14 novembre 2014

#VIDEO E TESTO: TANTE BELLE COSE - ALICE



"L'amore è più forte della morte". Oggi lasciamo risuonare questa affermazione dentro di noi, senza porre distanze, giudizi e pregiudizi mentali, sovraccarichi emotivi o aspettative. Lasciamo fluire tutto quello che suscita la ripetizione di queste parole nel silenzio del nostro cuore, accogliendolo senza porre resistenze, osservandolo come si fa con un bel tramonto sul mare o con qualsiasi cosa ci provochi emozioni di pura bellezza. Fare pace con la morte (e, soprattutto con l'esperienza della sua non-esistenza), vuol dire fare pace anche con la vita, perché esiste solo un eterno divenire che non conosce inizi o fini, ma solo continue trasformazioni. Ogni fine è sempre un nuovo inizio e viceversa, l'arte di saper morire è uno dei segreti più potenti che si tramandano dalla notte dei tempi nelle tradizioni spirituali di matrice naturale, sciamanica, animistica, esoterica. Morire è tutto ciò che implica un cambiamento, un lasciar andare, un passaggio, una trasvalutazione e, in tal senso, sono molte le cosiddette "morti mistiche" che sperimentiamo nel corso della nostra vita: sono i momenti di necessaria trasformazione, di crisi, di cambiamento, in cui si percepisce che qualcosa di sé sta davvero mutando e richiede un gesto di totale resa. Se si prende la decisione di darsi a questi momenti, invece di opporre loro resistenza, si entrerà in contatto diretto con la bellezza di morire e della sua quintessenza: l'amore. Perché amare è darsi senza riserve, qualunque cosa accada. Ed è così che alla fine del tunnel si disegnerà un arcobaleno ... 



Devo lasciare la tua mano
senza dirti da domani
niente potrà cambiare il mio legame
anche se devo andare via
tagliare i ponti cambiare cambiare treno
l’amore è più forte di un addio
quello che fa battere il cuore sublimandogli il dolore
trasformare il piombo in oro tante belle cose ancora
alla fine del tunnel si disegnerà un arcobaleno
rifioriscono i lillà
tante sorprese innanzi a te
ti seguirò da un altra riva
qualunque cosa tu farai
io sarò con te come una volta
anche se andremo alla deriva
stati di grazia forze nuove
ritorneranno molto presto
nello spazio tra cielo e terra
si nascondono i misteri
come la nebbia e l’alba tante belle cose che tu ignori
la fede che abbatte le montagne
la purezza del tuo cuore
pensaci appena ti addormenti
l’amore è più forte della morte

 

13 novembre 2014

Yoga Integrale (Purna Yoga) Come fare quando "va tutto male" - Il Significato delle contrarietà

Il simbolo dello Yoga Integrale di Sri Aurobindo: un fiore di loto che si appoggia sulle acque blu di un lago, corrispondente al chakra del Cuore, il "grande trasformatore"



Facile rimanere in uno stato di gioia e gratitudine quando tutto va bene.
Ma cosa succede quando subentrano momenti di crisi, difficoltà o disagi di qualsiasi natura essi siano? E’ oltremodo importante comprendere fino in fondo il significato delle contrarietà. A maggior ragione se si è intrapreso un percorso di crescita spirituale. Anche perché, l’avrete senz’altro notato, spesso e volentieri il movimento di “ascensione” verso l’alto di chi con costanza porta avanti il suo cammino di realizzazione interiore è direttamente proporzionale a una spinta verso il basso: tale movimento di “discesa” è il punto cruciale se si vuole realizzare davvero l’integrità del proprio essere divino sulla Terra (sulla terra, appunto, non in cielo, o almeno, non solo).  Realizzare cioè che il Divino è davvero ovunque, anche nella materia e nelle sue configurazioni meno gradevoli (questo è puramente un giudizio mentale), anche nelle contrarietà che subentrano, puntuali, a ricordarcelo.
Ricordarci che per il Divino che noi incarniamo non esiste – citando Satprem – “niente di glorioso o inglorioso, di sublime o di mediocre: la conquista dell’Everest non è più importante del su e giù nel traffico quotidiano, se ogni gesto è fatto coscientemente”. Perché il Divino è di per sé qualcosa di glorioso. E ancora, “l’evoluzione non consiste nel diventare sempre più santi o più intelligenti, ma nel diventare sempre più coscienti”.
Riuscite a percepire il collegamento esistente tra le intemperie della vita e il senso profondo dell’evoluzione spirituale, non solo nostra ma di tutta l’umanità con cui siamo interconnessi?

Finché non si porta la Coscienza anche nel “basso”, non ci sarà alcun reale progresso.
La vera pratica inizia nella vita quotidiana, a tutti i livelli dell’essere, incluso il corpo fisico, la materia, il vitale che racchiude le emozioni, e il mentale che comprende tutti i pensieri. I puri stati di estasi a cui si può giungere in meditazione o utilizzando varie pratiche yogiche non sono il fine ultimo, anzi. Da lì bisogna scendere, portare la luce dalle cime ai bassifondi, perché l’anima è ovunque e in questo ovunque va celebrata, le vertiginose altitudini del cielo non sono diverse dagli abissi insondabili della terra con tutte le sue asperità. Vale la pena ricordare che lo stesso fiore di loto, simbolo per antonomasia di bellezza, purezza, perfezione spirituale, pone le sue radici nel fango melmoso che si cela sotto le trasparenze dell’acqua.

Non dite:
Ho diritto, mi manca, richiedo, esigo,
ho bisogno della tal cosa, perché non mi viene concessa?
Ci si deve invece dare, abbandonare,
si deve ricevere con gioia tutto quello quello che ci viene dal Divino,
senza affliggersi né ribellarsi.
E’ l’atteggiamento migliore.
Allora riceverete
ciò di cui avete veramente bisogno.
(Sri Aurobindo)

Alla base, anzi al Centro esatto di tutte le cose c’è solo una grande Forza invisibile, che è Coscienza. Se diventiamo portatori di questa Coscienza in qualsiasi momento della nostra esistenza, inclusi quelli più difficili, non potremo che sperimentare uno stato di Gioia ininterrotto, perché l’equazione che regge il mondo è una solamente: l’esistenza è coscienza e la coscienza è forza ma è anche gioia perché essere coscienti è gioia: in sanscrito questa equazione è riassunta nel potente mantra Sat Cit Ananda (Sat = esistenza Cit = coscienza Ananda = gioia, beatitudine).

“Una volta liberata la coscienza dalle mille vibrazioni mentali, vitali e fisiche che l’assorbono, scopriamo la gioia”.

Risuonano con tutta la loro Bellezza le parole del maestro Sri Aurobindo colui il quale, insieme a La Mère, la Madre (splendida figura impossibile da definire, consiglio di approcciarsi a lei leggendo direttamente i suoi libri, io ne ho scritto qualche cenno in questo articolo), ha fatto dello Yoga Integrale (Purna Yoga) lo scopo della sua missione terrena: “Che tutto in te sia gioia, questa è la tua meta“. 
E dobbiamo poter comprendere, sperimentandolo direttamente, che questa gioia è possibile sempre, anche nei momenti di contrarietà, perché non ha cause esterne. Da qui nasce l’integrità di chi incarna realmente la Presenza divina sulla terra, in ogni suo aspetto.



 Riporto ora per esteso uno scritto della Madre tratto da un libro di difficile reperimento, datato 1972, ma di cui l’universo ha voluto farmi dono con le sue sempre magnifiche imprevedibili sincronicità. S’intitola “Il significato delle contrarietà”.
Che possa ispirarvi nei momenti in cui ne avete più bisogno.

IL SIGNIFICATO DELLE CONTRARIETA’
La nozione che abbiamo del bene e del male non è la stessa per una coscienza sia pure evoluta che per la Coscienza divina. Vedendo le cose con una visione spirituale vi accorgete che quello che a voi sembra buono o favorevole non è sempre il meglio. Bisogna apprendere fino dai primi momenti che la percezione divina di ciò che vi porterà il più rapidamente possibile al traguardo è totalmente differente dalla vostra e per voi incomprensibile. Per questo motivo bisogna dirsi fin dal principio: “Va bene, accetto tutto e comprenderò più tardi”.
Molto spesso si vedono degli esseri che prima di incominciare lo yoga avevano una vita relativamente facile e non appena incominciata la loro vita spirituale, tutte le circostanze alle quali erano così particolarmente attaccati si separano da loro in un modo più o meno brusco. Allora incominciano a turbarsi, e magari impiegando altri termini, altri pensieri, finiscono per arrivare a queste conclusioni: “Che? Come? Sono diventato buono e mi si ripaga con questa moneta?”
Tutta la nozione umana della giustizia si riassume in queste frasi. “Uno cerca di diventare buono ed ecco che le catastrofi si riversano su di lui! Tutte le cose che amavate e che vi facevano piacere si allontano da voi, le persone che amate vi abbandonano; non vale veramente la pena di essere saggio e di compiere uno sforzo”. E se continuerete il vostro ragionamento fino in fondo scoprirete il tarlo che vi rode – scoprirete che state facendo lo yoga per interesse, pensando che la vostra posizione diventerà migliore e che verrete premiati per la vostra saggezza. Ebbene questo allontanarsi da voi delle cose che ambite sarà la più bella lezione che possiate ricevere. Finché la vostra aspirazione nasconde un desiderio e il vostro cuore alloggerà l’impulso di mercanteggiare col Divino, i fatti s’incaricheranno di darvi buoni colpi fino a che, dentro di voi, non vi risvegliate alla vera coscienza, senza porre condizioni e senza patteggiamenti”.

(da “Parole dagli scritti di Mère e Sri Aurobindo”, Sri Aurobindo Ashram Trust, 1972)





















10 novembre 2014

11 Novembre: significato dell'estate di San Martino il Santo dei viandanti


Perché l'11 novembre è chiamato anche il giorno dell'estate di San Martino


Rivolgiamoci, come sempre, al mondo "invisibile" in cui i miti prendono forma, sostanza e vita, e lasciamoci ispirare da una bella leggenda a riguardo, legata per l’appunto alla vita del Santo. 

“Un giorno d`autunno, l’11 novembre probabilmente, mentre usciva a cavallo da una delle porte della città francese di Amiens, dove viveva, vide un povero, mezzo nudo e tremante per il freddo. Martino si impietosì e sguainò la spada, tagliò il suo bel mantello di lana e ne diede la metà al povero. Immediatamente il sole si mise a scaldare come in estate. Per questo motivo, si chiama l`estate di San Martino quel periodo agli inizi di novembre in cui spesso accade che la temperatura si faccia più mite”.

La tradizione vuole che, proprio in virtù di questa predisposizione climatica che regalerebbe inattesi momenti di sole, le famiglie contadine sfruttassero l'occasione per traslocare le aziende a termine della stagione agricola, secondo le regole della mezzadria. Questa usanza si è consolidata, a tal punto che nel lessico dialettale di provincia, il trasloco viene detto “san martino”.

Traslocare, viaggiare, cambiare, muoversi, numero 11


Tessiamo ancora le fila di questa trama del fare anima e immedesimiamoci nelle belle immagini che essa evoca. Il santo Martino – che nella sua erranza s'imbatté nel povero mezzo nudo – è celebrato come il protettore dei pellegrini, dei viandanti di un tempo e, perché no, dei viandanti di oggi. Chiunque abbia intrapreso un percorso di crescita spirituale può sentirsi altamente protetto - o semplicemente in risonanza - da questo santo nel giorno della sua celebrazione. Un giorno, anch'esso molto significativo: l'11 novembre (11-11)



In Numerologia l'11 è, insieme al 22 e al 33, un Numero Maestro. Rappresenta l’ottica della visione che oltrepassa i limiti, potenziando le qualità insite nel numero 2 (1+1 =2): l’illuminazione che altro non è se non la capacità di vedere oltre le apparenze. Vedere oltre, andare oltre: è implicito sempre uno spostamento, un andare verso (o al di là), un movimento della coscienza ma pur sempre un movimento. Ed ecco che torniamo al senso dell'erranza di San Martino. Il viandante è colui che va, spesso e volentieri senza calcolare troppo i dettagli del viaggio, per lasciarsi ispirare dal tragitto più che dalla meta finale, lasciando spazio all'imprevisto e all'imprevedibile perché solo così si può rimanere nella libertà di fare esperienza dell'ignoto, rimanendo nell'apertura totale senza attaccamenti. Che poi l'ignoto possa assumere le sembianze di un povero nudo e tremante è un'altra faccenda. 


San Martino in un affresco di Simone Martini


Qualsiasi sentiero s'intraprenda, l'unica connessione da mantenere sempre viva, è quella con il Cuore. La compassione di Martino che con la sua spada (simbolo che, tra l'altro, richiama immediatamente alla mente l'Arcangelo Michele) taglia parte del suo mantello per soccorrere il moribondo, non può che essere la via maestra. Un gesto talmente in sintonia con l’Anima del mondo da essere “premiato” con una ondata di Sole in un gettito d’estate fuori dall'ordinario. E che altro è quel raggio di sole se non il segno tangibile dell'illuminazione (letteralmente: azione di luce, portare luce) di chi ha saputo andare oltre le apparenze, o il senso del proprio ego? L’universo risponde sempre all'amore con l’amore. E non c’è vibrazione più potente di questa. Ma l’Amore (quello con la A maiuscola) non ha che un unico desiderio: quello di darsi, senza aspettative. Non ha importanza che poi il Sole splenda o continui a piovere, per intenderci. La gioia di dare è la sola luce che basta a se stessa. Il resto, come mi piace dire sempre, avverrà per complicità universale, ma noi non dobbiamo pensarci. 

Esiste qualcosa che vuole che tu ti svegli e che tu viva: l'amore

(dagli scritti di Mère)





Il senso di Unità che consente di vedere gli altri come se stessi in quanto interconnessi in un tutto in cui non sussiste separazione alcuna, è quanto consente a chi intraprende l'erranza come attitudine esistenziale, di sentirsi sempre a casa in ogni luogo e, nello stesso tempo, in nessun luogo, consapevoli dell’impermanenza di un eterno fluire. Il più bel viaggio che si possa compiere è il sacrificio (sacrum facere) di Sé (ego) in nome dell'amore (anima).

Quando compare in una tavola numerologica, il numero 11 può essere associato al senso di responsabilità per sé e negli altri.
Nella vita quotidiana offre l’opportunità di applicare una dote molto importante, di cui San Martino è emblema: superare, nel senso di onorare, le prove che si incontrano durante il cammino. Prove che non sempre sono catastrofi o assumono le sembianze che più ci aspettiamo, ma sono sempre dietro l'angolo come segnali per accrescere le nostre potenzialità a favore di un'apertura sempre maggiore del compassionevole spirito che ci anima, la nostra vera essenza. 


 
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06 novembre 2014

Mantra della Luna Piena | Om Som Somaya Namah



Oggi è Guru Purnima, ci connettiamo con la Luna Piena lasciandoci assorbire nel silenzio interiore dalle vibrazioni del Chandra Graha Mantra, il mantra della luna piena: OM SOM SOMAYA NAMAH

Dura 1 minuto e 34, chiunque può dedicarsi un breve ma intenso momento per interiorizzarsi e sposarsi con le sempre prodighe e benefiche energie cosmiche. Ricordiamoci che siamo sempre collegati all'Universo ("come sopra, così sotto"), siamo fatti della stessa sostanza delle stelle e l'Universo respira nel e con il nostro corpo ininterrottamente, anche quando noi non ne siamo coscienti. Prendiamoci cura di questa Unione, celebriamola nei giorni sacri di Luna Piena e in ogni singolo momento della nostra vita. Namaste!




"Ognuno di noi è una luna e ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno" (Marl Twain)









05 novembre 2014

#VIDEO: LUCE (TRAMONTI A NORD EST) - ELISA



Oggi ci connettiamo con la Luce, vibrazione potentissima che rispecchia la nostra vera essenza. Qualsiasi momento di quiete e beatitudine viene sempre contraddistinto da una radianza luminosa di cui si sono fatti portavoce e insieme testimonianza tutti i più grandi maestri realizzati, yogi e mistici dalla notte dei tempi.
Ma non è un requisito per pochi eletti.
Siamo tutti fatti della stessa sostanza, e questa sostanza è la luce, la splendente vacuità per usare un termine caro al misticismo tibetano.
"Siamo nella stessa lacrima, come un sole e una stella. Luce che cade dagli occhi, sui tramonti della mia terra su nuovi giorni …"

L'importante è non lasciarsi ingannare dal tranello separatore della mente discriminante e comprendere, sperimentandolo, che anche il buio è luce, anche la morte è amore, e tutti gli aspetti d'ombra non sono nostri nemici, anzi ("in tanto dolore, niente di sbagliato, niente niente"): sono il nostro materiale alchemico per trasmutare il rame in oro. Non si può separare ciò che nella sua essenza è unito, Unità: il Cielo con la Terra, lo spirito con la materia, la luce con il buio.

Essere nella luce non vuol dire pensare positivo a tutti i costi, ma pensare diversamente
: non diventare più buoni, ma più vasti. Non andare sempre più su o sempre più giù, ma andare altrove.

Prendiamoci cura ogni giorno e ogni notte della nostra vastità: non c'è altra luce che questo puro spazio dinamico dove tutto è possibile, dove tutto semplicemente E'. "Avrai cura di tutto quello che ti ho dato". Prendiamoci cura di ogni singola esperienza della nostra vita: al di là del bene e del male, concedendosi al flusso della vita, esiste solo la Bellezza. "Non ho difese ma ho scelto di essere libera". 
Namaste!



04 novembre 2014

Estasi, yoga e poesia: Dervisci tourneur e altre meraviglie



Cosa accomuna la mirabolante danza dei Dervisci rotanti alle liriche appassionate di Francesco d'Assisi, passando per la Dakini tantrica Yesghe Tsogyel o Ma gcig Lab sgron, autrice degli iniziatici Canti Spirituali, per non parlare di Santa Teresa d’Ávila e del Venerabile Mila, l’asceta-poeta tibetano tra i più amati dentro e fuori dal Tibet?

Prendo spunto da un bellissimo “spettacolo” a cui ho avuto modo di assistere un paio di volte (di cui una nel luogo di origine, la Turchia): la danza dei Dervisci rotanti. Il preciso rituale che scadenza il ritmo del “semazen” (per il cui approfondimento rimando a pagine dedicate su Internet) mi ha sempre catapultato in uno stato di profonda commovente Bellezza, anche prima di conoscerne qualsiasi retaggio storico, culturale o spirituale che sia. Per certe cose, le istruzioni preliminari non servono, specie se sono “cose” in cui a parlare è direttamente il Divino, o Forza, o Energia, o Coscienza superiore che dir si voglia.

Leggi anche: ISTANBUL: ALLA RICERCA DELLA TRISTEZZA PERDUTA (mio reportage su La Stampa)

Quando si lasciano fuori i tradizionali canali di comunicazione (la mente discriminante su tutti), possiamo entrare in contatto con le visioni e le immagini (immagini appunto, non concetti) più fedeli all’essenza della realtà, che si dischiude poeticamente come un grido nel silenzio. 

Non è un caso che il fondatore della confraternita dei sufi dell’Ordine dei Mevlevi, in Turchia, sia un poeta: Mevlana Celaleddin Rumi (vissuto nel XIII sec a Konya).
Non è un caso che lo sia anche Milarepa, il Venerabile Mila, l’asceta-poeta tibetano tra i più amati dentro e fuori dal Tibet e, rimanendo nella tradizione occidentale, non è un caso che San Francesco d’Assisi sia stato cantore di alcuni dei più pregnanti versi che la mistica religiosa contempli. D’altronde, come sempre, basta tornare all’etimologia delle parole per riprendersi cura del loro significato più autentico: poiesis in greco vuol dire “fare”, azione. Un atto poetico è un gesto di intervento sulla realtà molto più concreto di quanto si possa banalmente congetturare. E tutti i più grandi yogi, mistici, guru uomini e donne di fede, lo sapevano bene (la lista completa sarebbe impossibile per la sua ampiezza, ma mi piace citare anche donne come la Dakini tantrica Yesghe Tsogyel o Ma gcig Lab sgron, autrice degli iniziatici Canti Spirituali, per non parlare di Santa Teresa d’Ávila). 

Non c’è altro linguaggio per entrare in connessione con il divino che quello altamente metaforico della poesia che, infatti, “è la cosa più vicina al silenzio”, utilizzando una bella immagine restituitaci da David Grossman. Di nuovo, immagini, non concetti.

I Dervisci sono mirabolanti poeti del silenzio che, nel loro annullamento totale mediante la danza, operano una morte mistica tale per cui il senso dell’Io precipita in una fusione totale con l’Unità (ed eccolo, lo spirito vibrante dello Yoga). Il termine Derviscio è stato tradotto anche come “colui che cerca il passaggio”, ovvero la Grande Soglia tra i mondi, il visibile e l’invisibile, materiale e spirituale, il Cielo e la Terra. Come uno sciamano, si lascia morire compiendo il sacrum facere (sacrificio: fare il sacro) di darsi per un estremo atto d’amore incarnando nel suo corpo l’essenza dell’intero Universo: l’impermanenza.


Rumi viene spesso definito “il poeta dei due mondi” e tale quintessenza liminare che unisce l’alto con il basso, la luce con il buio, il cielo con la terra, lo spirito con la materia, è prerogativa di ogni poetare che non sia filtrato dalla mente ma che scaturisca piuttosto da un diretto ascolto nel quale i versi giungono spontanei come echi nel silenzio. Qualcosa di molto diverso da un divertissement linguistico in cui l’impronta narcisistica mortifica l’estasi in cambio di certo compiacimento estetico fine a se stesso.

Leggi anche questa bellissima poesia di Rumi: Dentro questo nuovo amore muori.


Il sufismo sta allo Yoga come la luna nuova sta alla luna piena. E, per bearci ancora un po’ con le magiche corrispondenze che tessono le trame della vita, lascio che a parlare siano direttamente i due “maestri” che suggellano tale risonanza, e lascio a chi legge la libertà di farla risuonare nel profondo della propria Anima con le armonie che più gli piacciono. Le parole in cui è contenuta questa alchimia sono: Sole, agni, fuoco mistico, Dumo, energia cosmica, Shakti, Kundalini.


“Poi che son servo del Sole vi parlerò del Sole;
notte non sono, né adoratore delle notti, non parlerò di sogni. Come messaggero del Sole e suo interprete, segreti messaggi prenderò da lui e vi porterò la risposta. E poi che vado come sole, brillerò su rovinati deserti, Fuggirò dai luoghi abitati, parlerò deserte parole.

Assomiglio alla vetta di un albero lontano dalla radice: pur ristretto in secca corteccia, parlerò di succoso midollo. Se pur son mela secca son più alto d’un albero; anche se ebbro e sconvolto, dico parole veraci!
Da quando il mio cuore ha sentito il profumo della polvere della sua soglia, ho vergogna anche della polvere sua, non parlo che d’acqua purissima!

Togliti il velo dal volto, ché il volto hai glorioso!
Non permettere ch’io debba parlarti come sotto ad un velo! Se hai il cuore di pietra, io son pieno di fuoco qual ferro;
se assumi trasparenza di cristallo, io parlo di calice e vino! Poi che nato sono dal Sole come il Re Qobad antico,
non sorgerò nella notte, non parlerò di chiaro di luna.” 

(Rumi, Poesie mistiche)


Milarepa


“Al mattino assistete al sorgere del sole: una sfera luminosa emerge lentamente dall’oscurità e il suo splendore finisce per riempire tutto lo spazio. Immergetevi in quella luce come in un oceano di vita che vibra, che palpita… A poco a poco sentirete che state nuotando in quella luce, che vi fondete in essa, che la respirate e la bevete. Lasciatevi assorbire da quella luminosità ino a che le vostre preoccupazioni e i vostri dispiaceri finiranno per dissolversi in essa. Quando avrete imparato a fondervi nella luce, questa vi accompagnerà ovunque. Perciò, ogni giorno e più volte  al giorno, non appena avete qualche minuto, concentratevi sulla luce. Immaginate che l’intero universo con tutte le creature che lo popolano sia immerso nella luce. Equando vi accade di avvertire quella specie di stanchezza e di scoraggiamento che minaccia di togliervi la fede, la speranza e l’amore, pensate a fare questo lavoro con la luce: sarà tale lavoro a ridare un senso alla vostra vita.”

(Omraam Mikhael Aivanhov, Lo Yoga del Sole)


Consigli di lettura

“Canti Spirituali”, Ma gcig Lab sgron, Adelphi

“ Milarepa – Il Grande Sigillo. La Radice della Chiarificazione della Conoscenza Originaria di Mahāmudrā, Mimesis 

“L’amore è uno straniero”, Jalal al Din Rumi, Astrolabio Ubaldini



Il Grande Sigillo
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L'amore è uno StranieroVoto medio su 1 recensioni: Da non perdere
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03 novembre 2014

#VIDEO: ONE LOVE - BOB MARLEY 432 HZ



Oggi ci connettiamo con l'Unità sostanziale di tutti gli esseri e con l'Anima del mondo.
C'è un solo grande errore che possiamo fare nella vita ed è quello di sentirci separati, soli, divisi da tutto e da tutti, con la volontà di controllare ogni minimo dettaglio di quanto ci capita. Se rimaniamo nel flusso universale degli eventi con la fiducia che siamo un Unico interconnesso, non avremo più bisogno di controllare nulla, di giudicare nulla, di discriminare, di rifiutare, di separare e la nostra vita diventerà un canto di ringraziamento incessante all'Universo, una danza armonica di pura esperienza di esistenza cosciente e gioiosa. Siamo essere distinti (ciascuno con la propria missione, vocazione, aspirazione, Daimon) ma non separati. Distinti ma non separati. In sanscrito tutto questo è racchiuso in 3 parole: SAT CIT ANANDA (Verità Coscienza Beatitudine). La vibrazione cosciente della Gioia è l'essenza dell'Anima del mondo di cui facciamo parte. Tutto è animato da questa Coscienza-Forza che non ha altro bisogno vitale che esprimere Ananda, pura beatitudine. Le cose essenziali non hanno bisogno di troppe parole: One Love One heart Let's get together and feel all right Saying-Give thanks and praises to the Lord And I will feel all right (Un solo amore Un solo cuore Uniamoci e sentiamoci bene Dico - Lodiamo e ringraziamo il Divino). Per entrare ulteriormente in risonanza con questa magica vibrazione, ho scelto la versione a 432 Hz che è la frequenza armonica dell'Universo. Namaste!