30 agosto 2024

La prima volta che si sperimenta il corpo vuoto

"Quando cogli la spazialità luminosa del tuo corpo che irradia in tutte le direzioni, ti liberi dalla dualità e ti fondi nello spazio" (Vijnanabhairava tantra) 

Spaziosità e Vuoto sono le "esperienze fondamentali" nello yoga della tradizione non duale. E della vita intera. Farsi spazio allarga visuali e geometrie del corpo, concede erranze gioiose nella dimora dell'essere, la nostra vera natura. "L'uomo è il pastore dell'essere" vaticinava il filosofo poetante Heidegger mentre si domandava: "Si tratta ora di capire come l'uomo è nello spazio e non è nello spazio come un corpo. L'uomo dispone dello spazio. Diciamo infatti "fare spazio" per lasciare libero e, cedendo del proprio spazio, facciamo essere qualcun altro. L'uomo non ha un corpo e non è un corpo, bensì vive il suo corpo vivente."

A dispetto di quanto la mente concettuale potrebbe indurre a pensare, non si tratta di esperienze che astraggono, al contrario, conducono al risveglio della sensibilità integrale di ampiezze sconfinate, radicando nella Realtà organica e cosciente, l'unica che resta quando si dissolve il senso dell'io personale (ahamkara), che è la radice di ogni astrazione psichica e fantasia di separazione.



IL CORPO - ERIC BARET
Non ci concediamo molto tempo per sentire il corpo.
Ad un certo punto,
invece di riflettere sulla tua vita affettiva, sulla spiritualità o altro,
ti concedi uno spazio durante la giornata, dove sei presente sensorialmente:
magari esplori un movimento
del dito,
del polso,
del respiro...
Sei presente.
Le tue domande vengono fatte in modo tattile,
come un musicista che fa domande uditive.
Così, poco a poco, le zone addormentate riprendono coscienza.
Devi essere gentile, essere paziente.
Lo scopo della vita è iniziare ad osservare gli ostacoli.
Non guardiamo verso un obiettivo, ma verso il sentito che l'ostacolo genera per sentire le zone del corpo che bloccano e impediscono raggiungimento dell'obiettivo.
Diventiamo disponibili agli automatismi e alle reazioni psicologiche, all'insoddisfazione,
al rifiuto,
all'amarezza,
al fallimento,
al dubbio,
all'agitazione.
Attraverso la sensibilità decodifichiamo il modo in cui questi elementi si sovrappongono costantemente al nostro sentito.
La reazione della nostra psiche attraverso le reazioni del corpo è il cuore del lavoro.
Ciò che accade è necessario,
che sia tristezza o gioia,
che sia estasi o difficoltà,
e ad un certo punto c'è questo ascolto,
che sarà sempre più lì,
dove divento ascolto di ciò che accade.
L'enfasi non è su ciò che si presenta,
su ciò che ascoltiamo,
ma sul sentire.
È normale che la prima volta che si sperimenta il corpo vuoto,
una vibrazione molto forte,
si provi una sorta di gioia.
Non ci incolperemo perché siamo felici di sentire finalmente la vibrazione,
ma ad un certo punto non c'è più questo elemento psicologico,
stiamo ascoltando e ciò che si ascolta passa in secondo piano.
Il processo di ascolto del corpo rifletterà sempre più la Coscienza.
È l'insegnamento tradizionale, che viene fatto prima di tutto sul corpo.
Il corpo è il simbolo della vita.
Il rapporto con il corpo è quello che abbiamo con il mondo.
Il modo in cui tratti il ​​tuo corpo è il modo in cui tratti il ​​mondo.
Il disagio del corpo è il disagio che si ha nei confronti del mondo.
Quando il corpo diventerà Coscienza, il mondo diventerà Coscienza.
Il mondo è una proiezione del corpo.
Ci relazioniamo al mondo esattamente come ci relazioniamo al corpo.
È molto importante rendere consapevole questo processo.


Yoga davanti al mare - Rigenerazione Gratitudine Respiro - Estate 2024 Porto Recanati



IL MANTO DI SPAZIO - JEAN ABSAT

Accogli tutto in te, sin dalle più distanti contrade di questo infinito cosmo. Quando poi sentirai che è giunto il momento, discendi infine nello spazio del tuo corpo. Percepisci ora come lo spazio occupato dal tuo corpo, in realtà, in nulla sia diverso dallo spazio in cui risiedono tutte le cose che sono attorno a te. Lo spazio che accoglie le montagne, i mari e i continenti tutti. Lo spazio che ospita la terra, gli astri e tutto quanto esiste. Tu, oh uomo fatto di spazio, fonditi ora nell'immenso e illimitato spazio che è madre di ogni cosa e che, prima di ogni cosa, esiste. SPAZIO CHE SI VERSA NELLO SPAZIO. INFINITO CHE SI MESCOLA AD INFINITO. Questo tu sei. In questo sconfinato spazio dimora. (Tratto da "Corpo e Preghiera. Nobiltà di un filo d'erba")




LO SPAZIO SI FA SPAZIO - MARTIN HEIDEGGER
Lo spazio fa spazio. 
Fare spazio significa sfoltire e render libero, liberare un che di libero, un che di aperto. Solo quando lo spazio fa spazio e rende libero un che di libero, lo spazio accorda, grazie a questo libero, la possibilità di contrade, di vicinanze e lontananze, di direzioni e limiti, le possibilità di distanze e di grandezze.
Si tratta ora di capire come l'uomo è nello spazio e non è nello spazio come un corpo. L'uomo dispone dello spazio. Diciamo infatti "fare spazio" per lasciare libero e, cedendo del proprio spazio, facciamo essere qualcun altro. 
L'uomo non ha un corpo e non è un corpo, bensì vive il suo corpo vivente. 
L'uomo vive, vivendo come-corpo, e così è ammesso all'aperto dello spazio e da lì soggiorna in una relazione col prossimo e le cose. 
Il fare-spazio è la libera donazione del luogo dove si manifesta Dio, da dove gli dei sono scappati, luogo in cui il manifestarsi del divino a lungo ritarda. 
In ogni caso gli spazi profani sorgono sullo sfondo di spazi sacri.

... E come non udire l'eco dei versi del poeta Rainer Maria Rilke
"La nostra pienezza si compie da lontano, nello splendore degli sfondi" 




"Yatha pinde tatha brahmande
Yatha brahmande tatha pinde"




17 agosto 2024

Perché pratichiamo lo yoga | Gérard Blitz Un maestro del nostro tempo


La domanda che noi possiamo porci è di sapere perché pratichiamo lo yoga. La risposta  a questa domanda è semplice: lo yoga è un mezzo per permetterci di apprezzare meglio la vita. Lo yoga  è un mezzo concreto. Chiaro e preciso. Non vi è  nessun mistero in questa pratica. Non vi è alcun posto per l’ immaginazione. Sappiamo che facendo una determinazione azione otteniamo un determinato effetto.
La scienza moderna, quella legata alla fisiologia e la neurofisiologia , conferma quanto già detto dai grandi Maestri dello Yoga del passato. Essenzialmente lo yoga equilibra le nostre funzioni. Facilita, regola, coordina il funzionamento estremamente complesso del corpo. È con l’equilibrio del corpo, con l’equilibrio fisiologico che creiamo l’equilibrio psicologico e psichico che ci manca.  Ecco la ragion d’essere dello Yoga.


C’è effettivamente un segreto nel yoga. È quello della sua trasmissione. È iniziatica. Avviene da una persona ad un’altra persona. La difficoltà è data dal fatto che l’esperienza è sempre differente, sempre rinnovata. Non ci sono due esperienze che sono identiche.
La stessa persona è diversa ogni giorno. Inoltre, non si tratta inizialmente di una conoscenza. Nello yoga, la conoscenza nasce da un’esperienza.

Si scopre ciò che già esiste.

Si sviluppa coscienza per potere situarsi a livello estremamente sottile del funzionamento di corpo.

Ecco l’essenziale.

L’unità (Yoga) di cui s’intende riguarda il corpo ed il mentale.

Siamo prigionieri degli automatismi del circuito mentale. Della dipendenza a memoria.
La nostra vita è programmata perché il nostro cervello è programmato. 
La pratica di yoga consiste nel liberarci da questa dipendenza. Di trovare la libertà del pensiero e dell’azione. Di trovare la creatività e l’amore. Cioè la disponibilità agli altri.

Occorre cancellare un malinteso. Si pensa generalmente che lo Yoga sia legato ad una forma che si dovrebbe cercare di copiare. Quando si dice “Yoga„ l’immagine che si presenta è quella di una persona seduta, le gambe incrociate e gli occhi chiusi. Ripensandosi...

Yoga è uno stato.
Ecco ciò che ci rende perplessi. Uno stato può soltanto sperimentarsi. Viversi.

Non si può apprendere. Non possiamo conoscerlo passando attraverso  il significato delle parole, con la lettura, con l’accumulo del sapere intellettuale.

Vedete ora  in cosa lo Yoga è originale? 
In cosa il suo approccio  è così particolare?

Non si tratta neppure nel Yoga di isolarsi. Ecco ancora un’idea falsa.
Lo yoga non è una scienza astratta o teorica.
Non è neppure un sistema.
Lo Yoga non è legato ad un metodo.

Lo yoga consiste nello sviluppare, amplificare, approfondire la coscienza. Questo è l’opposto della dispersione e della confusione. Ciò che illumina. Ciò che semplifica. Ciò che decondiziona. Ciò che permette di vivere la vita pienamente, di istante in istante.

I mezzi che abbiamo, lo ripeto, sono semplici e concreti. Accurati. Chiunque può praticare yoga poiché lo yoga si pratica a partire da ogni individuo, partire dalla propria personalità, dalla propria  morfologia. Vengono forniti mezzi precisi che lo permettono.

È grazie a questa libertà nella pratica, grazie a questa scoperta ininterrotta che fa ciascun  individuo, che si trova interesse e gioia nelle nostra pratica. Lo Yoga è buono per tutti. È un preliminare a tutto. Decondiziona. Dà accesso alla spontaneità, alla creatività.

Permette di ricevere. Di ricevere gli altri. Di ricevere Dio.

La pratica del yoga non è legata particolarmente ad una cultura. All’origine era indiano. Ora è anche occidentale. Diventa per noi sempre più occidentale.

Siamo coscienti che per giudicare l’opportunità di praticare lo Yoga, dobbiamo ragionare a partire da ciò che siamo.

(PHILOSOPHIE PREAMBULE AU YOGA, Gérard Blitz, tratto dalla Rivista “Les Chemins du Yoga n.43, mars 1999)


“Per accedere all’esperienza dello Yoga (uno stato che non può essere descritto dalle parole) è indispensabile partire da voi stessi, accettando di praticare ed esprimervi secondo le vostre possibilità fisiche, emotive eccetera… È una regola fondamentale! Il vostro vissuto è unico, non ha nulla a che fare con quello della persona che pratica vicino a voi! Non c’è nulla da copiare o imitare. Solo la vostra personale esperienza si inscriverà in voi e, come diceva il Budda, ‘senza di essa nessun progresso è possibile’. Nello Yoga, ognuno è unico. È lo Yoga che si adatta a ogni individuo e non il contrario. Dobbiamo renderci conto che ciò che si insegna non è una tecnica, ma qualcosa che aiuta l’allievo a scoprire ciò che già esiste in lui”.


Zinal 1980, Gérard Blitz, Swami Satchitananda https://ifry.yoga/gerard-blitz/



Gérard Blitz (Anversa 1912 – Parigi 1990) dopo aver fondato il Club Méditerranée, si avvicina al buddhismo zen e alla pratica dello yoga. Ordinato monaco zen dal Maestro Taisen Deshimaru, divenne maestro di yoga seguendo l’insegnamento di T.K.R. Krishnamacharya. Amico di Krishnamurti e di T.K.W. Desikachar, ha trasmesso in Occidente uno yoga che ha il suo fondamento negli yoga sutra di Patanjali, elaborando una pedagogia basata su principi chiari e semplici, adatta a ogni individuo. Fu fondatore e presidente dell’Unione Europea delle Federazioni di Yoga. 



Portiamo in noi
due “regimi” diversi
che coabitano e funzionano insieme
Uno è volontario
ci spostiamo nello spazio
pensiamo parliamo
L’altro non è volontario
qualcosa in noi
agisce a nostra insaputa
aziona i nostri organi
equilibra la nostra posizione nello spazio
coordina regola corregge
Questo “qualcosa” è intelligente

Questa intelligenza è diversa
più profonda
complementare alla prima
che chiamiamo mentale

Il ruolo dell’Hațha Yoga
è quello di insegnare all’uomo a creare le condizioni
in cui quest’altra intelligenza
che è in lui
possa manifestarsi e partecipare
alle sue azioni  al suo pensiero alla sua parola
Quando queste condizioni esistono
siamo nello stato di Yoga

(Gérard Blitz, Il filo dello yoga. Gli a capo sono nell'originale)


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