06 settembre 2014

LADAKH: UN VIAGGIO LUNGO 8 ANNI

La Valle della Luna lungo la strada che porta verso il Kashmir, nella valle dell'Indo, a 3990 metri di altitudine - Foto ©Cecilia Martino
C’è un silenzio irreale fuori, la Valle della Luna sprigiona diaframmi di luce stratificati in melodrammatici panorami  inenarrabili e noi dentro i fuoristrada ne cogliamo dai finestrini l’irrisoria porzione prima di assorbirne il sogno e nessuno osa parlare. C’è un silenzio irreale dentro. Dentro i fuoristrada e dentro di noi. Lo ricordo come fosse ieri, eppure sono passati esattamente otto anni. Mi ritrovo in mano alcuni appunti di quel viaggio e le dispense rilasciate da Nonterapia come memento di un’esperienza che non finiva con quel viaggio ma che, anzi, da quel viaggio sarebbe appena cominciata. 
Il nostro "campo mobile" a Leh, capitale del Ladakh, tra le vette himalayane  - Foto ©Cecilia Martino



Dal 1 al 10 settembre del 2006 il piccolo Tibet indiano schiudeva le porte delle sue protuberanze viscerali a me che, del tutto ignara, mi accingevo timidamente a bussare a quelle porte, con poche teorie in testa, pochissime idee sul senso della vita e oltretutto pure confuse. Mi accingevo ad entrare nel portale energetico dei miei 30 anni sfidando i luoghi comuni che un viaggio in India ti cambia la vita per sempre. Ovunque tu vada, porterai sempre te stessa e la qualità di un’esperienza dipende sempre e solo da te, dalle risorse che sarai in grado di sprigionare, semplicemente lasciandoti andare, con resa incondizionata, allo stupore terrificante del mondo che prende vita nei reami, spesso più temuti che amati, dell’invisibile. 
Le tradizionali bandiere tibetane con le scritte dei mantra costellano il panorama diffondendo buoni auspici nel vento Foto ©Cecilia Martino

Il Ladakh è stato un viaggio liminale tra le forme esorbitanti che gli scenari himalayani di questo angolo di India tibetana spontaneamente riservano e le immagini visionarie scaturite dalla forza creativa dell’anima lasciata libera di esprimersi selvaggiamente, forzandone appena la spinta rivoluzionaria per lo più assopita da anni (secoli, millenni e vite) di addomesticamento sociale e culturale devitalizzante ai fini dell’autentica espressione di sé e del Sé.  E’ stato l’inizio di un ciclo che ad otto anni di distanza (ma quale distanza, poi?) si completa nell’amplificazione a spirale che gli insegnamenti “occulti” di quel viaggio hanno lasciato alla mia anima come una sorta di imprinting energetico e cellulare. Occulti sia perché esoterici in senso stretto, in quanto strettamente legati alla tradizione della spiritualità di natura tantrica, sia in senso metaforico in quanto a me completamente sconosciuti. Allora ero davvero all’oscuro di tutto … 


Chorten, monumenti votivi eretti mettendo una pietra sopra all'altra a evocare la forma degli stupa, monumenti buddisti la cui forma simboleggia ll'illuminazione - Foto ©Cecilia Martino




Mi fa tenerezza pensare a come un viaggio del genere, carico di una spiritualità così dirompente e integrale che oggi sposa la mia consapevolezza senza troppi corteggiamenti, mi sia “capitato” (ma il caso non esiste, questo ormai è assodato) quando ero completamente ignara di tutto: lo yoga era solo una parola come tante e per giunta estranea al mio vocabolario, con tutti gli annessi e connessi del caso (pranayama, mantra, mudra,  chakra, asana … tutti termini esotici dalle indecifrabili ridondanze).  Ma forse proprio tale ingenua vuotezza ha permesso agli spiriti di quel viaggio di danzare in un campo neutro, in un certo senso vergine, del tutto privo di aspettative perché la mia unica convinzione era che andavo a visitare un bel posto, molto bello, che avrei incontrato sciamane tantriche (era parte del programma) come piacevole variante folkloristica sul tema, avrei conosciuto nuove persone e avrei fatto un bel reportage (sì perché l’occasione mi fu data anche grazie al mio lavoro giornalistico) …
Foto ©Cecilia Martino
L’universo che mi si spianò davanti fu, ovviamente, di tutt’altra natura. E la portata di tale universo non è da poco se, otto anni dopo, sono ancora qui a scriverne, con uno stato d’animo che oscilla tra la gratitudine e la malinconia ma, in ogni caso, spudoratamente felice perché – come ispirano le formule psichiche della creazione immaginale sperimentate durante quel viaggio –  la mia esperienza è stata, ed è tutt’ora nel presente in quanto tutto torna nella simultaneità del tempo non lineare, l’esperienza del puro piacere, il gioco del moto immobile e della perfetta creatività.
Panorama di Leh, capitale del Ladakh - Foto ©Cecilia Martino
Un viaggio che continua a produrre i suoi effetti benefici dialogando con le molteplici esperienze che in questi otto anni ho maturato, portandole quasi a compimento e nello stesso tempo dissolvendole, sgretolandone ogni certezza per ricondurmi in ogni momento più delicato della mia vita, alla necessità del vuoto, di quel Vuoto che riempie perché fa spazio, spazio per tutto quanto la volontà è in grado di creare con la catartica magia dell’immaginazione creativa che tutto è fuorché civettuosa fantasticheria che allontana dalla realtà. Ma quale realtà, poi? 
Un bel messaggio di amore universale contro lo spargimento di sangue, comprensibile considerando che il Ladakh è al confine con i territori di Pakistan e Afghanistan - Foto ©Cecilia Martino
Fare il vuoto, essere pienezza, sprigionare bellezza, rinunciare ad essere chi non sé è scelto di essere, amare, darsi, morire, giocare. Essere, senza sforzo. Sibilline e ora più che mai intrise di amore, mi tornano in mente le parole che la sciamana del Ladakh (una delle due che incontrammo, puoi leggere il racconto per intero qui), mi rivolse dopo aver tastato alcune parti del mio corpo, evidentemente da esorcizzare: 


DEVI TOGLIERE L’ANSIA DALLO SFORZO

L'ottantenne sciamana Sonam Zangmo durante il rituale dell’offerta agli spiriti dei quattro elementi (riso, burro, acqua e incenso) - Foto ©Cecilia Martino

 Togliere l’ansia dallo sforzo. Un’equazione che sta per: non c’è ansia nel senza sforzo, ovvero nello stato naturale dell’essere. Ci vuole più fatica a porre resistenza che non a lasciarsi andare, eppure sembra che lo sport preferito di noi occidentali sia proprio quello di impiegare quasi tutte le nostre energie a sforzarci di resistere. Se ci ricordassimo di tornare e rimanere il più a lungo possibile nello stato di natura, ci accorgeremmo presto di quanta vitalità è capace il nostro “sistema bioenergetico”, il corpo quale veicolo di pura espressione creativa. Il corpo quale tempio e poesia dell’anima, quale viatico per esperire beatitudini inimmaginabili anche in virtù del suo potente valore simbolico.

Nella doppia foto qui sopra: la sciamana Sonam Zango nella sua versione rispettivamente "peaceful form" (forma pacifica) e "Angry-form (forma arrabbiata, quella della possessione durante la trance)

Il bisogno stesso dell’illuminazione o del risveglio ha un senso fintantoché si guarda dal punto di vista della realtà oggettiva, della ragione, ma quando il corpo-simbolo si manifesta, anche il concetto di risveglio viene superato e si comprende che, in verità, non vi è nulla da cui risvegliarsi, basta smettere di fare sforzi per rimanere addormentati” (Selene Calloni Williams - Il metodo simboloimmaginale)

Basta smettere di fare sforzi per rimanere addormentati
.


Non produrre sforzi
non pensare
non riflettere
non analizzare
non ricordare
rimani nello stato naturale
.


CONTINUA …  LADAKH: LAMAYURU, IL MONASTERO E LA LUNA PIENA

Io e la sciamana alla fine del rituale, Settembre 2006

IL METODO SIMBOLOIMMAGINALE: GUARDA IL VIDEO



Ladakh: Lamayuru, il monastero e la luna piena

Monastero di Lamayuru - Foto ©Cecilia Martino



C’era la luna piena, era il 7 settembre del 2006.
Le pietre con le incisioni dei mantra impresse come graffiti alchemici parevano risuonare ed effondere nell’aria arcane vibrazioni. Il monastero tibetano di Lamayuru imponeva la sua sagoma nell’alto della montagna quasi fosse un’apparizione, un’allucinazione e un sogno frutto dell’incontinenza immaginale che a quelle altitudini probabilmente stavo spontaneamente sperimentando.



Sulla via per Lamayuru, attraversando la valle dell'Indo e la Moon Land, la valle della Luna         
Foto ©Cecilia Martino





Altitudini spaziali e mentali
. L’aria rarefatta impone respirazioni più lente e profonde, i movimenti tendono a decelerare, è come se avvenisse un naturale allentamento delle difese. Senza sforzo, per l’ottimizzazione delle energie nel corpo, il corpo stesso si arrende e la mente fuoriesce dalle sue ordinarie percezioni senza troppi convenevoli.
L’Himalaya è stato il mio primo tappetino naturale in cui praticare yoga senza nemmeno accorgermi di farlo.


Monastero di Lamayuru - Foto ©Cecilia Martino



Mi trovo a quasi 3500 metri, posseduta dalle sensazioni che tante ore di fuoristrada lungo la valle dell’Indo con la meravigliosa attraversata della Valle della Luna avvenuta a 3990 metri lungo la strada che porta in Kashmir, hanno attecchito in chissà quali strati di profondità dell’essere.
Non so se sono più sfiancata o eccitata, fatto sta che ho gli occhi sbarrati nella notte e la luna piena che sembra più grande del dovuto, pare quasi entrare dalla finestra per indugiarvi a lungo e riempire con il suo bagliore lattiginoso tutto lo spazio della mia piccola camera nell’unica Guesthouse presente a Lamayuru (almeno otto anni fa era così): Moon Land.


 

Il corpo è elettrizzato pur nella spossatezza, sento incombere con una certa insondabile gravità la presenza del Lama Yung Drung, il monastero che avremmo visitato la mattina dopo e che ho appreso essere uno dei più grandi e antichi conventi buddisti di tradizione tibetana su tutto il suolo indiano. Il suo nome significa la “Svastica del lama” e pare sia stato fondato intorno all’anno 1000 dal mistico Naropa che, come mi viene spiegato durante il viaggio, è uno dei grandi maestri dello yoga sciamanico di matrice tantrica che risuona insieme a nomi quali Abhinavagupta, Ma Gcig, Yeshe Tsogyel, Padmasambhava e soprattutto, Tilopa (suo maestro) e Marpa (suo discepolo).



Tutti nomi accomunati da una propensione che scoprirò presto essermi congenita e congeniale, quella al linguaggio mitopoietico, creativo, analogico, metaforico, che rompe gli schemi descrittivi della logica per restituire all’espressione verbale un’inflessione più simile all’indescrivibile. La poesia è la cosa più vicina al silenzio. Tutti i più grandi mistici furono anche poeti, e mai come durante questo viaggio sono potuta entrare in risonanza con una vocazione di cui peraltro al tempo ero ancora all’oscuro.  Non tanto quella alla scrittura poetica, che ho sempre riconosciuto sin da piccola, mi riferisco a inclinazioni più mistiche e spirituali.

Pietre con incisi i mantra- Foto ©Cecilia Martino





























C’erano dei fenomeni, però, che mi accadevano al tempo e che si riproposero proprio durante quel viaggio e, in particolare, durante la notte a Lamayuru, con la luna piena sul guanciale sporco di sangue essiccato della mia “cella” di passaggio e le pietre colorate con le incisioni sanscrite che salmodiavano senza sosta il Re dei mantra: Om Mani Padme Hum, il mantra più recitato e conosciuto anche dai non buddhisti, dal significato che può essere poeticamente reso così: c'è un diamante nel fiore di loto (per il significato spirituale rimando direttamente alle parole del Dalai Lama)



Pietre con incisi i mantra e sullo sfondo il monastero di Lamayuru- Foto ©Cecilia Martino


Il fenomeno, di cui parlo la mattina dopo anche a Selene, è questo: sento il corpo farsi improvvisamente molto pesante, sono in uno stato di dormiveglia ma più che altro di sonno lucido, avverto che c’è qualcosa che sta per avvicinarsi a me ma non riesco a spostarmi, a compiere alcun movimento, ho il corpo come congelato e mi è impossibile qualsiasi mossa, dunque, mi arrendo a ciò che deve accadere, e succede in una manciata di secondi: mi sento attraversare il corpo da sibili luminosi che mi scuotono, come se un soffio di vento simile a spiritelli fruscianti mi penetrasse entrando e uscendo dal mio corpo. E poi tutto finisce.



La sensazione espressa in una sola parola è quella di attraversamento. Mi sento attraversata, compenetrata e penetrata come se il mio corpo fosse una porta e “qualcuno” ci passasse attraverso causando una sorta di sussulto e scuotimento alle mie membra. Di tutto questo processo io rimango cosciente dall’inizio alla fine. Oggi ho imparato a convivere con questo fenomeno che ogni tanto si ripropone e che non riesco a far accadere a mio piacimento. Semplicemente, a volte, accade. Quando sento che sta per succedere, ormai, mi rilasso e … mi godo lo spettacolo, anche perché ultimamente esso è propedeutico a un altro tipo di esperienza che poi si attiva dopo l’attraversamento: la fluttuazione della mia coscienza fuori dal corpo. Ma questa è un’altra storia.


Interni del monastero di Lamayuru- Foto ©Cecilia Martino




























Tornando a Lamayuru, in un balzo temporale di otto anni che implode senza soluzione di continuità nella medesimezza in cui mi accingo a compiere questo narrare rimembrando un viaggio che in realtà sta continuando ancora, dopo la notte insonne trascorsa in compagnia delle più svariate entità invisibili (dagli spiriti lunari a quelli sibilanti…), è tempo di visitare il famoso monastero. Scrigno di tesori inestimabili, ne colgo oggi la portata e il significato per la mia personale evoluzione: facevo il mio ingresso trionfale nel regno della forza rivoluzionaria del tantrico “andare controcorrente”, con la complicità della più potente energia che abbiamo a disposizione (l’energia sessuale, Shakti) e il benestare dell’universo intero.



L’immagine della svastica (termine sanscrito derivante da svasti che significa prosperità, benessere, abbondanza, successo) con rotazione inversa che fa capolino in vari angoli del monastero, è il simbolo psichico da cui la mia immaginazione irresistibilmente attratta inizierà a nutrirsi per la redenzione dell’anima, un po’ indotta dalle pratiche insegnate durante il viaggio, un po’ spontaneamente lasciando fluire le sotterranee intuizioni del momento.


La grotta originale dove meditò Naropa. Al suo interno sono state poste le statue raffiguranti Tilopa, Naropa e Milarepa, i tre maggiori yogin della tradizione del buddismo tantrico diffuso in Ladakh. In verità non si poteva fotografare, essa è gelosamente custodita con tanto di chiusura a chiave. 
Foto ©Cecilia Martino



Mi troverò di fronte alla grotta dove ha meditato Naropa, il grande maestro realizzato che diffuse in Tibet le dottrine del Mahamudra, il Grande Sigillo. Ne assorbirò le energie, i misteri, i silenzi che ancora oggi rimbombano quando sento che non ne posso più di qualcosa.  E mi riportano all’essenza da dove far ripartire, intatta, la mia pura gioia.


  “Il Vuoto non ha bisogno di appoggio,
la Mahamudra non si appoggia a nulla.
Senza alcuno sforzo,
ma rimanendo sciolti e naturali,
si può rompere il giogo
ottenendo così la Liberazione


(da “Il Canto della Mahamudra di Tilopa” in “Insegnamenti di Yoga Tibetano”






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Il piccolo monaco "custode" della chiave della grotta di Naropa,
una bellissima immagine con lettura simbolica per chi la vuole leggere.
La chiave della Liberazione … - Foto ©Cecilia Martino

05 settembre 2014

IO CHE SONO L'ETERNA NON NATA ...




"Io che sono l'eterna non nata, mai creata, mai reale, mai irreale, riconosco la mia anima, la mia essenza naturale, come splendente vacuità. Non il nulla, ma la chiara luce dell'esistenza primaria. Perciò senza esitazione io che sono pura luce nel vuoto mi  do' alla luce riconoscendo nell'amore la sostanza unica di tutte le cose" (dai Canti di Yesghe Tsogyel) 


"Un gesto incontrollabile quando mi trovo di fronte agli spazi sconfinati della volta celeste, del tappeto oceanico con i suoi abissi, o davanti a un precipizio in cima a una montagna, è quello di aprire le braccia e piegare la testa in alto, quasi a curvarmi all'indietro, per espandere al massimo il magnetismo del plesso cardiaco, lasciarmi invadere dall'apertura del cuore con un senso infinito di gratitudine e di abbandono totale. "Eccomi, sono qui". E' tutto quello che mi serve. Non sono separata da tanta Bellezza. Onoro così il momento presente e ne celebro il mistero, danzando puntualmente nell'immobilità' del respiro" (dal post di luglio: METTI UN GURUPURNIMA ALLE MALDIVE)

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02 settembre 2014

#EVENTI: POESIA FESTIVAL 2014



Foto©Cecilia Martino
Dal 25 al 28 settembre la poesia torna ad attraversare i borghi antichi di sette comuni modenesi. Grandi autori – anche internazionali come i poeti inglesi Simon Armitage e Jamie McKendrick – testimonieranno la vitalità della poesia oggi. Insieme a loro salgono sul palco noti protagonisti di teatro, cinema e musica: Stefano Benni, Paola Turci, Paolo Jannacci, Davide Van De Sfroos e tanti altri, per oltre 30 eventi in quattro giorni, tutti gratuiti

Poesia Festival presenta la sua decima edizione e dal 25 al 28 settembre la provincia modenese che si adagia ai piedi del primo Appennino sarà lo scenario per l’ormai tradizionale rassegna di inizio autunno dedicata alla poesia e ai poeti. La rassegna porta il meglio della poesia italiana e internazionale nelle piazze dell’Unione Terre di Castelli (formata dai comuni di Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Marano sul Panaro, Spilamberto e Vignola) e nei comuni di Castelfranco Emilia e Maranello. Sul palco anche noti artisti della scena teatrale, cinematografica e musicale che rendono omaggio ai grandi poeti del passato. Tutto all'insegna del “piccolo è bello”, e di un’idea del fare cultura e del proporre eventi di qualità in quella provincia che è uno dei grandi repertori di bellezza, arte, gastronomia ed eccellenze produttive del nostro Paese.

L’inaugurazione è prevista per giovedì 25 settembre al Teatro Ermanno Fabbri di Vignola con la lezione magistrale del poeta Nanni Balestrini, protagonista della stagione delle neoavanguardie e infaticabile sperimentatore, e, a seguire, lo spettacolo con Lina Sastri Cantico – Cantico dei Cantici e Cantico delle Creature, recital con adattamenti originali da Gluck, Mozart e Mendelssohn con lettura di due testi immortali della tradizione ebraico-cristiana.

A Poesia Festival i poeti diventano protagonisti e possono confrontarsi con il pubblico degli appassionati e dei curiosi. La decima edizione presenterà una vera e propria antologia dal vivo della poesia italiana, con poeti come Valerio Magrelli (venerdì 26 settembre a Vignola), poeta e intellettuale fine interprete dei mutamenti del nostro tempo; Cristina Alziati, Paolo Febbraro e Gabriele Frasca (sabato 27 settembre a Castelnuovo Rangone), per un pomeriggio che mette a  confronto stili e personalità differente, ma dedita ad una personale ricerca stilistica, a testimonianza della ricchezza del panorama attuale; Mario Benedetti e Franco Buffoni (domenica 28 settembre a Spilamberto), poeti di primo piano e autori recentemente di pietre miliari della poesia contemporanea.

A questi autori vanno aggiunti quelli impegnati nella novità dell'edizione 2014, il Giro d'Italia della Poesia, un'iniziativa che nasce per dare una lettura della situazione culturale del Paese attraverso la lente dei poeti che vivono e animano i diversi territori. La prima tappa del Giro è nelle Marche (venerdì 26 settembre a Vignola), con i poeti Massimo Gezzi, Franca Mancinelli, Francesco Scarabicchi e Luigi Socci; nella seconda tappa si sconfina in Canton Ticino (sabato 27 settembre a Levizzano Rangone) con Prisca Agustoni, Fabiano Alborghetti e Vanni Bianconi, impegnati nel racconto della poesia italiana oltreconfine con un omaggio a Giorgio Orelli; e infine il rientro, nella terza tappa, sarà a Trieste (domenica 28 settembre a Spilamberto), una città simbolo della cultura italiana raccontata dai poeti Luigi Nacci e Christian Sinicco e dal narratore Mauro Covacich, con un omaggio a Umberto Saba.

Il confronto con la poesia in altre lingue è uno dei momenti fondamentali e di maggior successo di Poesia Festival e l'edizione 2014 si concentrerà sulla vivace scena britannica degli ultimi decenni con i poeti Simon Armitage e Jamie McKendrick, autori di grande successo in patria e all'estero, continuatori e innovatori di una lunga e ricca tradizione letteraria. Il pubblico potrà incontrarli a Vignola nel pomeriggio di sabato 27 settembre.

Poesia Festival è poesia da leggere e ascoltare, ma anche da mettere in scena, con l’aiuto del talento dei più brillanti protagonisti dello spettacolo, tra i quali spiccano i nomi della cantautrice Paola Turci, protagonista di un concerto-intervista a Castelvetro di Modena venerdì 26 settembre, di Vito con il recital originale Il cibo come poesia, racconto in versi dell’amore degli scrittori di ogni tempo per i sapori della tavola (venerdì 26 settembre a Castelnuovo Rangone), di Giuseppe Cederna impegnato nel toccante Dal sublime all'orrore – L'ultima estate dell'Europa, percorso attraverso gli scritti di poeti e scrittori testimoni della Grande Guerra (venerdì 26 settembre a Spilamberto), di Tiziano Scarpa che porterà in scena il suo onirico Lo show dei tuoi sogni, accompagnato da Luca Bergia e Davide Arneodo dei Marlene Kuntz (venerdì 26 settembre a Marano sul Panaro). A questi artisti si aggiungono Paolo Jannacci, che in Concerto per Enzo ripercorre la carriera del padre (sabato 27 settembre a Maranello), Stefano Benni con la sua originale riscrittura di Cyrano de Bergerac (sabato 27 settembre a Castelfranco E.) e Davide Van De Sfroos in un'intervista-concerto condotta dal giornalista Ezio Guaitamacchi (sabato 27 settembre a Spilamberto). La chiusura è affidata a Dallabanda, per un omaggio a Lucio Dalla con i suoi più fedeli compagni di musica e di viaggio (domenica 30 settembre a Castelnuovo Rangone).

Poesia Festival è un’occasione per condividere un momento significativo e per visitare un territorio fuori dalle consuete traiettorie del turismo, ma generoso con i visitatori, specie quando i borghi e le colline della provincia modenese si rivestono di colori irripetibili. Un festival diffuso, che unisce il piacere della scoperta dei luoghi e della bellezza della parola.

Quando: dal 25 al 28 settembre 2014
Dove: Unione Terre di Castelli in provincia di Modena (Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Marano sul Panaro, Spilamberto, Vignola) e comuni di Castelfranco Emilia e Maranello (MO). Gli eventi di Poesia Festival sono tutti gratuiti.
Per informazioni e dettagli sul programma www.poesiafestival.it

FONTE COMUNICATO STAMPA
Ufficio Stampa MediaMente 
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