Testo tratto da: "Giornata Internazionale dello Yoga: come lo yoga mi ha cambiato la vita" - Giugno 2017
Volendo omaggiare questa “disciplina” alla quale mi sono avvicinata da diversi anni ormai e che a me piace chiamare più filosofia o scienza di vita, ho pensato di attenermi a quanto di più diretto potessi trasmettere: la mia esperienza personale. Perché dirvi che – citando un “mostro sacro” della bibliografia yogica (Patanjali , Yoga Sutra) – lo yoga è “l’interruzione delle modificazioni mentali”, almenochè non siate già dentro questo mood, ne abbiate esperito fin dentro le cellule il senso, o vi siate cimentati anche solo per un po’ nell’arte del pranayama, non credo io possa aggiungere molto. Molto di quanto non voglia farvi apparire come pura teoria.
Per me lo yoga è stata, e continua ad esserlo, una delle avventure più esaltanti della vita in quanto la racchiude tutta, la vita, senza soluzione di continuità. Effettivamente sono arrivata al punto in cui non esiste più distinzione tra i momenti dedicati allo yoga e il resto delle mie attività. Certo, ci sono momenti della giornata scanditi dalla pratica vera e propria in cui mi dedico alla Sadhana (pratica yoga) nella sua interezza e “concretezza”: asana, pranayama, dharana e dhyana (posture fisiche, respirazione, interiorizzazione, concentrazione e meditazione).
Ma, c’è un ma…
Il tappetino (che qui uso come metafora della tecnica yogica propriamente detta) è la palestra e il tempio, l’addestramento, quell’allenamento del guerriero che vuole testare la sua volontà e tenere sempre vivo il fuoco della passione, dell’aspirazione (tapas, agni) … ma, appunto, c’è un ma. Il mio ma è che il vero yoga inizia fuori di lì, proprio quando ci si alza dal tappetino, in quel laboratorio prezioso che è il mondo, la vita quotidiana, il corpo fisico, gli amici, i colleghi di lavoro, i familiari e tutte le persone con cui si entra in relazione.
Lo yoga per me o è integrale o non è yoga!
“Niente di glorioso o inglorioso,
di sublime o di mediocre:
la conquista dell’Everest
non è più importante del su e giù nel traffico quotidiano,
se ogni gesto è fatto coscientemente”
(Satprem)
"Se la vita fosse un campo di fiori,
chi pratica lo Yoga integrale sarebbe una farfalla
che, pur toccando ogni singolo fiore,
non si posa mai su nessuno di essi,
ma di ognuno e' perfettamente in grado di ricordare il profumo...
Tutto dipende dal motivo per cui si sta volando.
La nostra farfalla ha distolto lo sguardo dai fiori
e per un solo attimo ha visto il cielo.
Allora ha scoperto la verità' più semplice: si vola per volare"
(Selene Calloni Williams)
Potrei dirvi anche che fare yoga aiuta a mantenersi in salute a 360 gradi, sempre che siate pronti a considerare salute anche la “malattia”, e che qualcosa di irreversibile si insinua in voi fino a farvi cambiare completamente visione della realtà. Fino ad accadervi dentro, come una rivelazione, quanto lo yoga abbia molto più a che vedere con il silenzio e con il non fare. Con l’essere yoga. Con il mestiere della resa e del dare. Quando il guerriero riposa sa che tutto si sta muovendo, dentro e fuori di lui simultaneamente. Ma per giungere a questo stadio bisogna allenarsi molto, all’inizio. Inutile negare l’importanza dell’intento e della motivazione personale. Poi tutto il resto viene da sé e non è una frase fatta o un modo di dire, almeno non per me, non lo è stato ed è la mia esperienza che sto riportando proprio perché scelgo volontariamente di sganciarmi da qualsiasi luogo comune (e ce ne sono tanti) che gravitano e gravano sullo yoga e sui cosiddetti “ambienti spirituali”. Mi fa sorridere perché… Non è forse la vita intera intrisa di immanenza divina, creatrice, vitale? Certo, anche di questo bisogna accorgersene, facendone esperienza diretta. Ricordarsi di ri-contattare chi siamo (chi siamo?) e riprendere a dialogare con lo spirito, quella parte invisibile della realtà materiale che la mente discriminante cataloga e definisce come unica realtà esistente e possibile. Lo yoga, e soprattutto la meditazione, sono in tal senso incredibili acceleratori evolutivi.
Yoga per me è quando ti alzi la mattina e l’esistenza ti pulsa nel cuore così intensamente che ti viene da benedire pure quel colpo di tosse inopportuno che potrebbe tramutarsi in mal di gola, per esempio, ma non importa! È quando ogni cosa si riappropria della sua collocazione, fosse anche la prossima bolletta da pagare, una persona cara che scompare o il prossimo timbro sul passaporto. E’ la vita che aumenta, senza riserve. È l’unione con tutto ciò che è, quando tutto è bello e fa meraviglia, ma anche quando tutto ci sembra inopportuno, con ciò che passa e ciò che resta, con ciò che semplicemente è, esiste e ha una ragion d’essere, l’unione con la sostanza invisibile delle cose, quell’intonazione che ci fa cantare, fischiettare, ridere, piangere, pregare o anche solo… anche solo, esistere.
Yoga per me è quando silenziosamente la vita progredisce, e si arricchisce, e lo fa chiedendomi il permesso, anche quando sembra che sia tutto già scritto. Yoga è il respiro della mia partitura scritto dalle mani divine, è l’alito del mondo che soffia dietro ogni gesto del mio corpo sacro, quando il Saluto al Sole diventa l’inchino all’universo di molteplici vite e che se anche non lo faccio tutte le mattine, non importa, il sole splende lo stesso e io sono felice. E’ quando posso serenamente godermi la malinconia del tempo che passa perché è eterno e ridere di questi ossimori che mi ricordano della coincidenza degli opposti e di come la vita sia un grande gioco. È quando viaggio, quando posto duemila foto sui miei profili Social e scherzo, ma poi sono serissima quando ringrazio l’universo a braccia aperte, e danzo con tutte le lingue del mondo e suono con tutti gli strumenti che posso perché il suono è all’origine, perché tutto è vibrazione e le mie ossa tremano e le ore sul tappetino con le mie asana continuano a farmi giocare, perché – parafrasando Nietzsche – posso credere soltanto a un dio che sappia danzare e abbia uno spiccato senso dell’umorismo! D’altronde “se sei saggio, ridi!” – diceva qualcuno.
Che ciascuno di voi possa trovare un filo d’oro che lo unisca (Yoga = Unione) a tale Forza di Vita che si può chiamare dio, o anima, o spirito, o coscienza, o pura esistenza o vero Sé o dio ignoto o demone o angelo custode e l’elenco potrebbe durare a lungo. Insomma, che l’Innominabile possa trovare un varco sempre aperto nel vostro cuore. Perché è da lì – il cuore – che la Vita preme per trasformarsi, evolversi, non malgrado voi ma attraverso di voi.
E non c’è che una parola per dirlo: Amore.
esiste qualcosa
Esiste qualcosa che langue
nell'assenza di esistenza
quando mi soffermo su dettagli
che ancora non vedo
e si fa breccia un profumo di silenzio
ad ubriacarmi il cuore
(Cecilia Martino)
Testo tratto da: "Giornata Internazionale dello Yoga: come lo yoga mi ha cambiato la vita" - Giugno 2017
"Lo Yoga non è una religione e va oltre la religione. Non è un credo, ma è formato da tutti i credi; non è un dogma e prospera sulla libertà dell'individuo. S'intende libertà interiore, da ogni pregiudizio, da ogni male, da ogni cattiveria, da ogni lusinga, da ogni possesso, da ogni attaccamento egoistico, da ogni istinto. Per riuscire in ciò devi amare tutte le religioni e non essere particolarmente di nessuna; devi rispettare tutti i credi e non attaccarti in particolar modo ad uno di essi; devi stimare tutti i dogmi, ma non saldarti a nessuno di essi, così eviterai la leggerezza, il fanatismo, l'intolleranza, il bigottismo, l'egotismo. Sono questi gli ostacoli più duri da superare e vincere per chi si dedica allo sviluppo delle energie latenti e specialmente alla conoscenza dell'Assoluto”
(dal libro "Esperienze Yoga" di Giorgio Furlan, direttore dell’Accademia Yoga 1969 di Roma nella quale ho avuto la fortuna di studiare e praticare dal 2009 fino al mio trasferimento a Torino, nel 2012)
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I maestri dell'Accademia Yoga 1969 di Roma, Elisabetta e Giorgio Furlan |
Attualmente sto approfondendo lo "yoga" dell'antica tradizione del Kashmir, della Via Diretta non-duale Advaita, un approccio sostanzialmente diverso dallo yoga più comunemente inteso o dalla "via progressiva" che rimane nel segno della dualità; per questo - citando Jean Klein che è uno dei maestri occidentali più rappresentativi di questa "Via", discepolo diretto di Ramana Maharshi - "non mi sentirai mai di usare la parola "yoga" per descrivere quello che insegno". Ringrazio il Samveda di Torino per farsi culla di insegnamenti così profondi ed essenziali.
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La reintegrazione attraverso la gioia
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