28 febbraio 2016

Perché i sogni non vanno interpretati


Partiamo da questa semplice constatazione: ciò che si produce nei sogni non sono altro che immagini. Immagini impregnate di una grande forza evocativa. Bene, tali immagini non chiedono di essere credute, capite o analizzate, ma semplicemente accolte, celebrate nel non giudizio in una condizione di totale assenza di sforzo.

Lo sforzo, compreso quello di voler interpretare ogni cosa, è una prerogativa della mente che tutto vuole comprendere con i parametri del pensiero logocentrico, discriminante e dualistico per definire l’esperienza a mezzo di categorie (bello, brutto, giusto, sbagliato, positivo, negativo, ecc.).
Ma quando si lascia che a parlare sia l’anima, l’ultima parola sarà sempre una rivelazione.

“Il corpo dell’uomo vuole cibo,
la mente assiomi,
l’anima estasi”

(Elémire Zolla)

Questo vale anche per i sogni che altro non sono se non esperienza, immagini prodotte dall'anima non diversamente da quelle prodotte nello stato di veglia. Se si torna all'origine di tutte le cose, alla loro essenza de-materializzata, si scopre che tutto il mondo fenomenico non è altro che un grande sogno, una inconsistente visione impregnata di energia, vibrazione e suono…
Tutto é sogno, anche nello stato di veglia noi stiamo vivendo i nostri sogni, le nostre proiezioni.



Detto questo, quello che si sperimenta nell'esperienza onirica notturna può sembrare di natura differente dal sogno mattutino e in parte effettivamente lo è: ciò dipende dal fatto che durante il sonno notturno la mente molla un po’ di più la presa, é meno attivo il controllo razionale dell’attività cerebrale che invece tende a prevaricare nello stato di veglia sotto forma di automatismi.
Tendono cioè a manifestarsi spontaneamente i contenuti inconsci del nostro vissuto, la poesia spesso poco rassicurante delle parti infere della nostra anima, la danza di Ade in tutte le sue performance anti-concettuali, la spietata eppure ingenua potenza onnicomprensiva della Natura.


E così … ti si presentano scorci impetuosi ed impietosi di oceani in tempesta con onde gigantesche che spezzano linee di orizzonti imbevuti di sangue, mentre il corpo di tua madre è dilaniato dalla nostalgia mentre tiene in braccio la versione neonata di te che scalcia, piange e ride contemporaneamente, e tu assisti, sgomenta, a questo strazio sulla cima di un precipizio insieme ad un unicorno imbizzarrito, un abisso tale che a solo guardarlo ti si arresta il respiro. Vorresti muoverti, metterti in salvo, hai il piede conficcato in un solo centimetro di roccia, dopodiché … solo la vertiginosa altitudine del vuoto.  

Ti svegli in una valle di lacrime e… “Oddio, che vorrà dire? Una catastrofe sta per abbattersi sulla mia famiglia, la casa al mare verrà distrutta, mia madre sta per morire, io sono incapace di agire, non avrò mai dei figli miei, ho paura di lasciarmi andare, non so volare e…” Stop. Respira.
Niente di tutto questo.
È più entusiasmante di quanto tu possa immaginare.




“La natura è un tempio…
e l’uomo vi passa
attraverso foreste di simboli familiari”

(Baudelaire)

Rimani con le sensazioni, non fuggirle ma non interpretarle. 
Hai compiuto un bardo (cioè un transito, per approfondire leggi qui: Lo stato intermedio, quella “gaffe” chiamata morte) durante la notte e al risveglio sei una persona nuova, letteralmente rinata. 
I “personaggi” del sogno sono gli attori della tua vita, unicorno incluso! Non vogliono dirti proprio niente, vogliono solo danzare con te, con le tue emozioni più intense perché è di intensità che si nutre l’anima, non di spiegazioni.



“Le cose più importanti,
nella morte, come nella vita,
accadono a mente vuota”

(Il profumo della luna, Selene C.W.)




Se afferri questo anche solo per un istante, sei libero, sei libera.

Libero, libera di goderti i tuoi sogni, senza paura, giudizio, diffidenza, prudenza, aspettative. I sogni, così come tutte le situazioni della vita e le persone che ne fanno parte, sono dei, spiriti, entità psichiche, messaggeri dell’anima, e se si torna all'essenza spirituale che permea qualsiasi aspetto della realtà fenomenica, non c’è nient’altro da fare se non… danzare, seguendo il ritmo naturale delle cose. Danza con i tuoi spiriti, nutri i tuoi demoni, non giudicarli, piuttosto amali!
Tutto questo è Natura allo stato puro.
‎Il sogno è una Porta Segreta che ci invita a vedere con gli occhi interiori ciò che solitamente non vediamo con gli occhi esteriori della sola visione razionale: il mondo dell’invisibile, appunto.


"Ora, il grande segreto è che le immagini 
non sono concetti
che vogliono significare qualcosa, 
come pensano coloro che
intendono interpretare i sogni. 
Le immagini sono forze."

(Il profumo della luna, Selene C.W.)


“Esiste una certa affinità tra il mondo del subconscio umano e il mondo della natura. L’uomo che impoverisce il significato della sua vita, fuggendo dalla bellezza di un contatto sano e frequente con la natura, è anche l’uomo che fugge da un’importante dimensione di se stesso. […] Egli svilupperà una esagerata razionalità che gli impedisce di sentire la voce dei miti, dei simboli onirici, dell’universo subconscio.

«Tutte queste cose – dirà poi – sono inutili fantasmi, e in realtà, non fatte per me».

E invece la limpida voce della natura ci parla continuamente della realtà e del significato dell’esistenza, con purezza e ingenuità, e talvolta ci provoca quel senso di ricordo o stimolo profondo che Mircea Eliade chiama «nostalgia del paradiso» e Paul Claudel «Canto di Anima».


L’uomo, che a forza di rumori e ansia atrofizza quest’ultima chiamata nostalgica, cade in una vera e pericolosa crisi di senso dell’esistenza. Vita e morte, musica e silenzio, riso e pianto, semina e raccolta… sono altrettante chiamate che esistono in ciascun uomo e lo invitano ad aprirsi e a crescere maggiormente per capire il messaggio più bello e autentico che, dentro e fuori di noi stessi, la natura continuamente scrive: l’amore, l’accoglienza e il rispetto per ogni soffio di vita è la più grande realtà, è quello che conta di più. Purtroppo l’uomo ingabbiato e artificiale è solo preoccupato di classificare, sintetizzare in laboratorio e poi imbottigliare ed etichettare le preziose e ingenue realtà della natura, per cui neanche si rende conto di aver collaborato alla loro distruzione… Nell'interiorità c’è come un muro. Da questa parte del muro si ammucchiano etichette, schemi e scatole da classificare; dall'altro ci sono immensi oceani, limpidi cieli stellati e paesaggi sconfinati che restano muti.” (
Mariano Ballester da "Meditare un sogno")


I sogni ci spronano ad abbattere questo muro, ad attraversare la Porta Segreta fra i due mondi con una chiave impeccabile ed infallibile: l’amore. Amare l’invisibile che è l’essenza spirituale di ogni cosa, in una parola: l’anima. 

Sognare – così come tutte le attività che ci mettono più a stretto contatto con la sostanza invisibile delle cose – (la meditazione, ad esempio) è una resa totale all'integrità del nostro essere, che è fatto di luce e ombra, all'unisono con l’armonia degli opposti che regola la natura e l’universo intero: giorno e notte, sole e luna, luce e materia oscura. L’abbraccio sempiterno degli amanti divini. E se ci si sveglia nostalgici, impauriti, turbati, inquieti dopo un sogno… non solo non bisogna preoccuparsi, ma conviene ringraziare: è l’anima che si svela nel canto dell’eterno svanire. E grazie a te, ha ridato voce a immensi oceani, limpidi cieli e paesaggi sconfinati …
Scusate se è poco.



Le Potenze dell'Anima
Anatomia dell'uomo spirituale
Voto medio su 1 recensioni: Da non perdere
€ 10,00



Il Profumo della Luna Voto medio su 27 recensioni: Da non perdere
€ 12,00

Altre letture consigliate

“Meditare un sogno – Dimensione spirituale del mondo onirico” di Padre Mariano Ballester

“Il sogno e il mondo infero” di James Hillman

23 febbraio 2016

Franco Battiato | Lo stato intermedio, quella “gaffe” chiamata morte



“Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”…  Il grande filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein ci aveva avvertito circa il limite intrinseco al parlare discriminante che occulta, più che rivelare, i significati reconditi di una realtà da cogliere intuitivamente più che razionalmente, nel silenzio (e nell’ascolto) più che nella chiacchiera speculativa. Ma poi ci sono cose di cui non si vuole parlare ma si dovrebbe, e allora il silenzio è più simile a una omissione fintamente consolatoria, una via di fuga e, peggio ancora, una imperdonabile menzogna… Tra queste “cose di cui non si vuole parlare” c’é senz’altro la morte, un tema che nella cultura occidentale viene esorcizzato in tutti i modi, se non addirittura rimosso, scaltramente evitato.


“La nostra società teme la morte. È tanatofobica, dannatamente tanatofobica. La morte è il tabù della nostra società. La morte nella nostra società è come gravata da inibizione comunicativa. Parlarne significa infrangere le convenzioni e commettere una specie di gaffe” (Gianluca Magi). Ben vengano, dunque, ai fini di un risveglio delle coscienze, “gaffe” sovversive come il libricino appena uscito nelle librerie, edito da Arte di Essere, dal titolo Lo stato intermedio ‎che fa dialogare le voci di Franco Battiato e Gianluca Magi proprio sul tema della morte, ‎ senza troppi giri di parole e con la profondità essenziale, l’audacia  e la sana ironia di cui possono essere capaci solo i visionari.
L’accoppiata Battiato-Magi non può che rientrare a pieno titolo nel girone degli immaginalisti creativi. Guardando con l’occhio interiore si può entrare in intimità con il mondo spirituale (di ciò che è invisibile, intangibile), e questo è il primo passo 
per comprendere il senso autentico di ciò che chiamiamo “nascere” e “morire”. Primo passo ma forse anche l’ultimo, nel senso che è l’unico gesto consapevole richiesto ai fini del risveglio dalle illusioni, morte inclusa

‎"L’attenzione è la strada verso l’immortalità,
la disattenzione è la strada verso la morte.
Gli attenti non muoiono, 
i disattenti sono come già morti"
(Dhammapada, 21)

bardoarticolo

 “La vera morte è non trasformarsi mai.
Niente scompare, tutto cambia.
Se accettiamo le nostre trasformazioni, siamo immortali.”
(Gianluca Magi)

Attenzione e trasformazione. Presenza e impermanenza. Consapevolezza e non attaccamento. Eccole, le parole chiave con cui far crollare qualsiasi tabù sulla morte e accogliere il senso immediato di liberazione che ne consegue. L’attenzione della presenza è coscienza dell’essere qui e ora, senza preoccupazioni per il futuro o rimpianti per il passato, è l’unico tempo che richiede di essere vissuto dall’anima, il resto sono “paranoie” della mente, attaccamenti dell’ego (i veli di chitta maya, per dirla con i buddhisti), depistaggi dell’incoscienza (ovvero della non conoscenza che in sanscrito suona come avidja), insomma: sogno o “pura allucinazione” parafrasando Franco Battiato in un altro prezioso libricino a più voci (Il silenzio e l’ascolto – Conversazioni con Pannikar, Jodorowsky, Mandel e Rocchi).

E sempre Battiato, non si domandava forse in una delle sue celebri canzoni: “Chi sono, dove sono quando sono assente di me”? (Chan-son Egocentrique). Non basta vivere, bisogna essere coscienti di vivere, e non serve fingersi impermeabili alle sensazioni o alle emozioni, anzi. Non si tratta di diventare più o meno buoni, bravi o “spirituali”, ma più sensibili, ampi e resilienti. E per farlo, l’unica attitudine richiesta è l’attenzione.

La presa di coscienza della vita è una simultanea presa di coscienza anche della morte.


“Per i tibetani il perdere coscienza durante la morte è il riflesso dell’assenza di consapevolezza durante la vita” ci ricorda Gianluca Magi nel libro Lo stato intermedio, evocando una delle letture fondamentali a riguardo – il Bardo Thodol noto in Occidente come Il libro tibetano dei morti – lettura molto impegnativa ma recentemente “riadattata” dal maestro tibetano Sogyal Rinpoche nell’opera intitolata Il libro del vivere e del morire.  “Morire è solo trasformarsi in un passaggio da una dimensione a un’altra – gli fa eco la riflessione di Battiato. Tutti dobbiamo passare attraverso questo cambio di esistenza. Anche chi non studia assolutamente questo passaggio”… Tanto vale studiarlo, aggiungerei – anzi, esperirlo direttamente – quando si è ancora in vita. Ed eccolo, il punto cruciale: nascita e morte sono in realtà processi simultanei, come dentro a un respiro, composto di inalazione ed esalazione.


L’esistenza è un grande respiro universale in cui si nasce e si muore continuamente.

 “Nell’esalazione c’è il giorno, nell’inalazione la notte” suggerisce il grande filosofo e mistico shivaita Abhinavagupta alludendo all’atto creativo che ogni esistenza incarnata compie quotidianamente: creare e distruggere, manifestare all’esterno e riassorbire all’interno, senza soluzione di continuità. Se si prende dimestichezza con questo processo di creazione e distruzione, manifestazione del reale e riassorbimento delle sue proiezioni, che permea le nostre vite incessantemente – in una parola, con l’impermanenza (o vacuità, termine caro ai tibetani) – il momento della morte apparirà finalmente per ciò che è:  non fine, non inizio, ma passaggio.

La meditazione è senz’altro una delle corsie preferenziali per raggiungere tale dimestichezza, per entrare in contatto con ciò che é invisibile, intangibile, impermanente e silenzioso. In una parola: spirituale. Che altro è meditare se non fare esperienza della morte? Se non entrare in ascolto dell’anima (essere universale) compiendo il sacrificio (sacrum facere) dell’ego (essere individuale) nell’immobilità di un gesto di resa totale che è amore? Surrender, abbandono, resa totale, fiducia nello spirito. Entrando nel sacro si entra in se stessi, avrebbe aggiunto a questo punto Alejandro Jodorowsky e, come contrappunto nella musica delle sfere, il canto del silenzio di Raimon Pannikar:

"Il silenzio ha direttamente a che fare con l’ascolto. Il silenzio non si può creare se non si sa ascoltare. Non è un atto puramente fisico, il saper ascoltare. Sapere inteso come sapida scienza, come conoscenza… Saper ascoltare la musica delle sfere, avrebbe detto Pitagora… La prima cosa da fare per entrare nel silenzio è saper ascoltare… Per poter entrare nel silenzio, devo saper stare zitto non solo con le parole ma anche con il corpo. Senza una certa immobilità del corpo non si può conseguire l’immobilità dello spirito. Uno dei grandi dogmi occidentali è quello della volontà: se fai una cosa, questa deve avere un fine. In sanscrito, invece, una parola che esprima il concetto di volontà neppure esiste. Ci manca una dimensione femminile, da intendersi come disponibilità all’accoglienza, come fiducia nello spirito. É un guaio questo voler sempre prendere l’iniziativa". (Il corsivo è mio)


Si può fare esperienza della morte ogni volta che ci si rende disponibili ad accogliere, mollando la presa sul controllo (il potere del darsi) che altro non è se non un generatore automatico di paure, tensioni, inquietudini, timori, perplessità. Più ci si aggrappa alla vita – questo voler prendere sempre l’iniziativa – più si teme la morte. “La paura della morte non è effettivamente ciò che sembra, cioè il timore che la vita si arresti.  Se sperimento la vita come possesso, io ho paura della morte, ovvero di perdere ciò che ho … La paura di affrontare l’abisso della non identità, dell’essere perduto“. (Gianluca Magi)

Ma non esiste perdita per chi non ha nulla da perdere, nemmeno il nulla può nuocere al nulla.





Al momento della morte, non avviene una morte “reale”, perché la nostra natura innata è al di là del tempo. Nel Bardo le fiamme non possono bruciarci, le armi non possono ferirci, tutto è illusorio e privo di sostanza: tutto è vacuità. […] Le esperienze che appariranno al momento della morte sono inconcepibili. La cosa più importante è ricordare di non essere tristi o depressi, non ve ne sarebbe motivo. Bisogna mantenere piuttosto l’atteggiamento di un viaggiatore che ritorna a casa. Tutti, più o meno, siamo prigionieri delle nostre abitudini, paure, illusioni. Le sofferenze dovrebbero indurci ad abbandonare l’ego, che chiude la strada del ritorno alla nostra natura divina.



Letture consigliate

statointermedio



Il Silenzio e l'Ascolto
Conversazioni con Panikkar, Jodorowsky, Mandel e Rocchi
Voto medio su 1 recensioni: Mediocre
€ 7,50

Lo Stato Intermedio Voto medio su 4 recensioni: Mediocre
€ 8,00

Il Libro Tibetano dei Morti
€ 24,50

Il Libro Tibetano dei Morti
€ 22,00

15 febbraio 2016

I grandi maestri dello Yoga | Paramhansa Yogananda Autobiografia di uno Yogi


"La tecnica di meditazione, il ricaricare la batteria del corpo di energia cosmica, non è una verità di fede o un dogma, ma una scienza dell'anima e dello spirito… Per molti lo yoga è diventato qualcosa di simile all'esercizio fisico, ma è incentrato sulla mente... Attraverso questo corpo, molti riceveranno l'illuminazione spirituale, dono dell'India". 

Dal 16 Febbraio 2016 al cinema è stato proiettato in poche date speciali, Il Sentiero della Felicità - Awake, the Life of Yogananda, film documentario sulla vita del celebre maestro indiano Paramhansa Yogananda, autore di Autobiografia di uno Yogi, un classico della letteratura spirituale che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo e che ancora oggi costituisce un riferimento essenziale per ricercatori, filosofi e cultori dello ‪yoga‬. Girato in tre anni, con la partecipazione di 30 paesi … A quanto pare Steve Jobs aveva un solo libro nel suo Ipad: l'Autobiografia di uno Yogi. 


AUTOBIOGRAFIA DI UNO YOGI è un libro commovente, intenso, semplice e al tempo stesso profondissimo, come chi l'ha scritto, la grande Anima del Maestro Yogananda. Dietro al destino eccezionale toccato a questo Maestro si scopre un percorso umano fatto di dubbi, incertezze, tormenti, debolezze e sofferenza che la forza spirituale di Yogananda è riuscita a trasmutare fino in fondo. Di Yogananda si conoscono le grandi frasi ispirate, gli aforismi illuminanti che fanno il giro del web, ma forse si conosce meno la sua tormentata vicenda personale, dall'infanzia all'adolescenza, il suo lato più "umano" che fa apprezzare ancora di più la grandezza di questo Guru: un incoraggiamento per tutti gli ostacoli che si incontrano nella via dell'autorealizzazione. Un libro fondamentale, al pari della Bhagavad Gita, per il ricercatore spirituale che magari si sente scoraggiato per le difficoltà inevitabili che incontra nel suo cammino. Un libro da cui lasciarsi ispirare. Ed emozionare.


Autobiografia di uno Yogi Voto medio su 32 recensioni: Da non perdere
Un altro libro - tra i molti - di Yogananda che consiglio è ALIMENTAZIONE YOGA. Come ogni testo di Yogananda, anche questo è una fonte inesauribile di saggezza. Con una pecca, forse, per noi occidentali: la maggior parte delle ricette è un pò lontana dal nostro mondo, nel senso che utilizzano ingredienti molto specifici dell'India, difficilmente reperibili nei supermercati italiani. Ma nulla esclude di prendere spunto da queste ricette per elaborazioni creative più fattibili nelle nostre cucine, cambiando qualche ingrediente. Pezzo forte, invece, è a mio avviso la lunga parte introduttiva del libro, incentrata sull'argomento cibo e salute. Sono pagine di fondamentale importanza per chiunque aspiri a uno stile di vita sano sia dal punto di vista fisico che mentale, con suggerimenti pratici su come concretizzare nella vita quotidiana un regime alimentare equilibrato, energetico, gustoso ma anche "spirituale", tenendo conto che "noi siamo quello che mangiamo". Un libro imperdibile per chi pratica yoga ma consigliato a tutti per l'irrefrenabile carica positiva che trasmette. 



"Di regola la parola "cibo" viene usata soltanto in relazione al nutrimento fisico; ma vi sono altri tipi di cibo e cioè l'energia mentale, o la concentrazione, e la saggezza divina. Il primo (cibo materiale) ricarica la batteria del corpo; il secondo (la concentrazione) ricarica la batteria della mente; il terzo (la saggezza divina) la batteria dell'anima. Avete mai analizzato la vostra dieta magnetica mentale? Mentre sappiamo che gli alimenti materiali riforniscono il corpo di energia, dobbiamo anche ricordare che i buoni pensieri sono cibo nutriente per la mente, e che i pensieri di qualsiasi altra natura sono velenosi per la salute del corpo e della mente" (Tratto da "Alimentazione Yoga")


Alimentazione Yoga Voto medio su 3 recensioni: Sufficiente
Yogananda - che ebbe come esplicito mandato divino quello di promulgare il suo insegnamento in Occidente - era molto attratto dalla figura di Gesù la cui lettura attenta agli occhi di qualsiasi sincero ricercatore spirituale non può che rimandare molteplici assonanze con la tradizione orientale. Pagine esemplari in tal senso sono quelle del libro LO YOGA DI GESÙ. Ne avevo approfondito la tematica in questo articolo: Lo Yoga di Gesù, il significato esoterico del Natale


























LE MIE 5 CITAZIONI PREFERITE DI YOGANANDA

1. “La libertà dell’uomo è definitiva ed immediata, se così egli vuole; essa non dipende da vittorie esterne, ma interne.”

2. “I vostri due occhi fisici vi inducono erroneamente a pensare che questo mondo di dualità sia reale. Aprite il vostro occhio spirituale e vedete la vostra forma invisibile. Se, nel silenzio interiore, il vostro occhio spirituale è aperto, l’invisibile diviene visibile.” 


3."Quando avete imparato ad essere felici nel presente, avete trovato la giusta via che conduce a Dio".


4. "Constatare che il mondo è un sogno senza cercare di raggiungere nella meditazione la realizzazione effettiva di questa verità, può condurre al fanatismo".


5. "Con la pratica della meditazione scoprirete che avete un paradiso portatile nel vostro cuore"
















A Varanasi, India, Marzo 2015

09 febbraio 2016

#FILM: CAROL “Dimmi che sai cosa stai facendo – Non l’ho mai saputo”


Cedo alla tentazione di scrivere – o almeno di provarci – ispirata da uno dei film più belli che io abbia visto negli ultimi anni. CAROL. Mi vengono i brividi solo a scrivere queste cinque lettere. Leggi tutto l'articolo qui


L’amore è la Forza universale, l’amore è la Forza che sta alla base di qualsiasi creazione, l’amore è la Forza che non ha altro fine se non il suo compimento e per questo, quando s’incarna in anime che si lasciano andare alla sua “chiamata”, diventa irreversibile, inarrestabile, infallibile. E vince. Amor vincit omnia. Anime, appunto. Non generi sessuali. Avevo già accennato a quest’argomento in un altro articolo: ANDROGINIA, AMORE E ANIME GEMELLE


... E se è vero, come è vero, d’accordo con Dostoevskij, che la Bellezza salverà il mondo, di sicuro è questa Bellezza di un ordine superiore, melodioso e armonico delle cose che salva il finale del film dalle solite tragedie cui le pellicole di genere ci hanno, più che abituate, direi sfinite. E mi fa sorridere che il film venga catalogato come “drammatico”. Dipende dai punti di vista, certo. Leggi tutto l'articolo su CAROL qui

Alcuni incontri cambiano la vita - Torino, 6 febbraio 2016

"Sarebbe stata Carol 
in un migliaio di città,
in un migliaio di case, 
in terre straniere 
dove sarebbero andate insieme,
in paradiso e all'inferno"


Letture consigliate
Carol (The Price of Salt) di  Patricia Highsmith
Anime Gemelle Anime Compagne di Saint Germain