito la Sesta delle Elegie Duinesi, la poesia All’Angelo, L’Assunzione di Maria (ispirata a un quadro di El Greco), La resurrezione di Lazzaro, Ariel lo spirito (scritta dopo una lettura de La Tempesta di Shakespeare), Mandorli in fiore.

ANGELI E PASTORI: RONDA TRA LA TERRA E IL CIELO

Ponte Nuovo di Ronda - Foto ©CECILIA MARTINO 

Rilke scrive nel diario datato gennaio 1913, durante il viaggio in Andalusia:

“Io, che mi sono abituato così bene alle cose di questo mondo, io devo certamente (ed è ciò che mi è molto difficile in questi anni) sorpassare gli esseri umani ed andare subito (imparando) dagli angeli.” 

L’urgenza interiore del poeta si fa sempre più evidente: egli vuole esprimere l’invisibile. Ciò si vede anche nelle prime due Elegie, dove questa realtà compare con gli angeli e dove vita e morte sono un’unica cosa. Con questo oltrepassa anche il mondo umano.
Il viaggio in Spagna germina da questo terreno di scoperta, tormentato da certa mancanza di ispirazione ma mai di slancio interiore, di spinta verso quella che Rilke evoca – difendendola senza riserve – come la sua “propria natura” senza intermediari.

“Tra me e Dio non c’è bisogno del prete, quanto meno c’è bisogno del medico; sostengo fisicamente la mia natura, come sostengo spiritualmente Dio, infinitamente immediato. Anche se è più difficile così, ma è più preciso, per vita e morte.” 

E se proprio di un intermediario si fa carico la sua attesa a Ronda, è senz’altro l’Angelo a ricoprire questo ruolo o, meglio, la visione dell’angelo sopra il paesaggio notturno della città andalusa. 

Ponte di Ronda, veduta notturna ©willian-justen-de-vasconcellos/Spain.info


“A Ronda Rilke ebbe una visione del potenziale dell’essere angelico” – scrive Anthony Stephens nella Introduzione al libro En Ronda Cartas y poemas.
“Gli si apre un campo di significati che egli ancora doveva esplorare e che rimarrà incompleto fino alla sua morte, pertanto i testi di Ronda, equiparabili alle due prime elegie di Duino, sono solo l’inizio di un progetto inconcluso”.

La poesia All’Angelo gli viene incontro quasi come un appuntamento mentre "camminava nel prato" -  come scrive Rilke a Lou Andreas-Salomè, il 14 gennaio 1913.. Si possono trovare somiglianze tra questa poesia e la prima Elegia Duinese. 

[...] “Angelo, mi lamento, mi lamento? 
Ma come sarebbe il mio lamento? 
Ahimé, grido, batto con due bacchette 
e credo di non essere udito. 
Il mio rumore non aumenta in tua presenza, 
se tu non mi senti, perché sono
Illumina, illumina! Fammi diventare più visibile 
tra le stelle. Perché io sto scomparendo.” [...]

D’altro canto, la figura del pastore, protagonista della Trilogia ed elemento così tipico del paesaggio bucolico di Ronda che il poeta osservava tanto intensamente giorno e notte, evoca una sorta di anti-eroe che riposa totalmente immerso nella vita di tutti i giorni, nel suo destino pastorale, per così dire, incurante delle trascendenze angeliche. Il destino dell’integrazione si sta dischiudendo …

“ […] nada más que de mí y de lo que ignoro, / haz una sola cosa, haz la cosa, Señor, / cósmica y terrestre, igual que un meteoro, sí: la cosa / cuyo peso no es más que la suma del vuelo, / nada más que llegada...”

“niente più di me e di quanto ignoro, / fai una cosa, fai la cosa, Signore, / cosmica e terrestre, proprio come una meteora, sì: la cosa / il cui peso non è più della somma del volo, / nient’altro che l’arrivo…”

SU RILKE E LA SESTA ELEGIA PUOI LEGGERE ANCHE QUESTO APPROFONDIMENTO

Come attualizzare la potente visione poetica di Rilke – Elegia VI – Il “puro segreto” del fico

Tipico paesaggio rurale di Ronda Foto ©CECILIA MARTINO


TRILOGIA SPAGNOLA

Di sicuro il conseguimento più importante e significativo di Rilke duranti i mesi trascorsi a Ronda è la Trilogia Spagnola: tre poesie che vanno a definire un corpus unico in cui emerge la massima profondità del sentimento rilkiano in bilico tra alienazione dell’io rispetto al mondo e suo superamento in una prospettiva non annichilente ma risolutiva e salvifica, assimilabile a quell’Uno nel molteplice di tanta mistica orientale. 
Forse il senso di tale movimento interiore legato ai versi della Trilogia può essere chiarificato meditando sulle stesse profondissime parole di Rilke, tratte da un commento incluso in una lettera che il poeta scriverà nel 1923:

“Così che la vita ha sempre un lato occulto che non è il suo contrario, piuttosto un supplemento verso il perfezionamento, la completezza, la illesa e integra circonferenza o sfera dell’essere”. 

La strada che conduce all'Hotel Reina Victoria è stata intitolata al poeta Rilke 
Foto ©CECILIA MARTINO


Qui di seguito altre immagini del mio viaggio a Ronda, il 21 luglio 2022.

 

Tipico vicolo di Ronda

Passeggiata all'interno dell'Hotel Reina Victoria

Statua di Rilke all'interno dell'Hotel Reina Victoria, omaggio dello scultore Nicomedes, anno 1966



Il mobilio della stanza numero 208 dove ha soggiornato Rilke, insieme ad altri cimeli legati al poeta, è oggi visibile nel Rilke Museum all'interno dell'Hotel Reina Victoria 



Dalla mia pagina Facebook, 24 luglio 2022: 

Porfin, lo tengo... Un libro prezioso, "En Ronda Cartas y poemas" scritto da Rilke durante il suo soggiorno a Ronda... Un libro introvabile in Italia (non volendo utilizzare il circuito online della grande distribuzione... ), così ho confidato sin dall'inizio di questo viaggio che il destino me lo facesse trovare sul cammino. E così è stato, il destino è fatto di persone e relazioni umane, dunque la complicità universale si è risolta grazie a Janet, anima meravigliosa custode della libreria indipendente Luces di Malaga, che ha preso a cuore la mia ricerca e mi ha fatto reperire il libro in tempo utile prima del mio rientro in Italia, confermandomi la rarità del libro: reperibile solo in 6 librerie indipendenti in tutta la Spagna! Che dire. Io non solo ho trovato il libro, ma anche una persona speciale come Janet e la sua libreria, i suoi consigli per visitare i dintorni di Málaga, scritti  a mano su un fogliettino, come una volta, con la calligrafia che dona qualcosa di intimo al trasmettere informazioni, lasciando tracce di anima nell'inchiostro. E poi il segnalibro con il disegno del Mago e la dedica con mucho cariño che mi porterò dentro al libro come valore aggiunto ai versi di Rilke che, in fondo, a Ronda ha ritrovato la sua ispirazione riconnettendosi con un respiro insondabile fatto di amore per il mistero della vita e della condizione umana. 

E, ancora una volta, la conferma che, cercando i libri del cuore, si incontrano persone.

Grazie Rilke, mio spirito guida da tempo immemorabile, grazie Andalusia luogo dell'anima da tempo altrettanto immemorabile, grazie Janet e la Librería Luces  grazie universo e grazie Vita! 

Con Janet Armenteros della Libreria Luces di Malaga
Il segnalibro che tiene in mano Janet e che mi ha regalato raffigura un Mago...
altra figura archetipica che si delinea nell'ispirazione poetica di Rilke proprio a Ronda,
prendendo vita nella poesia qui composta Ariel lo spirito ... Una coincidenza?


Ariel lo spirito (dopo una lettura de La Tempesta di Shakespeare)
Averlo un giorno, in qualche luogo, liberato,
con quella scossa con cui ragazzo, fosti
al maturare trascinato, privo di ogni riguardo.
E, guarda, lui allora era docile; e da allora ti servì,
sempre orientato, dopo ogni azione, alla sua libertà
E un po’ imperioso, e un po’ insieme, vergognoso,
fargli presente che, per questo ancora e questo,
si ha bisogno di lui, e tornare a dire spesso
quanto lo si aiutò. E tuttavia sentire
come tutto ciò che sta con lui,
manca ora all’aria. Dolce pensiero e quasi seducente:
lasciarlo andare – e poi, senza più magie,
abbandonato al fato come gli altri,
sapere che l’aerea sua amicizia,
senza tensioni ormai, né costrizioni ovunque,
eccedenza allo spazio di questo respiro,
nell’elemento agisce spensierata.
Da ora indipendente, né destinato oltre
a modellar la sorda bocca a quel richiamo
a cui accorreva in picchiata. Povero, senescente, spossessato
ma in grado di inalarlo come essenza
disseminata inconcepibilmente lontano
che sola porta l’invisibile a pienezza.
Sorridere a pensare di potergli far cenno,
così a suo agio in così enorme ambiente.
Forse, anche, piangere, a pensare quanto amava,
ma andarsene voleva: entrambi, insieme.
(L’ho già lasciato?... Ora mi spaventa quest’uomo,
che torna Duca. Con che delicatezza
il filo tira alla sua testa e si appende
fra gli altri personaggi, e per l’avvenire chiede
misericordia al Dramma… Quale Epilogo
di consumata padronanza. Smettere, nudo stare lì,
con niente altro che la propria forza:
«ed è poca»

(Ronda, inizio del 1913)