Dopo i temporali della notte l'acqua acquista un colore
scuro, di terra e fango rimestati dal fondo, ma quando tutto tace il manto
trasparente del fiume rispecchia la freschezza delle Ande. E' da lì, infatti, che
proviene l'acqua del Rio Santiago, affluente del Rio delle Amazzoni e appendice
carnale di tutte le forme di vita presenti nel villaggio di Timbirè, dove sono
ospite, insieme al mio gruppo di viaggio. C'è un sole che spacca le pietre e i
pensieri, frantuma le forze e le indecisioni, asciuga lacrime e panni stesi sul
filo tra un tronco di palma e il recinto di un pollaio.
C’è un sole che disegna purpuree circonferenze e livide spirali sulle parti del corpo rimaste scoperte e che ricorda al
popolo della notte che i sogni non vanno confusi con le allucinazioni, da
queste parti, all'equatore, a un passo da vulcani attivi e dagli spiriti più
ancestrali che spalleggiano la Pachamama in tutte le sue ardite prodezze, che
sono confidenze a volte troppo audaci. Mi accosto alle sponde del fiume - dove si lavano i panni e si cerca l'oro indistintamente - come
fossi al capezzale di un amante ingelosito, ma senza denudarmi mi lascio
accarezzare dal tocco fresco della corrente che inizia a inzupparmi i vestiti
rendendomi più pesante e leggera al tempo stesso, mentre un coro di donne già
immerse nell'acqua accompagna il mio andamento lento con una fragorosa
complicità “Immergiti Cecilia, dai vieni…”.
M’immergo fin dove il ventre sposta
il fianco di lato quasi a danzarla, la corrente. La maglietta s’inebria di movimenti
d’acqua, le mani a vaso fanno traboccare la goccia che dà un senso definitivo a
quel momento, in un fotogramma rivivo le abluzioni al Gange, l’immersione sotto la Luna Piena alle Maldive, anima e corpo, corpo e sangue, sangue e vita, vita e morte. C'è sempre un concerto di eventi straordinari, prima di ogni nuova
nascita, creazione, ispirazione.
Sono immersa fino al collo in un fiume che s’inchina
alle Ande, circondata da un tripudio di vegetazione pluviale, e da un cerchio
di donne ecuadoregne afrodiscendenti che sorridono alla mia disinvoltura come bambini con
un filo di aquilone in mano, ad attendere le prossime acrobazie di vento e
incredulità. L’acqua ha sempre un potere purificatore, l’acqua è sempre come un
abbraccio materno, una giravolta nel grembo della Madre Terra, un canto liquido
senza punteggiatura che ha i ritmi della vacuità più accogliente e ingombrante che ci sia. L’acqua
di un fiume - citando Paulo Coelho nel Manuale del Guerriero della Luce – si
adatta al cammino possibile, senza dimenticare il proprio obiettivo: il mare.
RITUAL
Cierro los ojos
cae sobra mi espalda
acaricia
despierta
corre por los muslos
por los brazos
cae sobra mi espalda
acaricia
despierta
corre por los muslos
por los brazos
por mi pecho.
Cierro los ojoses mar!
Cierro los ojos
es rìo!
Abro los ojos.
Cierro los ojoses mar!
Cierro los ojos
es rìo!
Abro los ojos.
Seco mi cuerpo
para buscar el dìa
Serro gli occhi e mi cade sulla spalla, mi accarezza e mi sveglia mi scorre sulle gambe, sulle braccia, sul petto. Chiudo gli occhi è mare! Serro gli occhi è fiume! E disserro lo sguardo. Mi asciugo il corpo per cercarlo, il giorno. (Maria Guerra - Vocazione di vento)
Ecuador, Rio Santiago, 10 Aprile 2015 |
Ecuador, Rio Santiago, 10 Aprile 2015 |
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Sempre dall'Ecuador
PERCHE' NON VOLI? (IL CIELO DI ESMERALDA)
LA NOTTE PLUVIALE MI CHIEDE DI MORIRE PIU' IN FRETTA
ECUADOR, PACHAMAMA E YOGA ANDINO
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