30 maggio 2014
28 maggio 2014
FESTINA LENTE - AFFRETTATI LENTAMENTE (ELOGIO DELLA LENTEZZA)
[...] La lentezza non è pigrizia, è attenzione e presenza. È propedeutica a qualsiasi pratica spirituale, di risveglio o di autorealizzazione che dir si voglia: mangiare lentamente, respirare lentamente, parlare lentamente… non c’è testo a tema evoluzione personale che in qualche punto non tiri fuori l’aggettivo lentamente. La lumaca è un grande maestro zen. Non ha mai fretta, gode di quello che ha, molto semplicemente. Racchiude in sé la sintesi delle polarità sessuali, una fusione di maschile e femminile che chiunque dovrebbe potenziare interiormente, prima ancora di andare in cerca dell’anima gemella fuori di sé. Leggi tutto l'articolo, nato dal mio incontro con Luis Sepulveda al Salone del Libro di Torino: Elogio della lentezza | Lumache Zen e Luis Sepulveda
E, a proposito di lentezza, mi piace segnalare questo evento di prossimo svolgimento: Viviamocilento Festival (31 maggio-1 giugno). Protagonista la macchia mediterranea di una delle aree naturalistiche più belle d'Italia, il Cilento che, non a caso, è tutelato come Patrimonio dell’Umanità Unesco per la dieta e lo stile di vita mediterraneo. Punta Licosa, Cala Bianca e Punta Infreschi, la Grotta Azzurra, il sentiero di Apprezzamilasino ed il Museo Vivo del Mare sono solo alcune delle tappe delle escursioni (dalle 10.00 alle 16.00) che si chiudono al tramonto, in riva al mare, per gustare le tipicità gastronomiche (dalle 18.00 alle 19.00): Acqua Cecata, Acqua Sale, Alici ‘mbuttunate, Cannoli, Cavatielli alla cilentana, Ciambotta, Fusilli con la mollica. Giochi “dimenticati” e gare di aquiloni allieteranno i più piccini, mentre con le famiglie passeggeranno alla scoperta della macchia mediterranea (dalle 10.00 alle 14.00). Alla sera il variegato programma musicale, curato dal giovane Direttore Artistico, Giovanni Sparano, andrà incontro a tutti i gusti. Tra i nomi dei tanti artisti che prenderanno parte ai concerti, Eugenio Bennato & Taranta Power che faranno ballare il pubblico di Casal Velino al ritmo della Taranta, gli Afterhours, i Marlene Kuntz. Il tutto a ritmo lento, lontano da logiche di consumo e commerciali, per uno slow festival a misura d’uomo e per l’uomo, un festival che per la prima volta unisce tutta la costa del Cilento da Castellabate ad Agnone, da Pollica a Casal Velino, da Pisciotta a Palinuro sino a Sapri. Un intero territorio con cui dialogare senza necessità e obblighi di spostamento, che, come nelle comunità della Magna Grecia, vive negli anfiteatri degli spettacoli raccolti per dare spazio alla riflessione e alla rigenerazione, al viversi lento, al viversi dentro.
Costa del Cilento |
www.viviamocilento.it
www.facebook.com/VIVIAMOCILENTO
info@viviamocilento.it
Ticket su:
www.viviamocilento.it
www.ticketone.it
27 maggio 2014
26 maggio 2014
21 maggio 2014
WESAK 2014 E INCONTRO CON GIUDITTA DEMBECH
Se dovessi fermarmi a pensare da quando questa “magia torinese” che a più voci mi è stata predetta ha cominciato a mettersi in moto, forse è proprio al mio primo volta pagina con il libro di Giuditta Dembech in mano. Perché - come narrato anche in questo post di febbraio - dietro ai libri ci sono persone e le loro particolari energie assorbite nelle parole (che sono veicoli) utilizzate. Ad ogni modo, il risultato - uno dei tanti dell'incantesimo legato a Torino - è stato che quest'anno ho potuto prendere parte alla cerimonia del Wesak che da oltre 30 anni Giuditta celebra in questa città che, tra l’altro, è la città dove si è svolto pubblicamente per la prima volta in Occidente il Wesak, nel 1981. Ma quello di quest'anno - ci avverte subito Giuditta - è un Wesak speciale.
Basti dire che è l’avvenimento decisivo dell’intero anno spirituale. Quello che voglio riportare è un assaggio di memoria personale, o anche solo rendere pubblico un ringraziamento speciale per le oltre 500 persone che erano presenti all’evento e che hanno contribuito a quella emanazione di coscienza nuova che ora più che mai contraddistingue il cammino evolutivo dell’umanità. Il fulcro del Wesak a cui ho preso parte domenica scorsa (18 maggio a 3 giorni dalla notte esatta del Plenilunio del Toro che quest’anno cadeva il 14 maggio) è l’idea di comunione e Unità che rende obsoleta qualsiasi separazione di sorta si voglia associare alle esperienze cosiddette spirituali. E infatti, nello schema seguito dalla Dembech per lo svolgimento del Wesak, una parte è dedicata all’ascolto interiorizzato di preghiere, invocazioni, inni appartenenti ad epoche e luoghi del mondo diversi, eppure totalmente affini nella sostanza. “Ascoltate bene e accorgetevi di quanto dicano, in fondo, tutti la stessa cosa” ci esorta Giuditta.
€ 15,00 |
Il nucleo fondante l’ispirazione comune è un andare al di là di qualsiasi paura, consapevoli del sostegno di una Intelligenza Superiore che non commette errori. Per arrivare a questa sensazione sana di fiducia totale al di là di qualsiasi senso morale di Bene e di Male, è necessario abbandonare una volta per tutte il senso della separazione (torniamo al punto chiave dell’Unità) che è figlio dell’ego e dell’affanno per la sopravvivenza e l’autoconservazione. Non è davvero più tempo per queste sensazioni a vibrazioni basse, siamo entrati nell’epoca dell’accettazione non giudicante che non implica passività bensì forza di volontà (plesso solare) e forza dell’abbandono (dal Cuore in su), che è molto diverso. Pensateci bene: chi è davvero più “attivo” tra chi – di fronte a un accadimento disturbante – re-agisce immediatamente seguendo i moti istintuali della mente che si mette subito sulla difensiva, e chi, invece, sceglie di non reagire, mette una pausa tra l’accadimento e il comando stimolo-risposta del corpo-mente e sceglie volontariamente di rimanere al di là del giudizio, affidandosi all’Intelligenza Superiore che lo guida soffermandosi a cogliere l’insegnamento spirituale che si cela dietro l’accadimento? Perché nulla capita a caso e dietro alle manifestazioni materiali ci sono sempre i segnali dell’Anima. Questo significa essere pro-attivi. Non si tratta, dunque, di remissività, anzi. Si tratta di mettere in pratica con cognizione di causa meccanismi di potere molto forti di cui disponiamo tutti indistintamente, se solo ci decidiamo ad aprire gli occhi una volta per tutte.
€ 15,00 |
“Bisogna darsi una mossa, questo è il tempo ottimale del cambiamento” – ci sprona Giuditta Dembech dopo averci comunicato che dal Dicembre del 2013 le energie planetarie sono esponenzialmente mutate, potenziate, ed ecco perchè il Wesak del 2014 è speciale: siamo definitivamente entrati in una nuova era, un nuovo modo di agire nel mondo a partire da nuove percezioni della realtà è un destino inevitabile. E’ il piano cosmico universale che si sta attuando e noi – in particolare i nati dopo il 1946 (cioè dopo il Plenilunio dei Gemelli di quell’anno) – ne siamo i “facilitatori” assunti direttamente da Dio. Che ci crediate o no, questo è il nostro scopo, la nostra missione e gli accadimenti della vita non faranno altro che condurci verso questa direzione. Tanto vale esserne consapevoli ed evitare di procrastinare altre inutili sofferenze legate a schemi di pensiero ormai obsoleti per una nuova umanità.
La Grande Invocazione – il testo che si recita durante il Wesak – è in tal senso molto esplicativo e può essere ripetuto anche in altri giorni dell’anno, anzi più si ripete (preferibilmente ad alta voce) meglio è. “È il Padre Nostro della nuova era” afferma simpaticamente Giuditta Dembech. L’ultimo messaggio che ci viene dato, dopo aver praticato una intensa meditazione guidata che ci ha condotti direttamente ai piedi del sacro Monte Kailash nell’Himalaya tibetano dove il Wesak pone le sue radici, è questo: “i Maestri ci sono sempre e sostengono il nostro cambiamento”. La Dembech ci affida questo “pensiero-seme” da coltivare fino al prossimo Plenilunio di maggio e mi sembra evidente il senso di incoraggiamento totale che esso contiene. Scegliamo di cambiare in meglio per il benessere nostro e di tutta l’umanità: l’Intelligenza Superiore (l’intero Universo o Dio come lo si preferisce chiamare) ci sosterrà senza riserve.
Il mio Buddhino personale nella posizione del Sognatore con il fiore del Wesak - Torino 18 maggio 2014 |
Mantra
Lokah Samastah Sukhino Bhavantu
Possano tutti gli esseri in tutti i mondi essere felici
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08 maggio 2014
06 maggio 2014
Il linguaggio nascosto dell’Hatha Yoga (con gli occhi di una donna sannyasin)
Se vi sentite disorientati è un buon segno, non è un caso che stiate leggendo queste righe e che qualcosa dentro di voi risuoni (o anche no) con esse.
Il punto di partenza è il libro “Il linguaggio nascosto dell’Hatha Yoga – Il significato simbolico e spirituale delle asana” di Swami Sivananda Radha, uno dei primi testi in cui mi sono imbattuta nei primi anni dei miei approfondimenti sull’argomento. Ci sono particolarmente affezionata per vari motivi, non ultimo il fatto che a scriverlo sia stata una donna, cosa che potrebbe sembrare normale visto che oggi lo yoga coinvolge l’universo femminile forse anche più di quello maschile, ma se rivolgiamo lo sguardo al passato, la situazione cambia. Anzi, si capovolge.
Nella tradizione classica dell’Hatha Yoga le minuziose informazioni trasmesse per la pratica della disciplina prendevano esplicitamente come punto di riferimento il corpo maschile, e i testi utilizzati come modello per secoli sono opera di yogi di sesso maschile.
“Assai raramente – scrive l’Autrice – una yogini ha messo per iscritto i suoi insegnamenti, o ha avuto dei discepoli; pertanto sappiamo ben poco del pensiero femminile”.
Sivananda Radha (1911-1995), allieva di Swami Sivananda Saraswati, è stata la prima donna occidentale a diventare sannyasin (nella tradizione induista, chi si dedica esclusivamente al cammino spirituale) ma quello che trasmette in questo libro mantiene a mio avviso una sensibilità così squisitamente femminile che seduce ad ogni passo, ben lungi da qualsiasi tipo di austerità che si potrebbe istintivamente associare all’idea di una donna swami.
Radha con Swami Sivananda sul Gange a Rishikesh |
Quel significato simbolico e spirituale, l’aspetto nascosto, invisibile eppure sperimentabile delle asana, che è il fulcro dell’ispirazione del libro, è anche il nodo cruciale dello Yoga tout court, l’essenza che consente di differenziare una posa ginnica da una postura yogica. Squisitamente femminile è il modo con cui Sivananda Radha conduce per mano il lettore in questo viaggio nelle asana appellandosi, in modo particolare, alla cosiddetta percezione intuitiva.
“Al di là dell’ascolto delle parole vi è un ascolto intuitivo. Nella tradizione orientale ogni persona è uno scopritore, un avventuriero, il laboratorio di se stesso, l’artefice di un’indagine personale. Spetta al singolo individuo investigare, ricercare, ricorrere all’intuizione, perché chi insegna lo yoga non toglierà all’allievo la gioia di fare da solo le proprie scoperte”.
In questo ascolto si svela tutta la potenza risvegliante dell’hatha yoga – dove “ha” significa sole e “tha” significa luna e yoga – come sappiamo – significa “unione”: concetto portante nella realizzazione delle asana è quello di equilibrio, integrazione e concetto portante dell’ispirazione del libro è l’approccio alle asana come simboli, codici che consentono di decifrare il linguaggio del profondo - essenzialmente poetico - con cui l’anima di ogni essere umano si esprime e di cui l’Autrice si fa un po’ guardiana restituendone le tracce da ogni punto di vista: corporale e sensoriale, emotivo, psichico.
Illustrazione tratta dal libro di Sivananda Radha - Tadasana / Montagna |
Per ogni asana, oltre alle illustrazioni e alla spiegazione della posizione dal punto di vista fisico, viene dipanata una rete di corrispondenze significative stimolate per analogia, invocando l’intuizione, appunto, più che la logica – ed è in questo strumento così congeniale al femminino (e di cui tutti indistintamente dovremmo riappropriarci mollando la presa dal cervello raziocinante) che mi piace scorgere l’abbaglio ammaliante di tale lettura.
Arricchito con citazioni del maestro B.K.S. Iyengar e con una parte introduttiva che introduce allo yoga ma già con un piglio che oserei chiamare psicologico, questo libro è un grande regalo per chi vuole avvicinarsi allo yoga contando su un approccio che concilia Oriente ed Occidente ed è uno scrigno di ispirazioni per chi già lo pratica e, forse ancor di più, per chi lo insegna.
Unica pecca: le asana prese in rassegna non sono molte e la voglia di continuare ad essere portati per mano dalla sensitività di questa sannyasin è davvero tanta.
Illustrazione tratta dal libro di Sivananda Radha - Bhujangasana / Cobra |
Ancora qualche suggestione dal libro: praticando Bhujangasana (posizione del cobra) avete mai pensato all’implicazione psicologica del simbolo del veleno letale di cui questo animale si fa veicolo? Cosa c’entrano le parole (che sono chiavi di lettura) “tana di vermi”, “faccia in giù” “cambiare pelle”, “bloccato in una posizione”?
E nel mantenere Gomukhasana (la posizione del muso di vacca) avete mai pensato alle implicazioni simboliche – che sottilmente agiscono nello scambio di energie che si mette in moto con la Sadhana (pratica spirituale) – dell’animale di cui il vostro corpo si fa viatico? Dalla dea-vacca egizia che innaffia la terra con la sua pioggia di latte alla vacca sacra indiana messa in relazione addirittura con il loto.
Illustrazione tratta dal libro di Sivananda Radha - Padmasana / Loto |
“Spero che il suo lavoro contribuirà a costruire il ponte tra corpo, mente e anima, in modo che l’attenzione prestata a questi tre elementi si trasformi nel tempo in un’unica accezione, volta alla trasfigurazione del vero Io”.
Swami Sivananda Radha
Il linguaggio nascosto dell’Hatha Yoga Red Edizioni, Milano 1993, 2010
Traduzione: Carla Sborgi dall’originale americano Hatha Yoga. The Hidden Language.
Il significato simbolico e spirituale delle Asana € 39,00 |
05 maggio 2014
SCIAMANI, SCIAMANESIMO E YOGA SCIAMANICO
Riprendere confidenza con il mondo dell'invisibile è il diktat dei tempi che stiamo vivendo, un periodo molto intenso di trasformazione per tutta la Terra, un momento davvero fecondo per chiunque voglia dare una sferzata al proprio processo evolutivo a favore di un recupero integrale del proprio benessere. Intendo per benessere e integrità il riappropriarsi di quella gioia di vivere che è l'unico scopo della nostra vita la quale non è altro che un sogno, un “gioco divino” (lila, come ama definirla la filosofia indiana) e come tale va vissuta: libera da condizionamenti, memorie dolorose, pesi karmici e altre zavorre che appesantiscono il naturale stato di vuotezza e leggerezza che ci compete per diritto di nascita.
Non rimane che "arrendersi" all'evidenza sperimentabile della magia in tutto ciò che ci circonda, ovvero degli strati invisibili delle cose, dell'essenza psichica del mondo materiale, della non oggettività dell'esistenza, dell'unità di fondo che permea ogni nostra esperienza, dell'essenza vibrante di pura luce, puro spazio, puro vuoto, pura energia che noi siamo in quanto microcosmo che ha in nuce tutte le stesse qualità del macrocosmo: le cellule del nostro corpo risuonano con i trilioni di stelle che compongono l'Universo e ogni legge della natura funziona per assonanza in ogni singolo organo del nostro corpo fisico. Siamo fatti di terra, acqua, fuoco, aria, etere. Siamo fatti della stessa sostanza della Terra, e dei sogni - parafrasando poeticamente Shakespeare. Come possiamo dimenticarci di tutto questo?
A Vercelli, in occasione della mostra di Kandinsky - Aprile 2014 |
Leggi anche: QUELLA VIA ERETICO-EROTICA ALL'UNITA'
La religione più spontanea della Terra è quella che possiamo chiamare spiritualità di natura perché non c'è niente di più ri-unificante che il puro esistere gioioso privo di chiacchiericcio mentale, tipico degli esseri che vivono in tale stato naturale: riuscite a percepire, osservandolo attentamente, la quiete di un albero (anche quando un temporale devasta i suoi rami), di un lago (anche quando una burrasca scuote le sue acque), di un prato d'erba, di un cigno, di una formica e via dicendo, qualsiasi circostanza esterna ci sia? Anche noi siamo parte di questo universo naturale dove l'unico comandamento che vige è la forza della vita (la pura energia vitale). In più - in quanto esseri umani fatti per "trascendere" il puro stato vegetale e animale - abbiamo come dotazione una supermente che, se utilizzata bene (di solito ci avvaliamo solo del 10% dell'intero potenziale!) è uno strumento di potere inimmaginabile, come approfondito in questo post dedicato al Risveglio dell'energia vitale Kundalini.
“Utilizzare bene la mente” vuol dire anche risvegliare le facoltà mentali meno legate al pensiero e più connesse alle qualità superiori dell'intuizione, della visualizzazione immaginale, della creatività. Vuol dire tornare ad essere sciamani, saper dialogare con le forze invisibili che permeano il mondo visibile, edificarsi una dimora fatta di sogni che scegliamo noi di vivere e distruggerla ogni volta che è divenuta troppo stabile, vuol dire fluire nel cambiamento in totale armonia con le leggi della natura e del nostro daimon, il richiamo e la vocazione dell'anima. A tal proposito, potete leggere anche questo articolo pubblicato su Quantic Magazine: Dall’ipnosi materialistica al sogno creativo: il cammino del “fare anima”.
Wassily Kandinsky, Composizione su bianco, 1920 |
"Nel loro habitat, per la prima volta nella vita, trovai qualcosa di veramente meraviglioso, e questo prodigio diventò l'elemento di tutti i miei lavori successivi". Queste la parole di Kandinsky - il quale, ricordiamolo, prima di dedicarsi all'arte pensava di diventare antropologo - dopo il suo viaggio nella regione dei komi, 880 km a nord-est di Mosca dove si recò per studiare le credenze delle tribù ugro-finniche. Poi navigò verso est lungo il fiume Suchona, penetrando nelle foreste di un "altro mondo" come egli lo ricorda, dove la gente credeva ancora negli spiriti e nei demoni. L'esperienza spirituale dello sciamanesimo in Siberia e l'esperienza del colore nelle izbe dei contadini russi trasformò la vita di Kandinsky e, di conseguenza, la sua stessa arte che, da quel momento in poi risultò intrisa di suggestioni sciamaniche.
"La questione non è quella di rinunciare a raffigurare un oggetto in pittura - afferma l'artista al rientro dal suo "viaggio iniziatico" - ma di una modificazione interiore che trasformi una visione del mondo razionalistica, in una visione spiritualistica e irrazionale". E ancora: "Battute inattese di tamburo, stimoli e nostalgie dilaniate, catene e pastoie spezzate che portano dal molteplice all'unità" (Wassily Kandinsky).
Leggi anche: IL TAM TAM DELLA SIBERIA, SIBERIA: QUELL'IMMENSA DISTESA AD EST DEL CUORE, meravigliosi reportage con la traccia inconfondibile di Alberto Caspani
Sciamani argentini, foto di Nonterapia |
Alessandra Gianoglio con lo sciamano Mauro "Thamaak" Giulianini |
Suggerisco inoltre la lettura di questa vibrante intervista di Alessandra Gianoglio: Incontrando uno sciamano a ZEN-A: Intervista a Mauro“Thamaak” Giulianini, dove trovare stimolanti risposte a queste domande: Che cosa vuol dire essere uno sciamano oggi, in tempi moderni? Come facciamo a riconoscere un suono giusto per noi? Come può fare una persona a seguire quel qualcosa che “ti spinge dentro?”
Viaggi sciamanici:
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