Navaratri, letteralmente le “Nove notti”, è una festività hindu dedicata all'adorazione della Devi o Shakti, la Madre divina o Grande Madre, l’espressione femminile di dio: la potenza generatrice della Forza Vitale senza la quale la pura Coscienza del maschile rappresentato da Shiva non potrebbe manifestarsi. Viene festeggiata due volte l’anno, nel mese di chaitra (aprile – maggio) e asvayuja (settembre – ottobre). Non a caso nei due periodi cruciali di cambiamento della natura: l’inizio della primavera e l’inizio dell'autunno.
Navratri è celebrata con grande devozione non solo in tutta l’India ma anche nel resto del mondo, in quanto il culto della dea quale divinità femminile primordiale è assai più antico di quello patriarcale, è presente in quasi tutte le mitologie ed è risalente al Neolitico se non addirittura al Paleolitico (a riguardo, vale la pena approfondire con le letture di Marija Gimbutas e Vicki Noble che riporto a fine articolo).
Nelle tradizioni dello Yoga è sicuramente il Tantra a dare rilievo maggiore se non assoluto all'aspetto femminile della divinità pur sempre nel rapporto imprescindibile Shiva-Shakti (maschile-femminile), identificata non solo come l’energia vitale generatrice sotto forma di Kundalini, ma anche con tutta una serie di figure femminili che assurgono a ruoli iniziatici molto significativi nel percorso del Tantrika (pensiamo alle Dakini, ad esempio). A riguardo come non citare la bellissima figura di Ma gCig, la mistica tibetana vissuta tra il 1055 e il 1145 che per la sua saggezza (legata soprattutto all'insegnamento e alla pratica del gCod (o Chod, il “Supremo metodo che recide i demoni”) e vita straordinaria (anche qui per gli approfondimenti rimando ai consigli di lettura) finì per essere identificata come l’incarnazione stessa della Madre. Il nome stesso di Ma gCig – Unica Madre – indica il suo essere tutt'uno con la saggezza, in particolare con la Saggezza della Vacuità che, nel sistema del tantra tibetano, è squisitamente femminile.
Vacuità è il principio femminile, la Madre di ogni manifestazione.
I festeggiamenti di Navratri (o Navaratri) iniziano con l’arrivo della luna nuova del mese lunare di Ashvina (settembre-ottobre) e si protraggono per nove giorni. L’aspetto ritualistico della devozione al femminile divino comprende danze, canti, puja (cerimonie) con sfaccettature diverse a seconda dell’area geografica e delle usanze delle singole tradizioni e famiglie. Nel Nord dell’India, ad esempio, Navratri è conosciuta anche come Durgotsava, la festa di Durga, in cui si venerano le nove forme di Durga, Colei che è difficile da vincere.
Durga, insieme a Kali, è uno degli aspetti “terrificanti” della Dea, a ricordarci che nella potenza e bellezza del femminile rientrano entrambe le dimensioni: quella dolce e amorevole (di cui Laksmi e Sarasvati sono le raffigurazioni iconografiche più frequenti), e quella aggressiva, distruttiva, terrifica, non meno importante dell’altra ai fini della rigenerazione vitale in piena sintonia con i ritmi della Natura e dei suoi cicli Vita/Morte/Vita. Questo sapere, dovere e potere incarnare Bellezze diverse e non tutte necessariamente rassicuranti e morbide, appartenenti all'integrità del femminile, è ben esemplificato nella bellissima leggenda di Thonban Hla, di cui ho accennato anche qui: Cos'è una relazione? Amore, androginia e anime gemelle.
In qualsiasi modo si vogliano celebrare queste nove notti a forti tinte femminili, di sicuro vale la pena lasciarsi ispirare dalla figura archetipica della Madre in tutte le sue forme e manifestazioni e coglierne bellezza, potenza e forza il più profondamente possibile. E questo vale sia per gli uomini che per le donne, perché stiamo parlando di polarità energetiche che sono presenti in entrambi i sessi.
Come ho approfondito in un altro articolo, la Supercoscienza è egualitaria, di natura unisessuale o androgina. Evidente che, in queste nove notti, le donne in particolare sono chiamate a tirare fuori tutta la loro deità, in forma di rinnovamento necessario affinché la pulsione creativa insita nel corpo femminile possa esprimersi concretamente in nuove manifestazioni, idee, progetti, cicli di vita più fecondi e armoniosi.
Al termine delle nove notti, il decimo giorno, si celebra la festività nota come dasahara, “ciò che dissolve le dieci colpe o errori”, ma anche come vijayadashami, ovvero “il decimo giorno della vittoria”.
Il decimo giorno, con la benedizione della Madre Divina, cominciamo una nuova vita, offrendo noi stessi in estremo Surrender alla Madre.
Profondamente convinta che non esistano errori ma solo esperienze né tantomeno colpe ma solo responsabilità, io personalmente accenderò la fiamma dell’ardore femminile in onore della vittoria, perpetuando la poetica invocazione cara a Yeshe Tsogyel, la Dakini danzatrice del cielo:
“Io che sono l’eterna non nata,
mai creata, mai reale, mai irreale,
mai creata, mai reale, mai irreale,
riconosco la mia anima, la mia essenza naturale,
come splendente vacuità.
come splendente vacuità.
Non il nulla, ma la chiara luce dell’esistenza primaria.
Perciò senza esitazione
io che sono pura luce nel vuoto
io che sono pura luce nel vuoto
mi do’ alla luce
riconoscendo nell'amore
la sostanza unica di tutte le cose”.
"Non voglio aspettarmi nulla da me, dalla vita, da chi amo, voglio solo stare dentro alla più gioiosa delle passioni sperimentabili, godere della bellezza di una fusione che parte dall'anima e arriva nel corpo per poi sfidare tutti i livelli possibili di aderenza al divino, dakini che danza per il piacere di farlo, strumento di un potere infinitamente più grande, di una seduzione che non conosce vincoli perché occhieggia a quello spirito carnale che è dappertutto, perché il piacere che provo a darmi è direttamente proporzionale alla libertà che accompagna la mia unione amorosa. Il futuro è un corpo che ride, diceva Aurobindo. E' un corpo che fa l'amore. Il mio di futuro è un corpo libero di donna che si sposa con l'anima del mondo senza chiedere nulla in cambio. Perché ha già tutto. Perché è già tutto. ... Come il fiore che non può scegliere se profumare o no. Succede e basta!"
(Cecilia Martino, Il mestiere del dare)
riconoscendo nell'amore
la sostanza unica di tutte le cose”.
"Non voglio aspettarmi nulla da me, dalla vita, da chi amo, voglio solo stare dentro alla più gioiosa delle passioni sperimentabili, godere della bellezza di una fusione che parte dall'anima e arriva nel corpo per poi sfidare tutti i livelli possibili di aderenza al divino, dakini che danza per il piacere di farlo, strumento di un potere infinitamente più grande, di una seduzione che non conosce vincoli perché occhieggia a quello spirito carnale che è dappertutto, perché il piacere che provo a darmi è direttamente proporzionale alla libertà che accompagna la mia unione amorosa. Il futuro è un corpo che ride, diceva Aurobindo. E' un corpo che fa l'amore. Il mio di futuro è un corpo libero di donna che si sposa con l'anima del mondo senza chiedere nulla in cambio. Perché ha già tutto. Perché è già tutto. ... Come il fiore che non può scegliere se profumare o no. Succede e basta!"
(Cecilia Martino, Il mestiere del dare)
€ 8,00
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Consigli di lettura
"Il risveglio della dea" di Vicki Noble
"La dea doppia" di Vicki Noble
"Il Linguaggio della Dea" di Marija Gimbutas
"La Civiltà della Dea" di Marija Gimbutas
"Donne che corrono coi lupi" di Clarissa Pinkola Estés
"La danzatrice del cielo. La vita segreta e i canti di Yeshe Tsogyel" di Keith Dowman
"Canti spirituali" di MagCig
"Thonban Hla – La leggenda", di Selene Calloni Williams
"Il Sogno di Maria Maddalena", di Maria Sion Crucitti
"Il Sogno di Maria Maddalena", di Maria Sion Crucitti
Con l'esalazione si ha il giorno, con l'inspirazione si ha la notte. Tutto io creo, tutto io distruggo. Io sono Tutto, io sono Niente. |
Per tutte le nove notti del Navaratri prova a fare questa semplice pratica.
La devi fare preferibilmente al mattino appena sveglia, appena sveglio, e alla sera subito prima di addormentarti: sono i momenti in cui si è più spontaneamente propensi a indugiare in una sorta di limbo, tra veglia e sonno, una dimensione "di passaggio" in cui la coscienza è più fertile ad accogliere nuovi stimoli poco filtrati dalla mente razionale.
La devi fare preferibilmente al mattino appena sveglia, appena sveglio, e alla sera subito prima di addormentarti: sono i momenti in cui si è più spontaneamente propensi a indugiare in una sorta di limbo, tra veglia e sonno, una dimensione "di passaggio" in cui la coscienza è più fertile ad accogliere nuovi stimoli poco filtrati dalla mente razionale.
Iniziamo da quella della SERA, PRIMA DI ADDORMENTARTI: sei sul tuo letto, comodo, comoda, prova a portare l'attenzione al corpo, al respiro ma senza sforzo, semplicemente potresti sentire la piacevolezza del momento che precede il sonno, cioè l'abbandono delle membra e di tutte le tensioni. Segui questo abbandono semplicemente dicendo a te stesso, a te stessa, mentre inspiri: "So che sto per addormentarmi, mi abbandono a Te, io sono Niente", e mentre espiri: "So che sto per addormentarmi, mi abbandono a Te, io sono Tutto"... Inala ed esala dal naso (non dalla bocca), con soffio dolce, così come viene, non forzato. Non c'è nulla che tu debba modificare. Devi solo essere più consapevole possibile del momento. Ripeti questa formula per qualche minuto, potresti man mano passare alla versione corta: "Espiro, io sono Tutto", "Inspiro, io sono Niente" e poi affidati a ciò che succede, lasciati cullare dalle sensazioni e sprofonda nel tuo sonno se e quando arriva.
LA MATTINA, PRIMA DI ALZARTI: sei sul tuo letto, appena sveglio, appena sveglia, cerca di rimanere con le palpebre chiuse ma non serrate e di non fare subito qualche gesto seguendo l'impulso a muoverti. Rimani per qualche attimo distesa, disteso, e se ti affiorano immagini oniriche o pezzi di sogni della notte non cercare di interpretarli, respiraci semplicemente su, magari bisbigliando sottovoce "Vieni con me, vieni con me". Riprendi poi il respiro consapevole della sera (dalle narici, delicato, non forzato, spontaneo) e, mentre inspiri ripeti mentalmente: "So che sto sognando, mi abbandono a Te, io sono Niente" e mentre espiri: "So che sto sognando, mi abbandono a Te, io sono Tutto".
Ricordarsi di "stare sognando" è un modo per destrutturare la mente dalle sue illusioni (chitta maya) ricordandoci cioè che la sostanza di tutte le cose è sempre (sia di notte che di giorno, sia in stato di veglia che di sonno) anima, spirito, immagine, splendente Vacuità a cui offrirsi con fiducia e amore come tra le braccia di un amante, della Madre e dell'Universo intero.
TUTTO E' SOGNO, MA CHE VUOL DIRE?
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INSTAGRAM @ceciliasavitri
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da "Il mestiere del dare"
"IL POETA NON SBAGLIA"
CECILIA MARTINO
COME DARE SPAZIO ALL'INTUIZIONE