La Valle della Luna lungo la strada che porta verso il Kashmir, nella valle dell'Indo, a 3990 metri di altitudine - Foto ©Cecilia Martino
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Il nostro "campo mobile" a Leh, capitale del Ladakh, tra le vette himalayane - Foto ©Cecilia Martino |
Dal 1 al 10 settembre del 2006 il piccolo Tibet indiano schiudeva le porte delle sue protuberanze viscerali a me che, del tutto ignara, mi accingevo timidamente a bussare a quelle porte, con poche teorie in testa, pochissime idee sul senso della vita e oltretutto pure confuse. Mi accingevo ad entrare nel portale energetico dei miei 30 anni sfidando i luoghi comuni che un viaggio in India ti cambia la vita per sempre. Ovunque tu vada, porterai sempre te stessa e la qualità di un’esperienza dipende sempre e solo da te, dalle risorse che sarai in grado di sprigionare, semplicemente lasciandoti andare, con resa incondizionata, allo stupore terrificante del mondo che prende vita nei reami, spesso più temuti che amati, dell’invisibile.
Le tradizionali bandiere tibetane con le scritte dei mantra costellano il panorama diffondendo buoni auspici nel vento Foto ©Cecilia Martino |
Il Ladakh è stato un viaggio liminale tra le
forme esorbitanti che gli scenari himalayani di questo angolo di India tibetana
spontaneamente riservano e le immagini visionarie scaturite dalla forza
creativa dell’anima lasciata libera di esprimersi selvaggiamente, forzandone
appena la spinta rivoluzionaria per lo più assopita da anni (secoli, millenni e
vite) di addomesticamento sociale e culturale devitalizzante ai fini
dell’autentica espressione di sé e del Sé. E’ stato l’inizio di un ciclo che ad otto anni
di distanza (ma quale distanza, poi?) si completa nell’amplificazione a spirale
che gli insegnamenti “occulti” di quel viaggio hanno lasciato alla mia anima
come una sorta di imprinting energetico e cellulare. Occulti sia perché esoterici
in senso stretto, in quanto strettamente legati alla tradizione della spiritualità
di natura tantrica, sia in senso metaforico in quanto a me completamente
sconosciuti. Allora ero davvero all’oscuro di tutto …
Chorten, monumenti votivi eretti mettendo una pietra sopra all'altra a evocare la forma degli stupa, monumenti buddisti la cui forma simboleggia ll'illuminazione - Foto ©Cecilia Martino |
Mi fa tenerezza pensare a come un
viaggio del genere, carico di una spiritualità così dirompente e integrale che
oggi sposa la mia consapevolezza senza troppi corteggiamenti, mi sia “capitato”
(ma il caso non esiste, questo ormai è assodato) quando ero completamente
ignara di tutto: lo yoga era solo una parola come tante e per giunta estranea
al mio vocabolario, con tutti gli annessi e connessi del caso (pranayama,
mantra, mudra, chakra, asana … tutti termini
esotici dalle indecifrabili ridondanze).
Ma forse proprio tale ingenua vuotezza ha permesso agli spiriti di
quel viaggio di danzare in un campo neutro, in un certo senso vergine, del
tutto privo di aspettative perché la mia unica convinzione era che andavo a
visitare un bel posto, molto bello, che avrei incontrato sciamane tantriche
(era parte del programma) come piacevole variante folkloristica sul tema, avrei
conosciuto nuove persone e avrei fatto un bel reportage (sì perché l’occasione
mi fu data anche grazie al mio lavoro giornalistico) …
Foto ©Cecilia Martino |
Panorama di Leh, capitale del Ladakh - Foto ©Cecilia Martino |
Un bel messaggio di amore universale contro lo spargimento di sangue, comprensibile considerando che il Ladakh è al confine con i territori di Pakistan e Afghanistan - Foto ©Cecilia Martino |
DEVI TOGLIERE L’ANSIA DALLO
SFORZO
L'ottantenne sciamana Sonam Zangmo durante il
rituale dell’offerta agli spiriti dei quattro elementi (riso, burro, acqua e
incenso) - Foto ©Cecilia Martino |
Togliere l’ansia dallo sforzo. Un’equazione che sta per: non c’è ansia nel senza sforzo, ovvero nello stato naturale dell’essere. Ci vuole più fatica a porre resistenza che non a lasciarsi andare, eppure sembra che lo sport preferito di noi occidentali sia proprio quello di impiegare quasi tutte le nostre energie a sforzarci di resistere. Se ci ricordassimo di tornare e rimanere il più a lungo possibile nello stato di natura, ci accorgeremmo presto di quanta vitalità è capace il nostro “sistema bioenergetico”, il corpo quale veicolo di pura espressione creativa. Il corpo quale tempio e poesia dell’anima, quale viatico per esperire beatitudini inimmaginabili anche in virtù del suo potente valore simbolico.
Nella doppia foto qui sopra: la sciamana Sonam Zango nella sua versione rispettivamente "peaceful form" (forma pacifica) e "Angry-form (forma arrabbiata, quella della possessione durante la trance)
“Il bisogno stesso dell’illuminazione o del risveglio ha un senso
fintantoché si guarda dal punto di vista della realtà oggettiva, della ragione,
ma quando il corpo-simbolo si manifesta, anche il concetto di risveglio viene
superato e si comprende che, in verità, non vi è nulla da cui risvegliarsi,
basta smettere di fare sforzi per rimanere addormentati” (Selene Calloni
Williams - Il metodo simboloimmaginale)
Basta smettere di fare sforzi per rimanere addormentati.
Basta smettere di fare sforzi per rimanere addormentati.
Non produrre sforzi
non pensare
non riflettere
non analizzare
non ricordare
rimani nello stato naturale.
CONTINUA … LADAKH: LAMAYURU, IL MONASTERO E LA LUNA PIENA
Io e la sciamana alla fine del rituale, Settembre 2006 |
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