Jean Klein non chiedeva niente. È quello che mi ha più segnato accanto a lui. Non vi chiedeva di cambiare. Non aveva nessuna violenza verso i vostri comportamenti (Eric Baret)
Domanda:
Voi dite che la sensibilità è una porta verso il silenzio. È vero che quando io mi concentro sul mio corpo, una tranquillità viene e questo mi rende felice. Io mi domandavo se questo faccia parte solamente di un immaginario, di una speranza… Ha conosciuto lei con il Sig. Jean Klein, questo spazio di entusiasmo, questa sensazione che io ho di aver trovato qualcosa di straordinario?
Risposta:
Jean Klein non chiedeva niente. È quello che mi ha più segnato accanto a lui. Non vi chiedeva di cambiare. Non aveva nessuna violenza verso i vostri comportamenti. Jean Klein vi incontrava, vi vedeva tale quale voi eravate, con i vostri conflitti, i vostri problemi e neanche un istante vi voleva cambiare, neanche di un millimetro. È un rispetto straordinario! Pensate a tutti i guru, a tutti gli insegnanti che trasformano i loro allievi e, a lor dire, li chiarificano: questo crea forse altro che degli ego infatuati di loro stessi, che si sentono sempre più separati da loro stessi, dall'universo intero?
Non richiedeva alcuna trasformazione e non ha mai indicato alcuna cosa negativa tra i suoi amici. Voi entravate nella sua camera e lui si meravigliava della vostra bellezza, non vedeva nient’altro. Naturalmente, la bellezza che vedeva era la sua, ma questa meraviglia che egli aveva della sua propria bellezza si rifletteva in voi. A vostra volta, voi eravate meravigliati della sua bellezza. Questa bellezza era allora la vostra. Voi vi sentivate invitati a restare all'ascolto di quello che era lì, profondamente, senza mai forzare. Né violenza, né richiesta: voi vi sentivate totalmente libero. Voi potevate diventare questo o quello, lui non aveva opinione. Per lui, qualunque cosa foste diventati, era giusta.
Questa atmosfera di non-richiesta creava una forma di risonanza. Certe persone che avevano passato la loro vita a volersi cambiare, purificare, si risvegliavano a una sorta di rispetto di se stessi. Senza sollecitazione, l’ascolto delle loro problematiche si compiva. In questo ascolto, in modo spontaneo, i problemi si liberavano.
Jean Klein non aveva la minima esigenza. È per questo che persone di differenti orizzonti venivano a vederlo. Riceveva sia un gangster legato alla grande criminalità che un ministro dell’Interno, un coltivatore di marijuana, dei banchieri dell’alta finanza, degli artisti esuberanti e dei piccoli borghesi traumatizzati da ogni forma di creatività. A tutti, trasmetteva lo stesso insegnamento: “state dove siete, non cambiate né stato sociale, né modo di essere ma diventate disponibili al vostro funzionamento emozionale, intellettuale e sensoriale. Il silenzio che cercate non si trova da qualche parte ma nella vostra presenza a ciò che si presenta.” Ognuno usciva maggiormente disponibile alle proprie caratteristiche.
In questo accoglimento, si verificava un cambiamento. Era quasi insensibile, Jean Klein non voleva che le persone cambiassero esteriormente, non voleva avvenimenti psicologici intorno a lui. Tutta l’esperienza mentale era considerata come una mancanza di visione, una compensazione. La frequentazione del Samadhi in qualsiasi forma, dell’assorbimento che ci taglia dalla vita oggettiva, era per lui una mancanza di prospettiva e avrebbe creato inevitabilmente delle crescenti difficoltà a far fronte alla vita di tutti i giorni. Non era questione di uscire dal mondo oggettivo per trovare la pace, piuttosto di presentire questa pace nella quale il mondo appare e scompare.
Dinanzi a lui, la vibrazione che s’imponeva spazzava via l’apprensione del mondo oggettivo, per meglio realizzarsi come una tela di fondo sempre presente nelle percezioni quotidiane. Questa vibrazione lasciava progressivamente la sua caratteristica percettibile per diventare la luce che illumina ogni percezione. A un certo punto, allo stesso modo in cui non si può percepire la luce, diveniva impossibile percepire la vibrazione in maniera oggettiva.
Su un certo piano, controllava questo e trasmetteva questa forma di sensibilità. Diceva che il suo maestro, che considerava come molto più potente di lui, doveva costantemente sorvegliarsi per evitare che quelli che lo approcciavano, vivessero delle esperienze particolari. Senza questo, egli avrebbe messo l’accento su delle situazioni oggettive, su un cambiamento, e si sarebbe fissato sull'esteriore, sul piano psichico.
Tutto questo non gli impediva di fornire, individualmente e in casi specifici, dei consigli tra i più virulenti, tanto sulla pratica yoga che dal punto di vista alimentare – dove la pelle e i semi di pomodoro potevano diventare dei nemici drammatici-, sulla vita amorosa o sessuale – dove era fortemente prodigo di consigli tecnici. I suoi consigli potevano estendersi alla vita politica, agli investimenti bancari, alle opinioni musicali o a tutt'altro soggetto sociale. Ma i suoi consigli illuminanti non acquisivano il loro significato compiuto sino a quando l’allievo non aveva presentito veramente la non-direzione, l’assenza del bisogno di appropriarsi di una qualsiasi caratteristica. Non puntava ad una purificazione in vista di un risveglio: era l’orchestrazione nello spazio-tempo, la trasposizione nella vita di tutti i giorni del presentimento dell’essenziale. Tendeva a far risuonare in sé una disponibilità emozionale, intellettuale e fisica nella quale la vita senza intenzione poteva prendere forma senza troppe resistenze.
In Jean Klein, non c’era divenire, non c’era direzione. Nient’altro che il rispetto di quello che era. Questo generava intorno a lui una straordinaria distensione. Poiché non si doveva più cambiare, ci si sentiva placati. Si era richiamati al suo ascolto più intimo: la presenza. In questa presenza alla vita, la vita, la natura potevano cambiare. Ma il bisogno di trasformarsi, di chiarirsi, poco a poco ci abbandonava.
Tutto era giusto. Non c’era da liberarsi di nulla. Liberarsi era una forma di violenza: questo significava che la cosa non era matura. Quando il trauma è maturo, ci lascia: non c’è da rifiutarlo, da eliminarlo. Una ferita è rispettabile, è un bisogno – prova ne è la sua presenza. Jean Klein ci insegnava a vivere con essa, a ascoltare senza aspettativa. In questa ricettività, pacificamente, il trauma a poco a poco veniva a galla. Quando trovava sufficientemente spazio in noi, si vuotava. Evidentemente questo approccio era in contrasto con tutte le scuole yogiche che vogliono estirpare i traumi. Quando si lascia una sicurezza volontariamente, immancabilmente l’organismo ne cerca un’altra, è senza fine.
L’emanazione del suo insegnamento arrivava da questo rispetto. Era il più prezioso: sapere che non ho bisogno di niente. Un’autentica non-violenza. Riguardo all'approccio corporale, quando è divenuto chiaro e facile immergersi in un bagno tattile, abdicare il corpo in questo silenzio, come lei, ho avuto la sensazione di aver trovato qualcosa di straordinario. Avere, non importa in che momento, la possibilità di sprofondare il corpo nell'irraggiamento è un regalo meraviglioso… È tuttavia molto meno straordinario di trovarsi in presenza di qualcuno che ascolta, che si meraviglia di tutti gli aspetti del vostro essere, che non trova nulla da ridire. La sua visone della perfezione vi portava ad ascoltare la vita senza la minima critica.
L’emanazione del suo insegnamento arrivava da questo rispetto. Era il più prezioso: sapere che non ho bisogno di niente. Un’autentica non-violenza. Riguardo all'approccio corporale, quando è divenuto chiaro e facile immergersi in un bagno tattile, abdicare il corpo in questo silenzio, come lei, ho avuto la sensazione di aver trovato qualcosa di straordinario. Avere, non importa in che momento, la possibilità di sprofondare il corpo nell'irraggiamento è un regalo meraviglioso… È tuttavia molto meno straordinario di trovarsi in presenza di qualcuno che ascolta, che si meraviglia di tutti gli aspetti del vostro essere, che non trova nulla da ridire. La sua visone della perfezione vi portava ad ascoltare la vita senza la minima critica.
(Estratto dal libro "De l'abandon", raccolta di incontri con Eric Baret.
Traduzione tratta dal Blog Sundaram)
Traduzione tratta dal Blog Sundaram)
La nostra pienezza si compie lontano,
nello splendore degli sfondi.
(Rainer Maria Rilke)
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