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L’atlante anatomico di Mascagni è da annoverarsi in assoluto tra le più monumentali opere mai pubblicate. |
Il corpo umano, quale miracolo della vita! Eppure siamo così
abituati ad “indossarlo” che raramente ci soffermiamo a ricordarci come siamo
fatti. Gli organi vitali che ci sostengono quotidianamente svolgendo ciascuno
la propria funzione, il grandioso meccanismo della vista, e del cervello, per
non parlare di quel gioiello custodito nella cassa toracica: il cuore. Chi pratica Yoga con tutta la consapevolezza necessaria, di certo ha con il corpo un rapporto
privilegiato, intimo e di maggiore ascolto ma, al di là dell’ascolto, anche la
vista può essere un modo per approcciare alla nostra interiorità non solo
spirituale ma anche carnale, fatta cioè di muscoli, tendini, ossa e via dicendo.
Un’antica pratica meditativa dei monaci
buddhisti Theravada consiste nel camminare lentamente per ore focalizzando l’attenzione
sul respiro sincronizzato alla visualizzazione nitida dello scheletro che
cammina. Ogni singolo osso deve essere preso in considerazione e ogni minimo
spostamento diventa una sorta di risonanza magnetica delegata all’immaginale. La contemplazione dello scheletro, inoltre, ha
anche un effetto catartico legato alla morte, non a caso è uno dei rituali
usati nei riti d’iniziazione sciamanici, nelle tecniche del buddismo mongolo e
del tantrismo (per approfondire questo argomento, suggerisco la lettura del
libro Yogin e Sciamano – Guida alla conoscenza della pratica sciamanica, di cui
riporto i dettagli alla fine di questo post).
Bene, per sviluppare la vista,
oltre che l’ascolto, della nostra conformazione fisica più intima,
soffermarsi su alcuni manuali di anatomia può essere un buon metodo (su tutti, l'opera omnia l’Atlante
anatomico di Paolo Mascagni), oppure andare a visitare qualche museo. Io che
vivo a Torino (almeno per ora) sono stata particolarmente fortunata ad aver scoperto il Museo di
Anatomia Umana “Luigi Rolando” (via Massimo d’Azeglio 52) uno scrigno più che
prezioso rispetto al discorso appena fatto.
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Foto
di Cecilia Martino |
In un’atmosfera ottocentesca che si è voluta appositamente lasciare
invariata, complice un allestimento che riduce al minimo gli interventi migliorativi
ai fini dell’esposizione (ad esempio, le vetrine non sono illuminate), ci si
può immergere nel proprio viaggio dentro al corpo umano senza troppi fronzoli. E
allora, se non ci si lascia prendere da facile impressionabilità, quanta gratitudine può manifestarsi
davanti a tutte quelle minuziose porzioni
di corpo tra ossa, vertebre, crani, embrioni in formalina, che si susseguono,
fino ad arrivare al pezzo forte del museo: la collezione di oltre 800 encefali
umani contenuti in 4 vetrine e conservati a secco con una tecnica messa a punto
da un certo Carlo Giacomini nel 1878 (con tanto di ricetta su come “rendere il
cervello consistente, facile a maneggiarsi”).
Dallo scheletro al cervello, dal
Muladhara all’Ajna chakra, per chi ha a che fare con la fisiologia sottile del sistema dei corpi energetici, è una vera e propria manna trovarsi
così a stretto contatto con le controparti grossolane dei centri psichici di
energia chiamati, appunto, chakra. Ammirare e contemplare una per una le vertebre
della colonna vertebrale (la sacra Merudanda, l’albero della vita, il nostro
asse portante), ha un effetto benefico sull’espansione della coscienza
materiale: divinizzare il corpo quale strumento cardine per la nostra evoluzione
spirituale è – parafrasando Sri Aurobindo – un “movimento della coscienza” altrettanto
importante della spiritualizzazione della materia. Tornare al corpo fa sempre
bene, perché è lì dentro che si realizza il vero miracolo della vita, dalla
nascita alla morte.
Tra le varie “presenze” interessanti all’interno del museo,
segnalo:
Gli scheletri di un gigante e di un nano: il primo
appartenuto a Giacomo Boghello, morto a 19 anni nel 1829. Era alto 2, 19 metri
e aveva lavorato in un circo. Il secondo è un esempio di nanismo “armonico” in cui l’individuo ha mantenuto
statura e proporzioni di un bambino.
Gli embrioni di Ziegler: 82 modelli in cera ingranditi,
prodotti a fine Ottocento a Friburgo da Ziegler, sono i più antichi che
raffigurano in modo affidabile lo sviluppo dell’embrione umano.
Il modello di cervello in legno e avorio: ingrandito e
smontabile, è un modello realizzato intorno al 1860.
Il “fantasma” di cervello e midollo spinale: modello in filo
di ferro e palline di sughero, realizzato nel 1883, identifica vie e centri
nervosi.
Il primo cranio etrusco e il primo “fossile” umano italiano:
il primo fu scoperto a Veio (Roma) e il suo studio venne pubblicato da Antonio
Garbiglietti nel 1841. L’altro cranio fu scoperto a Mezzana Corti (Pavia)
intorno al 1865.
Due mummie sudamericane “naturali che non hanno cioè subito,
come quelle egizie, trattamenti con speciali sostanze. La conservazione si deve
a condizioni climatiche particolari che hanno prodotto una rapida
disidratazione dei tessuti.
Letture consigliate
"Yogin e Sciamano – Guida alla conoscenza della pratica
sciamanica" di Selene Calloni Williams, edizioni Atti Poetici Nonterapia