08 giugno 2019

Occhi da poeta | Differenza tra concentrazione e contemplazione


Spesso si confonde la meditazione con la concentrazione. Contemplare non è astrarsi dalle cose, è guardarle con altri occhi. 

"Tra me e me, ci sono vastità sufficienti

Per la navigazione dei miei desideri angosciati. 

Scendono in acqua le mie navi rivestite di specchi.   

Ogni lamina azzarda uno sguardo, e indaga l’elemento che l’attinge. 

Ma, in questa avventura del sogno esposto alla corrente, 

raccolgo solo il piacere infinito delle risposte che non si trovano. 

Mi sono volta verso la mia stessa esistenza, e l’ho contemplata. 

La mia virtù era questo errare per mari contraddittori, 

e questo abbandono al di là della felicità e della bellezza. 

O mio Dio, questa è la mia anima:

qualsiasi cosa che fluttua su questo corpo effimero e precario,

come il vento ampio dell’oceano sulla sabbia passiva e sconfinata …" (Cecília Meireles)



Spesso si confonde la meditazione con la concentrazione.

C’è una meditazione che chiude e una meditazione che apre.
La seconda è più simile a una contemplazione in cui il soggetto che contempla è praticamente assente, scevro dai contenuti personali della sua identificazione con l’io storico e temporale. Non c’è interpretazione né interferenza mentale poiché la mente è assorta nel suo stato naturale di quiete, calma e tranquillità.


“All’inizio ci sono le montagne, poi non ci sono più le montagne, poi ci sono ancora le montagne” (Detto zen)


La mente nel suo stato naturale è sempre una mente quieta, pacificata, spontaneamente contemplativa, poetica, stupefatta.

Pratiche di concentrazione e visualizzazione possono apportare senz’altro benefici a più livelli, perché aiutano nel placare le turbolenze mentali, nel riportare il respiro a una sua profondità e conferire una sorta di quietanza dagli elementi disturbanti. Tuttavia, focalizzandosi su un oggetto di concentrazione o seguendo una visualizzazione dettagliata, l’ancoraggio può rimanere ancora molto mentale, un mentale magari più pacificato e rilassato ma pur sempre mentale.



Nella meditazione profonda, o stato contemplativo che è una non meditazione (Via Diretta), è l’apertura a conferire una spontanea riduzione della dipendenza dagli elementi disturbanti che, dunque, non è più necessario quietare. E non perché essi scompaiano o perché si sia trovata qualche soluzione soddisfacente, ma perché rimane… “il piacere infinito delle risposte che non si trovano”.

Accade una presenza di spirito imparziale, aequus animus, equanime.

Allenarsi a uno sguardo privo di attenzione focalizzata è un po' come risvegliare il poeta che è noi, il cantore di una canto che lascia essere le cose come sono, senza giudicarle ma stando pienamente, intensamente, profondamente, e per via diretta (senza reazione ai filtri mentali) con le proprie sensazioni. 

In questa resa totale, la vita accade con tonalità differenti.
Accade con il minimo sforzo personale.



Non c’è poesia che non vibri con ossa e organi e cellule del corpo.

La meraviglia è quando tremi.

Contemplare non è astrarsi dalle cose, è guardarle con altri occhi.


“Io imparo a vedere. Non so perché tutto penetra in me più profondo e non rimane là dove, prima, sempre aveva ine e svaniva. Ho un luogo interno che non conoscevo. Ora tutto va a inire là. Non so che cosa vi accada”. (Rainer Maria Rilke)

 

E’ una visione differente che cambia tutta la percezione della realtà. La ribalta, letteralmente. Come la posizione capovolta Shirsasana, che possiamo prenderla simbolicamente come un invito a cambiare davvero prospettiva sulla realtà.

Yanamadurru Shiva Temple o Sirsasana Temple vicino Bhimavaram in Andhra Pradesh 
dove si trova una delle rare rappresentazioni della divinità Siva - il Signore dello Yoga - in posizione capovolta.



Qual è la vera vita?
Il sogno ipnotico delle nostre fantasie mentali, o la presenza vigile della consapevolezza onnipervasiva?

Ci vuole molto amore per intraprendere questo sentiero, e “un abbandono al di là della felicità e della bellezza” e una fede che non è fede in qualcosa o in qualcuno, ma fede e basta.  L’umiltà sgomenta del poeta, yogi dell’anima, che intuisce il sacro in ogni cosa e ne restituisce il canto “O mio Dio, questa è la mia anima!".


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