14 luglio 2020

Come tornare alla poeticità naturale della vita


Chi è il poeta?

Il poeta è l'uomo che si accorge di esistere, vigila su pensieri ed emozioni e ne fa tesoro non problemi. È chi dice di sì alla vita aderendo alla vocazione più prossima all'anima: emozionarsi ed emozionare in un ascolto molto accogliente e indiscriminato di tutto ciò che è. 
Per raggiungere questo ascolto bisogna immergersi in profondità per incontrare il silenzio.
Poeta è colui che cerca parole per dire l'indicibile e trova il silenzio. 
Da questo silenzio, si danno a lui le parole. 
E sono parole davvero "originali" più sono vicine alla fonte sorgente da cui scaturiscono. 
L'Origine, quello strappo d'anima nelle pieghe di esistenze ordinarie. 
A quel punto, la poeticità accade ...
La qualità della vita dipende sempre da come si fa esperienza della vita, non da cosa offre la vita. 
Se si è svegli, si può sempre rispondere alla vita. 
La Poesia è fatta per risvegliare la vita che sonnecchia nella gente.
Dare risposte poetiche alle situazioni di vita non vuol dire non avere più problemi, ma i problemi non saranno più visti come tali.
È un cambio di visione. 
È una vita senza filtri.



Come possiamo tornare alla nostra poeticità naturale?

La stessa parola naturale indica qualcosa di non artificiale, non può essere naturale ciò che è automatico e ciò che è automatico sono le reazioni mentali, i modi in cui reagiamo alla vita, invece di risponderle. 
Il poeta risponde alla vita, non reagisce, le sue espressioni poetiche vengono trasfigurate dal canto che egli/ella, appunto - da qualche parte nel profondo - offre, dona, sacralizzando una sorta di sacrificio - il sacrificio del silenzio. 
In questo scambio che porta in essere l'inesprimibile, si crea spazio, spazio per il dialogo, non per la dialettica. 
Dialogo. Non dialettica. 
Visto che le reazioni scaturiscono dai condizionamenti, già il vedere che si sta agendo in maniera condizionata, reattiva, ripetitiva, non libera, è un buona traccia.
L'attenzione e la presenza, insieme all'ascolto e alla disponibilità a vedere, sono attitudini che possono aiutare. 

"Imparare a vedere", come diceva Rilke


M.C.Escher, "Giorno e notte", xilografia del 1938

Se c'è una mente condizionata che ci trascina, niente può avvenire in modo naturale. In un movimento naturale le pause sono molto importanti, come gli spazi bianchi tra le parole, i silenzi, i vuoti nei quadri di Escher. 
Può essere utile familiarizzare con un pensiero unitivo (yogico, poetico) non discriminante, accogliente, spazioso, gentile e non violento. Come quello delle poesie, appunto. 

Il mandala delle cinque esse



Semplicità 
Sensibilità 
Spaziosità  
Stupore 
Silenzio 

Si può entrare in questo mandala leggendo testi poetici, ad esempio, perché per sua natura il linguaggio poetico ha una matrice differente rispetto a quello ordinario e, dunque, evoca, allude, suggerisce, accarezza, invita a un rilassamento e a un dono di sé, un invito a essere più ricettivi nell'ascolto, e meno reattivi. 
Questo mandala delle 5 esse mi piace immaginarlo come uno spazio sacro a forma di Sole che emana ad a ogni raggio una parola-seme sinonimo di "Apertura". 

Mollare la presa, sciogliere ogni resistenza affinché la poesia, il divino, possa emergere senza sforzo, come il respiro. 
Farsi spazio, dimorare nelle pause senza fretta, lo spazio sacro, poetico, racchiude la possibilità di suscitare in noi energie non manifeste. 





Questo testo è in parte tratto dall'incontro-diretta Facebook a cui ho partecipato grazie all'invito di Libreria Esoterica Ibis di Bologna e di Caffè esoterico.

La diretta è visibile anche su YouTube 👇





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Conversazioni con Panikkar, Jodorowsky, Mandel e Rocchi
Voto medio su 1 recensioni: Mediocre
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Pratica di lettura creativa, leggiamo poesie come non abbiamo mai fatto fino ad ora


Il risveglio di qualsiasi potenzialità creativa non può prescindere dalla qualità dell'ascolto
Siamo sicuri di saper veramente ascoltare - che sia un testo poetico o la confidenza di un amico? 
Mi dà gioia poter far fare esperienza di ricettività e percezione diretta mediante la lettura di brani poetici. Non è così semplice né tanto meno banale come può all'apparenza sembrare. Tutte le cose all'apparenza, appaiono, appunto. 
Bisogna farle scomparire per vederle veramente! 
Così come nei versi di una poesia... 
Ci si può lasciare davvero sorprendere! Come? 
Le poesie non vanno capite. Non c'è niente da capire.
Provate a sentire che non state semplicemente ascoltando parole da capire, giudicare, valorizzare con qualche  commento personale di assenso o diniego, ma che attraverso di voi quelle parole vivono, siatene vivi, colmi di attesa vibrante, ricettiva, sentite come prendono vita dentro di voi. 
Vedete se potete concedervi uno spazio sacro di rilassamento in cui i versi possano giungere a voi, toccarvi, arrivare loro a voi e non essere voi a cercare loro, senza afferrarli, anticiparli, prenderli. 
In questo sfaldamento di confini personali, vedete se riuscite a sentire il silenzio più che le parole. 
Lasciate che i versi si dispieghino nello spazio della consapevolezza. 

Qualche minuto di questa "pratica" la potete vedere in questo incontro fatto con il gruppo di Caffè Esoterico e della Libreria Ibis di Bologna 👇



Per pratiche anche individuali di lettura creativa contattami qui: 
ilmestieredeldare@gmail.com





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01 aprile 2020

Il ritiro dal mondo per ricordarci chi siamo

La vita procede sempre per balzi paradossali, a volerli cogliere con coraggio da visionari - da poeti - ci si può persino riposare. 


Voglio affidare a un canto cos'è la durata... 

Dichiara Peter Handke (Premio Nobel per la Letteratura 2019) e continua: 

la durata induce alla poesia. 

"Voglio interrogarmi con un canto,
voglio ricordare con un canto
dire e affidare a un canto
cos'è la durata"

Penso immediatamente ai flashmob sonori di questi giorni. 

Il canto che sfida la paura, più che interrogarla, la celebra, la sostiene in un atto di leggerezza scomposta eppure inondata di grazia che elargisce senso alla sensazione di vivere, o non di non vivere più. 

Cos'è la durata? Ancora, si interroga Handke: 
un periodo di tempo? 
Qualcosa di misurabile? 
Una certezza? 
No, la durata è "una sensazione, la più fugace di tutte le sensazioni, spesso più veloce di un attimo, non prevedibile, non controllabile, inafferrabile, non misurabile". 

"Ci vogliono giorni, passano anni:
Goethe mio eroe
e maestro del dire essenziale,
anche questa volta hai colto nel segno:
la durata ha a che fare con gli anni, con i decenni, 
con il tempo della nostra vita: 
ecco, la durata è la sensazione di vivere"

Ecco, la durata è la sensazione di vivere.

La vita procede sempre per balzi paradossali, a volerli cogliere con coraggio da visionari - da poeti - ci si può persino riposare. 




In questo momento in cui una "minaccia" in forma di virus forse fa sentire più prossima a noi la sensazione di morire, di essere sospesi, quasi svaniti, inconsistenti di fronte a qualsiasi certezza delegata a un fare quotidiano rassicurante per certi versi, ecco che... la Bellezza prende il sopravvento in forma di canto, di poesia, di arte, di creatività.
Bellezza che c'è sempre stata, ben'inteso. 

Forse è che quando si è troppo impegnati a fare, ci si dimentica di chi si è.

Le serenate sui balconi hanno scritto le pagine più romantiche di ogni storia d'amore, da che mondo è mondo e da che uomo è poeta. Ma ora, l'"emergenza" spinge a intonare canti non a qualche amante, amato o amata prediletta bensì a tutti, alla Vita mi viene da dire. Si intonano stornelli, si grida, si ulula alla vita. 
Il sereno torna per un momento sui volti, diventiamo tutti cantori di un giorno degno di essere, malgrado tutto, vissuto. 

E così andiamo avanti, fermandoci, duriamo perché sappiamo svanire, arrenderci, contagiati da un innesto imprevisto di tempo da coltivare, nutrire, approfondire. 




Abbiamo (purtroppo o per fortuna) tempo, e cosa ci viene spontaneo fare? 
Cantare, suonare, intonare.
Torniamo all'essenza smaterializzandoci per un momento in suono, vibrazione, risonanza ed empatia. 
Torniamo umani, mi viene da dire. E dunque, divinamente poeti

L'essere umano è per natura poeta, il linguaggio dell'anima non parla per concetti, si esprime da intuizioni di cuore e pertanto intimamente rivoluzionario.
Per questo, anche se forse non ne siamo tutti consapevoli, è in atto una profonda rivoluzione di coscienza in questo preciso momento.
L'uomo è per diritto di nascita poeta, il che equivale a dire che è cantore dell'invisibile, libero se pienamente responsabile, non un burattino nelle mani di qualsivoglia sistema. Libero persino dalle minacce esterne, libero dalla paura di morire che equivale alla paura di vivere. 

Poeta è chi può domandarsi, senza affanno, di fronte alla situazioni della vita non "Cosa voglio io?" ma "Cosa vuole succedere?". 

La vita ha sempre più fantasia di noi. 
Non fraintendiamola, lasciar accadere è l'invito a fare la nostra parte nel mondo in accordo con quanto ci sembra più incomprensibile, al momento. Altrimenti, che valore avrebbe la fede, il coraggio, la ricettività tanto cara ai mistici, santi e poeti di tutti i tempi. 
Amare ciò che conosciamo è facile ed è un passatempo a cui tutti siamo più o meno avvezzi, ma amare ciò che temiamo, accogliere l'imprevedibile e l'ignoto è il balzo oltre il tempo. E' il vero amore, il dare regale. 
Siamo tutti chiamati all'amore in questo momento. E alla bellezza, che è l'unico contagio davvero essenziale. Teniamoci strette le gioie del cuore, anche nelle piccole cose che forse stiamo rivalutando proprio in questi giorni, perché non c'è vibrazione più salvifica per tutti, e per il pianeta, della gioia. In sanscrito, Ananda, pienezza del cuore, gioia senza oggetto, piacere inesauribile che sgorga da dentro, non proviene da fuori. 

Ci vuole il ritiro apparente dal mondo per ricordarselo. Che la nostra natura è intimamente estetica, artistica, un altro modo per dire spirituale. 
In questa sorta di isolamento forzato c'è un invito all'apertura di inimmaginabile portata. C'è chi porta a spasso il proprio cane, indossando la mascherina, ma alzando gli occhi a scorgere la fioritura dei ciliegi in un viale che magari ha percorso chissà quante volte al giorno senza mai notarlo prima. 




Nella solitudine consapevole non c'è isolamento, può esserci la chiamata a non indulgere in comportamenti compulsivi per riempire le proprie giornate con attitudini compensatorie, bensì a iniziare a vedere. Vedere davvero, con occhi nuovi, il valore della vita, l'appartenenza a qualcosa di infinitamente più grande di noi. La chiamata al Canto, alla poesia, alla comunione, alla leggerezza, alla disinvoltura, malgrado tutto o forse grazie a tutto. Il canto che è il grido trasfigurato dei poeti, il "brivido della durata" per dirla ancora con Handke:

"e ogni volta per gesti di poco conto nel chiudere con cautela la porta, nello sbucciare con cura una mela, nel varcare con attenzione la soglia, nel chinarmi a raccogliere un filo".





C'è un dio delle piccole cose che in questo momento esulta con noi.
Ed ha come sottofondo la musica delle nostre giornate intrise di una straordinaria quotidianità rarefatta. 
Accogliamole come una benedizione, per quanto ci è possibile. 
Con cautela, ma senza paura. 

"Siate senza paura: 
è l'unico modo per essere sani" 
(Paramhansa Yogananda)

Bocca di fonte, tu che dài, tu bocca che hai solo una parola, e sgorga pura
- tu maschera di marmo alla figura mutevole dell'acqua ...
Orecchio della terra. Con sé sola parla così.
Se un'anfora si posa, sembra alla terra che tu l'abbandoni. (RM Rilke)
Torino, 7 marzo 2020 - Parco del Valentino

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