04 settembre 2023

Quella specie di fuliggine in cui Rembrandt trovava il suo oro

Filosofo in meditazione, conosciuto anche come Studioso in meditazione, è un dipinto del pittore olandese Rembrandt realizzato nel 1632 e conservato nel Museo del Louvre a Parigi in Francia.

La delicatezza della caducità, chiamiamola senza timidezza: morte. Perché "vivere e morire abitano la stessa casa. Sono due sorelle che escono insieme per strada. Se si incontra l'una, si incontra l'altra".

Christian Bobin: "Guardo il vagabondaggio aereo di una foglia morta, decifro la parola azzurra sul piumaggio di una ghiandaia. La ghiandaia sarà fulminata, la foglia è già morta, ma tutte e due, che sono solo di passaggio, parlano del più alto grado della vita. La morte ci parla della vita, la illumina. E' come quella specie di fuliggine in cui Rembrandt trovava il suo oro.
Pensiamo al Filosofo che ha dipinto. Si trova in fondo a una cantina, davanti a una finestra. I tre quarti del quadro sono rosicchiati da ciò che potremmo considerare insetti della morte, scarabei dell'eterno con la loro corazza nera. Ma, senza quel nero, non saremmo abbagliati dalla luce che cola dalla finestra, davanti alla quale si trova il filosofo e che è forse l'immagine dei Lumi che trova nel suo libro. 

Vivere e morire abitano la stessa casa. Sono due sorelle che escono insieme per strada. Se si incontra l'una, si incontra l'altra.

Mi piace ciò che taglia il gioco come si taglia un mazzo di carte, quando ne scartiamo una imprevista, quando la facciamo volare sul piatto in tavola. Mi piacciono le piogge estive. Mi piacciono i sorrisi che non sono rivolti a me. Mi piace il genio brusco del poeta Gerard Manley di Hopkins. Mi piace uno scoppio di risata nella stanza accanto. Mi piace il silenzio magnificamente scolpito da due note della tastiera di Bach. Mi piace ciò che passa davanti a me a tutta velocità e non tornerà. Sono incapace di amare la vita senza saperla mortale, nell'immediato".



Mi sovviene l'essenza del wabi sabi, intraducibile "vivencia" giapponese: più le cose si avvicinano all’inesistenza, più si fanno delicate ed evocative… E, forse in virtù di questo effimero, ci donano un senso paradossale di eternità. Eternità non nel senso di tempo senza fine, ma di senza tempo, atemporalità. Pensiamo alla fioritura dei ciliegi, e al rito millenario dell'Hanami che lo accompagna … Un rito interamente fondato sul semplice osservare la bellezza del momento. Hanami = ammirare la fioritura dei ciliegi.

Quante meraviglie della vita rimangono nell'ombra semplicemente perché non le vediamo. O se le vediamo, non le guardiamo veramente? In questo "guardare veramente"  c'è in serbo la morte: di chi guarda e dell'oggetto guardato. E in questo svanire, una luce autorisplendente - come l'oro che cola dalla finestra del meditante di Rembrandt - porta vividezza a ciò che resta come una vibrante danza di cosciente presenza di esistenza. L'abisso senza fondo della poeticità della vita.




Mi accordo in punta di piedi alla delicatezza dello sguardo in trasparenza quotidiana del sublime Bobin, con questi versi:

Le cose sono divinamente nude*

La realtà che nutre la fantasia

la nutre veramente?

Esiste, senza compiacersi,

una bellezza naturale delle cose, così come sono.

Un cane, l’erba, il pastore, le pecore

il clacson, il cigolio della freccia

il finestrino appannato, le colline marchigiane

la pioggia nelle narici

il codirosso, il passero solitario, la gabbianella, il ranch nascosto

il cartello stradale, la foglia e il fogliame

i cachi sull'albero, il fango, la gazza ladra

l’odore del pane del fornaio di quartiere

le stelle marine, le stalle

i calli sulle mani, le reti e i pescatori

le briciole sul tavolo, la svolta a sinistra, il rettilineo sul lungomare

le baracche vicino alla ferrovia

il treno quando è sera

la luna quando si vede e quando non si vede, le dita sulla tastiera

l'ultima parola della lista.

Come è bello e semplice ciò che appare

quando si guarda lentamente.

È lucido l’incontro, sbiadito lo sbaglio.

Non esistono errori, esiste l'errare e …

errando s’impara!

"Le cose sono divinamente nude", inedito Cecilia Martino, finalista Concorso Filo… in versi 2022 - Categoria Adulti

* Il titolo è un richiamo voluto a Marguerite Yourcenar della quale riporto la citazione completa, contenuta nel suo libro "Alexis o il trattato della lotta vana":

"È la nostra immaginazione che si sforza di rivestire le cose, ma le cose sono divinamente nude." 

Approfondimento e video-lettura della poesia





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