28 aprile 2015

Viaggi: Ecuador Ritual al Rio Santiago











Dopo i temporali della notte l'acqua acquista un colore scuro, di terra e fango rimestati dal fondo, ma quando tutto tace il manto trasparente del fiume rispecchia la freschezza delle Ande. E' da lì, infatti, che proviene l'acqua del Rio Santiago, affluente del Rio delle Amazzoni e appendice carnale di tutte le forme di vita presenti nel villaggio di Timbirè, dove sono ospite, insieme al mio gruppo di viaggio. C'è un sole che spacca le pietre e i pensieri, frantuma le forze e le indecisioni, asciuga lacrime e panni stesi sul filo tra un tronco di palma e il recinto di un pollaio. 
C’è un sole che disegna purpuree circonferenze e livide spirali sulle parti del corpo rimaste scoperte e che ricorda al popolo della notte che i sogni non vanno confusi con le allucinazioni, da queste parti, all'equatore, a un passo da vulcani attivi e dagli spiriti più ancestrali che spalleggiano la Pachamama in tutte le sue ardite prodezze, che sono confidenze a volte troppo audaci. Mi accosto alle sponde del fiume - dove si lavano i panni e si cerca l'oro indistintamente - come fossi al capezzale di un amante ingelosito, ma senza denudarmi mi lascio accarezzare dal tocco fresco della corrente che inizia a inzupparmi i vestiti rendendomi più pesante e leggera al tempo stesso, mentre un coro di donne già immerse nell'acqua accompagna il mio andamento lento con una fragorosa complicità “Immergiti Cecilia, dai vieni…”. 
M’immergo fin dove il ventre sposta il fianco di lato quasi a danzarla, la corrente. La maglietta s’inebria di movimenti d’acqua, le mani a vaso fanno traboccare la goccia che dà un senso definitivo a quel momento, in un fotogramma rivivo le abluzioni al Gange, l’immersione sotto la Luna Piena alle Maldive, anima e corpo, corpo e sangue, sangue e vita, vita e morte. C'è sempre un concerto di eventi straordinari, prima di ogni nuova nascita, creazione, ispirazione. 
Sono immersa fino al collo in un fiume che s’inchina alle Ande, circondata da un tripudio di vegetazione pluviale, e da un cerchio di donne ecuadoregne afrodiscendenti che sorridono alla mia disinvoltura come bambini con un filo di aquilone in mano, ad attendere le prossime acrobazie di vento e incredulità. L’acqua ha sempre un potere purificatore, l’acqua è sempre come un abbraccio materno, una giravolta nel grembo della Madre Terra, un canto liquido senza punteggiatura che ha i ritmi della vacuità più accogliente e ingombrante che ci sia. L’acqua di un fiume - citando Paulo Coelho nel Manuale del Guerriero della Luce – si adatta al cammino possibile, senza dimenticare il proprio obiettivo: il mare.


RITUAL

Cierro los ojos
cae sobra mi espalda
 acaricia
despierta
corre por los muslos
por los brazos
por mi pecho.

Cierro los ojoses mar!
Cierro los ojos
es rìo!
Abro los ojos.

Seco mi cuerpo
para buscar el dìa

Serro gli occhi e mi cade sulla spalla, mi accarezza e mi sveglia mi scorre sulle gambe, sulle braccia, sul petto. Chiudo gli occhi è mare! Serro gli occhi è fiume! E disserro lo sguardo. Mi asciugo il corpo per cercarlo, il giorno. (Maria Guerra - Vocazione di vento)




Ecuador, Rio Santiago, 10 Aprile 2015

Ecuador, Rio Santiago, 10 Aprile 2015

Ecuador, Rio Santiago, 10 Aprile 2015














































































Sempre dall'Ecuador

24 aprile 2015

PAOLA TURCI: SGUARDI CHE ATTRAVERSANO IL CUORE (IO SONO)



21 Aprile 2015 Torino, presso La Stampa
C'è qualcosa di diverso, mi dico subito. Folgorata dallo sguardo di chi anticipa gli occhi a qualsiasi parola, ricambio l'espressione scomoda con un sorriso che alla fine esplode nel contagio dell'arrendevolezza. Il volto, ha qualcosa di diverso. Mi ripeto. Ma gli occhi in quel momento di un colore intenso e indefinito tendente al giallo risucchiano nuovamente il gesto mentale di trovare qualcosa … "Scattiamo una foto dai" ... Ma sì certo, la foto. Come è venuta? Mi chiede. “Benissimo”, rispondo. “Guardiamo di traverso”, aggiungo. Guardando altrove si viene sempre bene… Guardando Altrove, già. Questione di sguardi. Poi la lettura di qualche intervista, a posteriori: Io sono” mostra le cicatrici del volto:  "Sono così. Ho deciso di smettere di nascondermi". Sussulto l’esultanza del cercatore d’oro.  Ecco cosa c'era di diverso. Ecco il turbamento, il punto di domanda, il fremito malcelato da timidezza. Troppa Bellezza, troppa. “Mi emozioni, mi tremano le mani”, lo dico ad alta voce, non mi difendo. Troppa Bellezza, troppa. Qualcosa di completo, di integro, di totale, di animicamente superiore. "Mi piace usare il mio volto come una metafora, sono lo sguardo destro e quello sinistro, sono serena e inquieta". Serena e inquieta, luce e ombra, yin e yang. Ecco cos'era, ecco dov’era. Quel qualcosa, quell’accento su un vocabolo non ancora inventato. Un mandala denso di significanti, quel volto, un altare dove si è appena compiuto un rituale sacro, il matrimonio mistico da cui scaturisce l'Androgino, l'essere integrale completamente realizzato nelle sue qualità maschili e femminili simultaneamente presenti, fusione energetica degli opposti … Il sonno e la follia, la forza e la fragilità, la dolcezza e l'inquietudine, l’acqua e il fuoco e tutti gli elementali miscelati a spirale tra le fenditure della pelle, da destra a sinistra, da sinistra a destra e nel centro esatto dove l’entropia di uno sguardo assoluto fa vacillare. Vacillo. Questione di sguardi, di prospettive, e di veli di Maya che cadono svelando nudità atroci. Troppa Bellezza. Quasi a ricordarlo anche a me chi sono. “Io sono”, spudoratamente libera nell’altrove di ogni sguardo senza maschere in grado di attraversarmi il cuore. Grazie per quello sguardo Paola, ci ho soffiato sopra come i mandala tibetani che vanno distrutti subito dopo averli completati. Lasciandoli svanire, l’impronta di ciò che conta, rimane. L’anima che nessuno osa chiedere. Ecco cosa rimane. Grazie per quello sguardo, Paola.

"Nella vita l'abitudine non fa vedere mai la verità





IO SONO
Tu che parti dall'idea
che mai niente cambierà
come foglie sopra gli alberi
noi due cambiamo già
sei sicuro che io sia
quello che tu sai
nella vita l’abitudine
non fa vedere mai
la verità

sono l’anima che tu non chiedi
l’isola che tu non vedi
e te lo dimostrerò
che io non sono
quello che da sempre credi
solo cieli bianchi e neri
sole tra le nuvole

mentre il tempo vola via
sai qual’è la novità
io non sono solo acqua
sono fuoco tutto qua
se non l’hai capito già
sono il sonno e la follia
la dolcezza e l’inquietudine
ma tu l’hai visto mai
chi sono io

sono l’anima che tu non chiedi
l’isola che tu non vedi
e te lo dimostrerò
che io non sono
quello che da sempre credi
solo cieli bianchi e neri
sole tra le nuvole

la luce e poi l’oscurità
il mare e la profondità
la schiuma che nell’onda sa danzare

sono l’anima che tu non vedi
l’isola che tu non vedi
io, che tu lo voglia o no
amore non sono
quello che da sempre credi
acqua chiara che ti bevi
fate delle favole
no, non lo sono

19 aprile 2015

Poesia Perché non voli? (Il cielo di Esmeralda)


Esmeralda, Oceano Pacifico, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino
Se i miei passi arrivano prima della sabbia 
che li imprime nella memoria
la riva dell'Oceano Pacifico sembra un miraggio
e il rintocco delle onde sostituisce quello del vento
s'incrociano gli sguardi 
tra la terra dei vulcani, il cielo di Esmeralda e i miei pensieri capovolti
e appena mordo l'ultimo frangente di tempo 
raccogliendo conchiglie e ossa di animali
le ciglia rimbalzano tra le piume di rapaci
in volo libero sopra di me
ma io le sento dentro
quelle aperture alari che planano sugli spazi vuoti
riempiendoli di senso
dando consistenza al suono più vicino alla parola libertà
la visione mi commuove
esploro le mie braccia, aprendole istintivamente, quasi a chiedermi
"perché non voli?"
Un passo più in là
un corvo immobile e fiero su un tronco di legno davanti al mare
come a scrutarne le porzioni più infinitesimali
mi risponde
"perché tu sai camminare."
E in un istante i miei piedi sono diventati ali

(CECILIA MARTINO)

Esmeralda - Ecuador, Aprile 2015 

Esmeralda, Oceano Pacifico, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino
"Se il corvo è apparso nel tuo gioco, stai per sperimentare un mutamento di coscienza; questo potrebbe significare camminare all'interno del Grande Mistero o lungo un altro sentiero al confine del tempo; potrebbe preannunciare un segnale portato dal Corvo che dice: Ti sei guadagnata il diritto di vedere e sperimentare un pò di più la magia della vita". Il colore del Corvo è il colore del Vuoto, il buco nero dello spazio che contiene tutta l'energia della fonte creativa. Corvo... Nero come la pece, mistico come la luna, parlami della magia, presto volerò con te"

(Le Carte-Medicina, carte sciamaniche di guarigione)
Esmeralda, Oceano Pacifico, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino

Esmeralda, Oceano Pacifico, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino

Esmeralda, Oceano Pacifico, Ecuador - Aprile 2015
Voy caminando por la vida
sin pausa, pero sin prisas 
procurando no hacer ruido, 
vestio con una sonrisa, 
sin complejo ni temores, 
canto rumbas de colores
 ...

#VIAGGI: ECUADOR, PACHAMAMA E YOGA ANDINO

Pachamama, rìo sagrado Santiago, dentro l'Anima del mondo, in silenzio, in ascolto- Ecuador Aprile 2015
La foresta sta bruciando, al fragore del fuoco si aggiunge il rombo scalpitante di tutti gli animali che scappano emettendo sonori versi. In questo clamore, un colibrì va verso il fiume e prende qualche goccia d’acqua fin quanto il suo piccolo becco gli consente, per poi gettare queste gocce nell’incendio… Un elefante che assiste alla scena si rivolge al colibrì: “Ma cosa vuoi fare tu con quel becco minuscolo, io di sicuro posso prendere con la mia proboscide una maggiore quantità di acqua, ma non lo faccio perché devo mettermi in salvo …” E il colibrì risponde: “Lo so,  ma io ho fatto la mia parte per aiutare la Pachamama”. 

Lo sciamano Shairy Quimbo
Questa storia raccontata dallo sciamano andino Shairy Quimbo durante il mio ultimo viaggio in Ecuador, restituisce un’immagine potente: la grandezza del piccolo colibrì di fronte alla quale la stazza dell’elefante impallidisce.


Reserva Ecológica Pachijal, Ecuador, Aprile 2015

Reserva Ecológica Pachijal, Ecuador Aprile 2015

"Le porte sul mondo del Sè selvaggio sono poche, ma preziose. Se avete una cicatrice profonda, questa è una porta. Se amate il cielo e l'acqua tanto da non poterlo quasi sopportare, questa è una porta. Se desiderate fortemente una vita più profonda, una vita piena, una vita sana, questa è una porta"

(Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi)


Reserva Ecológica Pachijal, Ecuador, Aprile 2015

18 aprile 2015

Fare la propria parte nel mondo, come il colibrì


La foresta sta bruciando, al fragore del fuoco si aggiunge il rombo scalpitante di tutti gli animali che scappano emettendo sonori versi. In questo clamore, un colibrì va verso il fiume e prende qualche goccia d’acqua fin quanto il suo piccolo becco gli consente, per poi gettare queste gocce nell'incendio… Un elefante che assiste alla scena si rivolge al colibrì: 
“Ma cosa vuoi fare tu con quel becco minuscolo, io di sicuro posso prendere con la mia proboscide una maggiore quantità di acqua, ma non lo faccio perché devo mettermi in salvo …” E il colibrì risponde: “Lo so,  ma io ho fatto la mia parte per aiutare la Pachamama”.

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Fare la propria parte nel mondo con i mezzi che ci sono disponibili al momento, fare del nostro meglio anche se ci sembra poco o inutile, ricordandoci che siamo parte dell’Universo e che niente delle nostre intenzioni più oneste va sprecato. … Questa storia raccontata dallo sciamano andino Shairy Quimbo durante il mio ultimo viaggio in Ecuador, restituisce un’immagine potente: la grandezza del piccolo colibrì di fronte alla quale la stazza dell’elefante impallidisce. Per essere guerrieri di luce non c’è bisogno di ostentare forza fisica ma di chiamare a raccolta tutte le forze interiori che albergano dentro di noi, e volutamente ho usato il plurale. L’anima del mondo (Anima Mundi) di cui siamo parte in quanto esseri di Natura compartecipi delle stesse leggi di armonia e caos, gravità e attrazione, risonanza e magnetismo e via dicendo, è un serbatoio di energie alimentato costantemente dagli spiriti, lo strato invisibile delle cose. Tutto ha un’anima, noi siamo anima, la Natura ha un’anima, noi siamo Natura, la Natura è anima: Pachamama, la Grande Madre.

Quando si compie un gesto sincero d’amore, per piccolo che sia, esso si propaga e fa il suo corso, porta a termine la sua missione, partecipa dell’amore universale, sprigiona magia e può compiere miracoli.

Pachamama. Quando la nomina, a Shairy gli brillano ancora di più gli occhi scuri come semi di cacao, sembra portarsi dentro l’imperscrutabile infinitudine delle Ande e lo stato di pace di un condor che plana nel vento. Il condor incarna l’energia femminile, la qualità del saper attendere accogliendo ciò che viene. L’aquila, invece, incarna l’energia maschile, quell’agire con mira intenzionale per far accadere le cose: l’aquila perfeziona il suo volo e la sua ampia visione dall’alto al fine di procacciarsi il cibo, il condor semplicemente plana su ciò che trova, “el condor no tienen que matar”, non si preoccupa, lascia che le cose accadano mentre l’aquila fa in modo che le cose accadano. Shairy, come lui stesso dice, incarna l’energia femminile, ma è nello sposare entrambe le polarità che risiede la vocazione del guerriero di luce, quell’Unità interiore che nello yoga sciamanico a matrice tantrica dialoga intimamente con l’immagine dell’ardhavira, l’Androgino i cui due sessi riuniti in un solo corpo evocano la simultanea presenza degli opposti nell'equilibrio cosmico (per approfondire LEGGI QUI).
La Naturaleza è una dimensione dell’essere, non è un oggetto, va esperita, integrata nelle profondità del nostro corpo-anima senza cadere nella tentazione di giudicarla o, peggio ancora, materializzarla per un senso di possesso che occhieggia al potere di dominio sulle cose : non è il fiume, ma la fluidità dell’acqua che scorre, non è la terra, ma la solida fertilità del fango, non è il fuoco, ma il calore corroborante delle fiamme, non è il vento, ma l’invisibilità del perpetuo movimento…

Naturaleza è un ritmo ancestrale che, proprio come la poesia, la Poiesis, parafrasando Alda Merini “brucia la pesantezza delle parole, risveglia le emozioni e dà colori nuovi”.



Il mio primo giorno di lavoro dopo il rientro dal viaggio, apro a caso un libro che tengo sempre sulla scrivania, e mi cade l’occhio su questa pagina di cui riporto il brano per esteso. Niente è a caso e tutto è collegato. Il Grande Spirito, la Pachamama ci sorridono sempre anche quando … ci divorano  (leggi: PACHAMAMA, LA NOTTE PLUVIALE MI CHIEDE DI MORIRE PIÙ’ IN FRETTA)

“Nelle piccole cose esiste una grande forza. La tela del ragno è mirabilmente modellata, come un fragile frammento di finissimo velo. Ma è più forte, in proporzione alla grandezza e al peso, del migliore acciaio. Le ali del colibrì inviano impulsi abbastanza potenti da assomigliare al pulsare di un minuscolo motore ad alta velocità. Eppure in passato si pensava che, a causa del modo in cui erano costruite le sue ali, non avrebbe mai potuto volare. L’amore può rivelarsi in un semplice sguardo, di ka nv to di, una breve parola, un tocco silenzioso. Tuttavia, supera il tempo, lo spazio e la mera esistenza. La preghiera breve, sentita, una parola dal profondo del cuore e dello spirito possono fare miracoli e cambiare un intero mondo” (Dal libro "Anima Pellerossa. La voce del piccolo grande popolo”)

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15 aprile 2015

Poesia La notte pluviale mi chiede di morire più in fretta (Pachamama)

Riserva ecologica Pachijal, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino

 La notte pluviale mi chiede di morire più in fretta
spudorato è l'amore, quel ghigno tremante d'intesa
tra me e l'universo
Pachamama
partorisce fluente nel mio sangue
mentre i mostri escono dal corpo
in forme senza sostanza e in sostanze senza forma
espello aria acqua fuoco e terra
rimesto terremoti come sementi nell'humus fangoso
tra le pelvi e il cuore
la mia pelle suda gli elementali
gli occhi semichiusi emanano sagome animali
rannicchiata nel grembo della Madre Terra
avvinta in un nido odor di muschio e feroce ebbrezza
probabile morsa del felino in attesa
e grazia avvenente del colibrì che
alla mia assenza di gravità si sposa
giaciglio selvatico
piacere disciolto tra le membra esauste che dileguano
evaporando come fumo del vulcano Pichincha
nuvola che diventa drago
bruma di crepuscolo all'orizzonte
nebbia di luce mentre apro le braccia ad Est
e le scapole scricchiolano come ali di condor
in attesa del prossimo volo
il salto oltre l'abisso
prima di ogni inizio e dopo ogni fine
al centro esatto di qualsiasi istante
nell'incontinenza di un corpo pacificamente violento
che divampa nel sole tra le radici del cielo
l'anima mi trabocca dalle dita appena in tempo
nel silenzio ruggente che m'innamora
incondizionatamente


(CECILIA MARTINO)

Ecuador, Pasqua 2015


Riserva ecologica Pachijal, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino

Riserva ecologica Pachijal, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino

Riserva ecologica Pachijal, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino

... codici di geometria esistenziale... in volo sull'Oceano Pacifico, Esmeralda, Ecuador - Aprile 2015 - Foto ©Cecilia Martino



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